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Economia
Borse, Macron sostiene ancora gli indici. Effetto trimestrali a Wall Street

di Andrea Deugeni
e Luca Spoldi

A Wall Street, sebbene gli aumenti siano contenuti, gli indici trovano ancora (+1,5%, l'ultimo bilancio settimanale dello S&P500) la via dei rialzi, con il Nasdaq che si conferma in territorio record e al di sopra della soglia (raggiunta settimana scorsa) dei 6.000 punti. Certo, gli investitori optano per la cautela, in attesa di sapere cosa la Federal Reserve deciderà di fare domani con i tassi (gli analisti prevedono che il costo del denaro resterà fermo, dopo il giro di vite di marzo e quello ipotetico di giugno e attendono indicazioni sulla strategia generale di Janet Yellen, anche per quanto riguarda la riduzione del budget), ma il sentiment sul mercato aazionario a stelle e strisce rimane positivo.

wall street
 

Nonostante gli annunci di Donald Trump sulla regolamentazione bancaria rovini il sonno (e la lunga marcia dei titoli) degli amministratori delegati delle "reginette" di Wall Street, a cominciare da Jp Morgan, Goldman Sachs e Morgan Stanley. Nonostante le valutazioni stellari delle azioni al Nyse, gli investitori continuano a vedere un futuro rosa. In primis, per i buoni risultati trimestrali (attesissimi quelli di Apple a Borsa chiusa) che le blue chips americane stanno mettendo a segno (al forte traino delle aspettative si è sostituito quello di una certa solidità della Corporate America). Poi, per un probabile atteggiamento meno aggressivo da parte della Fed sui tassi d'interesse (i recenti dati macro mostrano infatti un'inflazione più bassa, la manifatturiera Usa non corre come dovrebbe e il Pil Usa nel primo trimestre ha mostrato una crescita debole) e, infine, per il futuro rientro dei capitali delle multinazionali Usa, a cominciare dai colossi hi-tech della Silicon Valley, nascosti nei paradisi fiscali all'estero e stimolati al rimpatrio dalle norme fiscali di Trump. Flussi che secondo molti analisti andranno a finanziare futuri buy-back sul listino americano dando ulteriore benzina a Wall Street. Infine, anche l'Europa ci ha messo del suo con il rischio politico che in Francia (per una possibile Frexit) fa un po' meno paura.

macron
 

Sull'onda dei sondaggi per il ballottaggio di domenica delle presidenziali francesi che danno il candidato europeista Emmanuel Macron vincitore su Marine Le Pen con oltre il 60% dei consensi, le Borse del Vecchio Continente hanno infatti chiuso ancora in rialzo (la scorsa settimana l'indice Eurostoxx ha toccato il massimo dall'aprile 2015). Londra è salita dello 0,64%, Francoforte è avanzata dello 0,56%, Parigi ha guadagnato lo 0,70% e Piazza Affari ha terminato la seduta a +0,60% a 20.733 punti. Già la scorsa settimana il responso delle urne al primo turno delle Presidenziali transalpine aveva spinto gli investitori a posizionarsi con decisione sul mercato azionario europeo e obbligazionario europeo. Una scommessa che non ha sottratto risorse a tutte le più importanti classi di investimento performance anomala che secondo gli analisti si spiega proprio con la forte propensione al rischio innescata dal risultato delle elezioni francesi, uno dei market mover più importanti del 2017.

Solo Trump può rovinare l'ottimismo che continua a respirarsi sui mercati. Ieri Donald Trump è tornato a parlare della sua intenzione di proporre al Congresso di reintrodurre una normativa sul tipo della Glass-Steagall del 1933 che imponeva, fino al 1999 (quando l’allora presidente Bill Clinton la abolì) di tenere separate le attività di banca commerciale, dedita alla raccolta di depositi e alla gestione di conti correnti e credito al consumo, da quelle di banca d’investimento, che invece è attiva nell’intermediazione e nella sottoscrizione di collocamenti azionari e obbligazionari, oltre che delle attività assicurative.

borsa parigi
 

Secondo Trump, che in campagna elettorale aveva più volte detto di essere favorevole a una deregolamentazione del settore finanziario in cambio del ritorno al modello della banca specializzata, il modello della “banca universale” ha contribuito significativamente alla crisi del 2007-2008, ma le contromisure adottate da Barack Obama sarebbero state un rimedio quasi peggiore del male, obbligando le banche a tenere una quantità di denaro sempre più alta inutilizzata per poter avere dei “cuscinetti” di capitale da utilizzare nel caso di una nuova crisi economico-finanziaria (di cui per il momento non si vede, per fortuna, alcun segnale).

La notizia rischia di provocare l’ennesimo braccio di ferro di un’amministrazione che nei suoi primi 100 giorni ha promesso molto, ha fatto annunci roboanti (in particolare sui temi del commercio internazionale, dell’immigrazione e del fisco) ma concretamente ottenuto ben poco, dovendo anzi fare una “inversione ad U” dismettendo i panni del populismo spinto per cercare di trovare un accordo coi vertici militari e finanziari del paese.

(Segue...)

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