Economia

Cna: in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna economia in ginocchio per pandemia

Eduardo Cagnazzi

I dati del Centro Studi Sintesi rilevano che per le tre regioni, che da sole producono il 50% del Pil nazionale, occorrono iniziative concrete di sostegno

Nella sola Lombardia 500mila imprese hanno sospeso l’attività per effetto del coronavirus con un danno pari a 62 miliardi di fatturato. L’impatto economico ha coinvolto più di 2 milioni di addetti. Con Veneto e Emilia Romagna la sospensione dal lavoro ha interessato più di 4 milioni di lavoratori, di cui 1,5 milioni impiegati nel manifatturiero. Una bella batosta per l’economia delle tre regioni, secondo i primi dati dell’Osservatorio economia e territorio delle Cna di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.  Ad elaborare i dati, come di consueto, il Centro Studi Sintesi di Mestre (Ve) che ha messo in luce, oltre a una comparazione dei dati tra le tre Regioni che da sole producono il 40 per cento del Pil nazionale, i focus regione per regione.

La visione complessiva della crisi                                                                                                                               Dall’indagine delle tre regioni emerge con chiarezza come la somma delle sospensioni, il 34 per cento delle imprese italiane, abbia portato alla compromissione di 114 miliardi di euro di fatturato e alla messa a rischio di 171,3 miliardi di euro di export, pari al 50 per cento di tutte le perdite nazionali nei passati 2 mesi. Lo stop ha determinato, sempre nelle tre regioni, la sospensione dal lavoro per oltre 3milioni e 910mila lavoratori di cui oltre 1milione e 435mila impiegati nel manifatturiero.

“Appare chiaro -dicono i tre presidenti di Veneto, Alessandro Conte, Emilia-Romagna Dario Costantini e Lombardia Daniele Parolo- come sia necessario avviare quanto prima la Fase 2. Crediamo inoltre che la riapertura in sicurezza debba tener conto delle specificità del comparto artigiano. L'attivazione di protocolli di sicurezza specifici regionali deve essere inserita in un quadro chiaro nazionale al fine di evitare ulteriore confusione. Riteniamo inoltre -spiegano i presidenti- che questa indagine, sviluppata su tre regioni che da due mesi sono in prima linea per affrontare l’emergenza covid19, possa rappresentare uno strumento utile per gli amministratori regionali che saranno chiamati ad intervenire con misure di sostegno strutturali in base alle specificità dei territori”.

Con riferimento specifico alla situazione della Lombardia, il presidente di Cna Lombardia, Parolo è netto: “Non abbiamo più tempo. Le nostre imprese devono poter ripartire in sicurezza o il conto economico che il Covid 19 ci presenterà sarà salato, forse paragonabile a quello in termini di vite umane per i suoi effetti sociali di medio e lungo periodo. La società globale va ripensata, i governi nazionali e la governance europea possono e devono riservare maggiore attenzione al sistema diffuso e capillare delle produzioni manifatturiere dei territori. Di questi giorni è la fuga in avanti di alcune ATS territoriali sulle regole per la gestione in sicurezza della fase 2. E’ una deriva pericolosa, serve unità, così come chiediamo tempestività e lealtà al sistema creditizio nell’attuazione del Decreto Liquidità”.

Il segretario della Cna lombarda, Stefano Binda, aggiunge: “La Regione Lombardia faccia buon uso delle sue competenze e della sua forza istituzionale: alle nostre imprese non servono fughe in avanti sul terreno delle regole per la riapertura, ci occorre invece in queste ore un autorevole azione di coordinamento con il governo e un incremento del peso economico delle pur apprezzabili misure di supporto già annunciate nei giorni scorsi. Misure di supporto capillare in conto capitale, anche con piccoli importi, di 5-10 mila euro, per singola impresa, costituirebbero un segnale apprezzabile e un’iniezione di fiducia”.