Economia
Borsa, col lockdown più acquisti. Ma gli italiani ancora non pianificano
Il Rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie
Saranno stati i prezzi al ribasso che hanno stimolato lo shopping borsistico o le preoccupazioni per il reddito futuro, fatto sta che la pandemia da coronavirus ha indotto i piccoli risparmiatori italiani a puntare sui mercati azionari. E' l'indicazione che emerge dal Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane pubblicato oggi dalla Consob, l’authority che vigila sui mercati finanziari, rapporto che fa il punto sulle conseguenze della pandemia sui risparmi e sugli investimenti degli italiani e prende in esame l’attività degli investitori retail italiani sui titoli azionari domestici (inclusi nell'indice FtseAllShare. In particolare, si legge, il 2019 "ha visto una netta prevalenza di vendite rispetto agli acquisti, con vendite nette settimanali pari a circa 100 milioni di euro. Nel 2020 - invece - durante le settimane in cui i mercati azionari registravano picchi di volatilità legati alla diffusione del Covid-19 (ossia nel periodo 24 febbraio - 3 aprile 2020), l'attività degli investitori retail italiani su titoli domestici ha mostrato una netta prevalenza degli acquisti sulle vendite, con un saldo pari complessivamente a 4,5 miliardi di euro".
Parallelamente dal rapporto dell’authority guidata dall’ex ministro Paolo Savona è emerso che nel 2020 la partecipazione ai mercati finanziari da parte delle famiglie italiane è lievemente aumentata rispetto all'anno precedente passando dal 30% al 34%. Dopo la liquidità, i fondi comuni d'investimento e i titoli di Stato risultano le attivita' piu' diffuse. Tra i fattori che disincentivano l'investimento indicati più di frequente dagli intervistati emergono la mancanza di risparmi da investire, la mancanza di fiducia e il basso livello di conoscenza finanziaria, sebbene il primo motivo sia di gran lunga prevalente rispetto agli altri.
Gli esperti (consulenti finanziari indipendenti o gestori) si confermano la fonte informativa più frequentemente citata nel 2020 sebbene, rispetto al 2019, risulti in crescita la quota di intervistati che utilizza anche altre fonti informative, ossia la documentazione relativa al prodotto offerto (prospetto informativo, scheda prodotto ecc.) e altre fonti specializzate quali riviste di settore o siti web.
Aumenta il ricorso degli italiani al consulente, nel 2020 al 41% contro il 30% del 2019. Nel 2020 sono aumentati in modo significativo gli investitori che si affidano a un consulente o delegano a un gestore. Nelle scelte di investimento ci si affida al supporto professionale fornito dal consulente o dal gestore nel 41% dei casi (in crescita dal 30% del 2019), mentre si decide autonomamente nel 29% dei casi (40% nella precedente rilevazione). Poco meno del 60% del campione, scrive l'autorità nel documento, dichiara tuttavia di consultare familiari e amici prima di effettuare una scelta (percentuale in crescita dal 45% rilevato nel 2019). Tra coloro che ricorrono al servizio di consulenza la quota di attività finanziarie detenuta sotto forma di liquidità risulta più contenuta. Gran parte degli investitori intervistati (85%) dichiara di monitorare i propri investimenti sebbene solo il 49% dichiari di farlo più di due volte in un anno. Nel 50% circa dei casi tale monitoraggio viene svolto autonomamente (33% tra coloro che si ricorrono al servizio di consulenza).
Dopo il Covid diminuisce ricchezza italiani, aumenta tasso risparmio. Nel primo trimestre del 2020, rispetto alla fine dell'anno precedente, la ricchezza delle famiglie e' rimasta sostanzialmente stabile nell'Eurozona mentre, secondo stime preliminari, e' lievemente calata in Italia. "Sul fronte delle passivita', le famiglie italiane continuano a caratterizzarsi per un piu' basso livello di indebitamento nel confronto europeo mentre il tasso di risparmio, dopo essersi attestato a un valore di poco superiore al 10% nel 2019, dovrebbe aumentare nell'anno in corso di oltre 6 punti percentuali secondo una dinamica, analoga a quella osservata nell'area euro, verosimilmente legata al movente precauzionale".
Nell'area euro, si legge nel rapporto, si e' registrata "una forte riduzione del reddito disponibile e dei consumi" mentre "in Italia, come emerge dai dati pro capite riferiti al primo semestre dell'anno, l'evoluzione del reddito disponibile e' riferibile soprattutto alla contrazione di salari e stipendi solo parzialmente compensata dall'incremento dei sussidi pubblici. Non sorprende in questo contesto - osserva la Consob - che gli indicatori di fiducia rimangano inferiori ai livelli pre-crisi".
