Economia

Cina, Trump annuncia nuovi dazi. Tonfo dei titoli legati al commercio

Andrea Deugeni

Brusca inversione delle trattative che erano entrate nell'ultima fase per l'accordo finale, dopo lunghi colloqui seguiti all'intesa di Buenos Aires a dicembre

Crollano le Borse cinesi e Hong Kong accusa un pesante tonfo (-2,9%). I listini europei e Wall Street si ricordano del vecchio adagio "sell in May e go away" e vanno subito giù, con Piazza Affari, maglia nera nel Vecchio Continente (-1,63% a fine seduta), che al suono della campanella brucia il 2% della propria capitalizzazione, trascinata al ribasso dai titoli più legati al commercio con Pechino. Il petrolio perde terreno per il rischio rallentamento della crescita mondiale se per caso la locomotiva cinese dovesse frenare. La pax commerciale fra Stati Uniti e Cina sembra allontanarsi, proprio ora che le trattative sulle barriere protezionistiche erano entrate nell'ultimo miglio. 

Trump
 

A sorpresa ieri sera Donald Trump ha annunciato che a partire da venerdì prossimo aumenteranno, dall'attuale 10% al 25%, i dazi su 200 miliardi di dollari di prodotti in Made in China. E che altri 350 miliardi di dollari di prodotti cinesi saranno "presto" tassati. Una mossa necessaria, indica Trump senza nascondere la sua frustrazione, perchè le trattative con Pechino procedono troppo lentamente.

I due tweet dell'annuncio presidenziale precedono lo sbarco a Washington del vice premier cinese Liu He, atteso a giorni per il round finale delle trattative che, secondo indiscrezioni, dovrebbero chiudersi con un accordo proprio venerdì. I cinguettii comunque potrebbero essere anche solo un tentativo americano per forzare la mano, aumentare la pressione e spingere la Cina finalmente a raggiungere l'intesa commerciale allo studio ormai da mesi. In ogni caso la minaccia di Trump arriva come una doccia fredda sulle trattative in corso.

borsa
 

L'attesa è ora per una risposta da parte del presidente cinese Xi Jinping che, se da un lato ha finora mostrato la volontà di lavorare e chiudere un accordo, dall'altra parte vuole anche evitare di sembrare prostrato di fronte al tycoon e alla sue minacce di colpire con dazi tutto il Made in China.

Il ministero degli Esteri ha comunicato che la squadra dei negoziatori del Colosso d'Oriente si apprestano a partire per gli Stati Uniti in vista di  una nuova sessione di negoziati prevista per mercoledi a Washington, a dispetto delle nuove minacce commerciali. Incontri a cui, a differenza di quanto ipotizzato in un primo momento, dovrebbe essere presente anche il capo-negoziatore Liu He,  il vicepremier cinese.

infografica scambi cina usa
 

Se andrà in porto, il round potrebbe condurre a un nuovo summit tra Trump e Xi Jinping per firmare uno storico trattato commerciale. Ma il principale ostacolo all'accordo è la pretesa americana di meccanismi di controllo degli impegni. Per ora Trump afferma che l'economia americana non è toccata da queste tensioni, anzi i dazi contribuiscono al buon andamento del Pil; al contrario l'economia cinese ha registrato nel 2018 il rallentamento più grave da 30 anni. Gli economisti hanno allertato sulle ripercussioni a lungo termine a scapito dell'economia mondiale.

Così, qualche ora dopo la presa di posizione di Washington, la Banca centrale cinese ha comunicato il taglio di tre punti percentuali il tasso di riferimento per le riserve obbligatorie delle piccole banche. Una misura di sostegno proprio nel quadro della guerra commerciale con gli Stati Uniti che permetterà di liberare 280 miliardi di yuan (37 miliardi di euro) di fondi supplementari per favorire gli investimenti. Il tasso in questione viene abbassato all'8% a partire dal 15 maggio dall'11% attuale.

