Economia
Coronavirus, 400.0 lavoratori a rischio dei locali notturni e parlano di sagre
Le discoteche in Italia occupano 50.000 lavoratori e producono un fatturato di oltre 3 miliardi di euro
Coronavirus, 400.000 lavoratori a rischio e parlano di sagre
Non ci sta, Maurizio Pasca, presidente di Silb (associazione che raggruppa gli imprenditori dell’intrattenimento notturno), vicepresidente di Fipe, a vedere la totale noncuranza con cui vengono considerati i lavoratori del comparto che può essere sintetizzato alla voce “intrattenimento”. Discoteche, bar con musica, ristoranti che offrono spettacolo, ma altresì balere, scuole di ballo, la musica dal vivo e i dj set. “Un mondo che in paesi come la Spagna è assimilato al turismo e gode di considerazione, in quanto voce portante dell’economia, mentre qui non veniamo nemmeno citati quando si parla di progressiva riapertura. Eppure ci sono tante famiglie in gioco, come in tutti gli altri settori della vita economica. Siamo forse imprenditori e lavoratori di serie B?”. A Pasca non è proprio andata giù la risatina della virologa Antonella Viola, istigata dal conduttore di Piazza Pulita a sorridere, qualche sera fa, quando qualcuno ha timidamente nominato la parola discoteche. “Comprendo che in questo momento di emergenza tutto si ha in testa, fuorché andare a ballare o ad ascoltare musica dal vivo, ma prima o poi la vita riprenderà. E allora la gente si renderà conto che un terzo dei locali ha chiuso o forse di più, perché non stiamo ricevendo alcun aiuto. Non abbiamo entrate, dobbiamo pagare gli affitti, i dipendenti, abbiamo famiglie che vivono su queste attività. E ci sono decine di lavoratori che vivono di stipendi mensili ora azzerati: camerieri, dj, musicisti, addetti alla sicurezza, barman, personale dei locali, ballerini, imprese di spettacolo. Migliaia di persone che evidentemente non vengono considerate come le altre e che sono rimaste prive di tutela perché non sono né lavoratori statali né dipendenti!”.
Solo le discoteche in Italia occupano 50.000 lavoratori e producono un fatturato di oltre 3 miliardi di euro. “La nostra sigla sindacale raggruppa oltre 2.500 imprenditori, gente seria, che nel corso degli anni ha dovuto affrontare una burocrazia soffocante, una tassazione che non ha pari -prosegue Pasca- Noi paghiamo l’Iva al 22% mentre per cinema e teatri è al 10; paghiamo oltre all’Irpef, l’ISI, un’imposta sull’intrattenimento (inflitta è il caso di dirlo a chi fa intrattenimento, ovvero con partecipazione attiva del pubblico contrariamento alla concezione di spettacolo che è passiva, ndr), che una direttiva europea ritiene illegittima. In più abbiamo un apparato costosissimo per mantenere la sicurezza e fronteggiamo ogni giorno un atteggiamento mediatico che fa ricadere sulle nostre imprese mali sociali come alcolismo, droga e violenza. Le nostre sono aziende come le altre. Forse ci si dimentica che l’85% delle imprese di questo paese sono pmi?” Pasca sta agendo in sede istituzionale per ottenere l’apertura dei locali rispettando il distanziamento sociale e con una serie di accorgimenti sanitari -che in questo periodo stanno aprendo nuove prospettive anche alle spiagge e agli stabilimenti balneari. “Chiediamo la pace fiscale per tutto il periodo di chiusura, la sospensione del pagamento delle utenze e dei mutui, la riduzione dell’Iva dal 22 al 10, l’abolizione di quella tassa iniqua che si chiama ISI, l’estinzione del credito per immobili accatastati come categoria D3 e D8, non solo C1, niente sfratti per morosità. In più, il ripristino dei voucher cartacei per il lavoro occasionale, che per noi erano un gran strumento di lavoro. Riusciamo a capire che per aziende come le nostre è come essere in guerra? È uno stato di fermo totale!”.
La previsione di Fipe in merito a questo stato di cose è drammatica: 50.000 esercizi sono a rischio fallimento, 300.000 posti di lavoro in pericolo. Pasca, sulla riconversione dei luoghi secondo modalità soft, è netto. “Pensiamo davvero che i giovani staranno senza abbracciarsi, senza abbracciarsi?! Prima o poi si tornerà alla vita e l’unico modo per uscire da questa situazione non è congelare la vita, eliminare le discoteche, pensare a un mondo dove non si balli e non si socializzi e si stia tutti al tavolo composti a un metro di distanza! Possiamo usare body scanner e app per il tracciamento, sanificare i locali. Ma l’unico modo per riaprire e vivere è effettuare i test che consentano di isolare la popolazione a rischio da quella sana, permettendo a chi può di ritornare alla normalità”.