Un contesto come quello maturato nella fase della pandemia ha generato in molti Paesi europei "una rinnovata preferenza per la liquidita', a cui si accompagna un calo degli investimenti in azioni, obbligazioni e quote di fondi comuni, come evidenziato anche dai flussi finanziari nel primo trimestre 2020". L'Italia non sfugge a questa tendenza e, anche nell'arco temporale definito dalla ricerca, ha visto "diminuire il peso di azioni e obbligazioni e aumentare la quota di prodotti assicurativi e previdenziali e della liquidita'. Le famiglie italiane, inoltre, si caratterizzano per investimenti finanziari pro capite inferiori a quelli riferibili alle famiglie francesi e tedesche”.
Con il Covid cresce vulnerabilità famiglie, 1 su 2 ha fatto debiti nel 2020. La vulnerabilita' finanziaria delle famiglie italiane e' aumentata per effetto della crisi innescata dalla pandemia.L’analisi si basa un campione di 3.274 individui, rappresentativo dei decisori finanziari italiani, di cui 1.105 intervistati anche nei due anni precedenti. Secondo il rapporto circa il 30% degli intervistati dichiara di non essere in grado di fronteggiare una spesa inattesa di mille euro e poco piu' del 30% dichiara di aver visto il proprio reddito ridursi (temporaneamente o permanentemente) nell'ultimo anno. Il 47% circa degli intervistati riferisce di aver contratto un debito, prevalentemente con istituzioni finanziarie, riferibile a un mutuo nel 24% dei casi e a un prestito per coprire spese correnti nel restante 22% dei casi".
Con riferimento all'impatto della crisi economica indotta dalla pandemia di Covid-19, meno del 40% del campione analizzato dalla Consob afferma di aver ridotto le proprie spese, piu' del 10% di aver intaccato i propri risparmi, mentre il 45% circa non ha modificato le proprie abitudini rispetto al passato. "Prevale tuttavia un diffuso pessimismo rispetto al futuro, con aspettative che, nella maggior parte dei casi, proiettano la ripresa dopo il 2022", si legge nel documento. Non e' un caso che aumenti la propensione al risparmio, soprattutto quello "non esplicitamente legato a obiettivi finanziari definiti". Piu' del 60% degli intervistati infatti dichiara di "accantonare risorse al fine di fronteggiare eventi inattesi; inoltre rispetto alle rilevazioni precedenti la quota di individui che dichiarano di risparmiare senza uno scopo preciso e' aumentata dal 17% al 25%", si legge nel rapporto.
Col Covid le famiglie sono più vulnerabili, il 30% non può affrontare una spesa imprevista di 1.000 euro. La vulnerabilita' finanziaria delle famiglie italiane e' aumentata per effetto della crisi innescata dalla pandemia. E' quanto emerge dal sesto rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane nel quale si precisa che circa il 30% degli intervistati dichiara di non essere in grado di fronteggiare una spesa inattesa di mille euro e poco piu' del 30% dichiara di aver visto il proprio reddito ridursi (temporaneamente o permanentemente) nell'ultimo anno. Il 47% circa degli intervistati riferisce di aver contratto un debito, prevalentemente con istituzioni finanziarie, riferibile a un mutuo nel 24% dei casi e a un prestito per coprire spese correnti nel restante 22% dei casi. Con riferimento all'impatto della crisi economica indotta dalla pandemia di Covid-19, meno del 40% del campione afferma di aver ridotto le proprie spese, piu' del 10% di aver intaccato i propri risparmi, mentre il 45% circa non ha modificato le proprie abitudini rispetto al passato. Prevale tuttavia un diffuso pessimismo rispetto al futuro, con aspettative che, nella maggior parte dei casi, proiettano la ripresa dopo il 2022.
Pochi italiani sanno come sarà la propria pensione. Sono ancora pochi gli italiani che hanno una chiara consapevolezza di come sara' la propria pensione. ”Meno del 20% degli intervistati dichiara di sapere (precisamente o approssimativamente) quanti anni dovra' lavorare prima di poter andare in pensione, a quanto ammontera' la propria pensione mensile e quanto dovrebbe risparmiare per mantenere l'attuale tenore di vita. La mancanza di una chiara visione e' piu' frequente tra coloro che si dicono insoddisfatti della propria situazione finanziaria e tra coloro che non risparmiano a sufficienza per finalita' previdenziali in cui si In Italia".