Xi Jinping e Peng Liyuan ape
 

L'apertura di Trump a dazi più alti contraddice le parole del segretario al Tesoro Steven Mnuchin, impegnato in prima linea a trattare con la Cina. "Siamo ai giri finali" aveva detto Mnuchin di ritorno dalla Cina nei giorni scorsi. Anche le indiscrezioni trapelate dalla Casa Bianca indicavano che un accordo era ormai a portata di mano. Per i mercati finanziari i tweet di Trump sono una gelata: la loro recente corsa è stata alimentata in parte proprio dalla speranza del raggiungimento di un accordo a breve fra le due superpotenze economiche per scongiurare una guerra commerciale. Nella settimana clou dell'accordo con la Cina Trump apre anche un nuovo fronte commerciale di scontro con l'Europa.

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Il segretario al Tesoro americano Steven Mnuchin

Oggi infatti scadono i termini per la presentazione delle richieste per intervenire all'udienza pubblica del 15 maggio a Washington sui (proposti) dazi su 11 miliardi di dollari prodotti europei, inclusi molti italiani. Il 28 del mese è invece il termine ultimo per la presentazione dei commenti scritti sulla proposta americana di imporre dazi sul Made in Europe in risposta agli aiuti concessi da Bruxelles a Airbus, la rivale di Boeing.

Gli investitori hanno premuto il tasto delle vendite. A picco gli indici asiatici, tutti negativi nella giornata odierna, con Shanghai che ha chiuso in ribasso del 5,58%, a 2906,46 punti, dopo un’apertura in calo del 3,04%, mentre l’indice Component della Borsa di Shenzhen ha terminato precipitando del 7,56%. In forte ribasso anche Hong Kong che ha chiuso in calo del 2,9% (Tokyo è chiusa per il periodo di ferie dovuto all’inizio della Nuova Era dell'imperatore Naruhito).

Dall'altra parte del globo, dove solo venerdì le Borse volavano con Wall Street che toccava nuovi record con il Nasdaq grazie agli ottimi dati sull'occupazione e agli acquisti di Warren Buffett su Amazon, il Dow Jones cede l'1,61% mentre il Nasdaq perde il 2,23%. Nel Vecchio Contiente, dopo il crollo dell'Asia, tutti i principali indici azionari europei (Londra era chiusa per festività) hanno registrato durante le contrattazioni forti cali, appesantiti dalle perdite dei comparti dell'auto e della componentistica e del tech, cali che a fine seduta sono leggermente rientrati grazie alle perdite contenute di Wall Street: a fine seduta Parigi ha fatto -1,18%, Francoforte -1,01% e Madrid -0,7%, tutte sopra i minimi di seduta.

Piazza Affari non ha fatto eccezione: Stm ha ceduto il 4,82%, non solo per il tema dazi, ma anche per il rischio di una indagine formale dell'antitrust Ue nei confronti di Apple per le accuse di Spotify. In fondo al Ftse Mib anche la galassia Agnelli: Exor ha perso il 3,51%, Cnh il 3,7%, penalizzata anche dalla frenata dell'americana Caterpillar, e Fca il 2,23%, riuscendo ad arginare le perdite grazie al fatto che Banca Imi ha alzato il target price a 15,10 euro per azione.

Le banche hanno ridotto i cali nel finale, complice il miglioramento dello spread, che ha chiuso poco mosso a 256 punti, dai 253 della chiusura di venerdì (durante la seduta era salito sopra 260). Si sono salvate le utility, come spesso accade ai titoli difensivi in giornate di particolare tensione. In calo anche il petrolio, ma i ribassi contenuti non hanno inciso sui titoli del comparto (Wti a luglio -0,35%, Brent -0,21%).

Sul valutario infine, lo yuan ha lasciato sul terreno circa un punto e mezzo rispetto al dollaro, mentre il cambio euro-yuan è salito a 7,5738 da 7,54 di venerdì. Sotto quota 1,12 invece il cambio euro-dollaro, stabile a 1,119 (1,119 in avvio e 1,1195 venerdì). 

 

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