Migliora la cultura finanziaria italiani ma meno del 40% fa pianificazione. La pianificazione finanziaria degli italiani resta contenuta sebbene in lieve miglioramento rispetto alle rilevazioni precedenti. Secondo l'indagine, inoltre, anche "la pianificazione e il controllo delle scelte finanziarie risultano poco diffusi: solo il 40% circa degli italiani dichiara di avere un piano finanziario e quasi altrettanti di avere e rispettare un budget costantemente o saltuariamente". La pianificazione finanziaria sembra ancor meno diffusa con riferimento agli obiettivi previdenziali. "Meno del 20% degli italiani - infatti - dichiara infatti di sapere (precisamente o approssimativamente) quanti anni dovra' lavorare prima di poter andare in pensione”.
Risparmio, 41% famiglie si affida consulente, 60% ad amici. Sono aumentati in modo significativo gli investitori che si affidano a un consulente o delegano a un gestore. Nelle scelte di investimento ci si affida al supporto professionale fornito dal consulente o dal gestore nel 41% dei casi (in crescita dal 30% del 2019), mentre si decide autonomamente nel 29% dei casi (40% nella precedente rilevazione). Poco meno del 60% del campione dichiara tuttavia di consultare familiari e amici prima di effettuare una scelta (percentuale in crescita dal 45% rilevato nel 2019). Tra coloro che ricorrono al servizio di consulenza la quota di attivita' finanziarie detenuta sotto forma di liquidita' risulta piu' contenuta. Gran parte degli investitori intervistati (85%) dichiara di monitorare i propri investimenti sebbene solo il 49% dichiari di farlo piu' di due volte in un anno. Nel 50% circa dei casi tale monitoraggio viene svolto autonomamente (33% tra coloro che si ricorrono al servizio di consulenza).
La sfiducia e la mancata percezione del valore aggiunto del servizio di consulenza sono tra i principali fattori che ne disincentivano la domanda. La scelta del consulente e' guidata prevalentemente dalla segnalazione ricevuta dalla propria banca di riferimento e dalle competenze del professionista, mentre il principale disincentivo alla domanda di consulenza e' rappresentato dalla sfiducia, seguito dalla convinzione che il servizio non sia necessario alla luce del limitato ammontare delle somme investite e della mancata percezione del valore aggiunto del servizio stesso.
Le principali aspettative degli investitori nei confronti del consulente si riferiscono alle sue competenze e all'assenza di conflitto di interessi. Quanto alla remunerazione del servizio di consulenza, il 18% circa ritiene che sia un servizio prestato a titolo gratuito mentre il 40% ritiene che venga remunerato solo dall'intermediario per conto del quale opera. Inoltre solo il 32% degli individui intervistati e' disposto a pagare per il servizio. Gli investitori che si avvalgono della consulenza dichiarano di seguire i consigli del professionista, che rimane uno dei principali punti di riferimento nei casi in cui non si comprenda appieno il contenuto delle raccomandazioni espresse. La maggior parte degli individui intervistati afferma di avere contatti con il professionista almeno una volta l'anno sebbene circa il 40% indichi di non aver avuto interazioni con il proprio consulente nemmeno durante le fasi di maggiore turbolenza sui mercati.
Risparmio, solo 5% famiglie investe in cripto-valute. Le famiglie italiane si tengono ancora lontane dagli investimenti in cripto-valute. Con riferimento a specifici ambiti dell'innovazione finanziaria concernenti le cripto-valute, il trading online e fenomeni quali il robo advice e il crowdfunding emerge un livello di attivita' molto contenuto: solo il 5% del campione, infatti, riferisce di avere effettuato trading online e le percentuali risultano inferiori negli altri casi. La quota di individui che dichiarano di avere una conoscenza, seppur basilare, di servizi finanziari digitalizzati e' piu' alta tra gli investitori, dove si passa dal 16% per robo advice e crowdfunding al 40% per il trading online e per le valute virtuali. Tra i fattori che potrebbero stimolare l'interesse emergono la possibilita' di investire piccole somme e, nel caso specifico delle valute virtuali, la possibilita' di guadagnare velocemente. Tra i deterrenti, invece, si citano piu' di frequente il timore di subire truffe e di non avere sufficienti competenze (anche digitali).
Investimenti Esg (Environmental, Social and Governance) ancora poco noti, solo 30% degli italiani li conosce. Gli investimenti sostenibili e socialmente responsabili "risultano ancora poco noti tra i risparmiatori italiani, sebbene sia in crescita la quota di coloro che ne hanno almeno sentito parlare". Nel 2020 meno del 30% degli investitori dichiara di conoscere questo tipo di investimenti sebbene "tale quota risulti in crescita rispetto alle rilevazioni precedenti". Tale percentuale, si legge nel rapporto, sale "al 70% circa se si considerano coloro che dichiarano di averne sentito parlare, sia pure approssimativamente. L'interesse degli intervistati in questa tipologia di investimento risulta elevato tra coloro che affermano di conoscere la materia, specie tra gli investitori", afferma il rapporto.