Economia

Coronavirus, c’è chi pensa alla patrimoniale. Perché è un’idea demenziale

di Antonio Amorosi

Dati e numeri che smontano i fanatismi di chi vuole prelevare i soldi dai conti correnti degli italiani. Perché il delirio ideologico devasterebbe l’Italia.

Con 14.000 morti, 120.000 contagiati, una pandemia planetaria diffusa a più di un milioni di persone, morti ovunque nel mondo e l’economia del pianeta bloccata c’è chi pensa in Italia ad una “patrimoniale” per presentare il Paese ai mercati finanziari e all’Europa in modo credibile. Un po' come sparare un colpo di pistola in bocca a qualcuno che rischia di affogare. Non affoga ma è morto sicuro. Un’idea demenziale frutto di fanatismo ideologico di chi non conosce né l’economia né i numeri e pensa che l’Italia sia abitata da ricchi da tassare. Poi in queste condizioni di restrizioni delle libertà individuali, in cui c’è gente che ruba ai supermercati per sopravvivere, si rischia davvero la rivolta sociale

 

Ieri a Radio24, il viceministro dell'Economia Antonio Misiani ha dichiarato: “Dobbiamo fare uno sforzo importante per mobilitare tante risorse ferme nel sistema produttivo per rilanciare le nostre imprese. Gli italiani hanno 1400 miliardi di euro fermi sui conto correnti o in liquidità, noi dobbiamo inventare strumenti che permettano di convogliare queste risorse verso l'economia reale, per farglieli investire”. E ancora: “Dobbiamo rompere questo meccanismo e trovare tutti i canali possibili immaginabili per garantire liquidità ora, nell'emergenza, e poi per rafforzare il nostro sistema produttivo”. Anche se il viceministro ha precisato di non pensare ad una patrimoniale ma all’emissione di titoli a lunghissima scadenza acquistabili dagli italiani.

 

Ma il dibattito sulla patrimoniale imperversa. “Non mi sono mai impegnato in politica perché penso ci voglia una gran professionalità per poterla fare”, ha commentato ad Affaritaliani l’ex Ad e presidente di Unipol Giovanni Consorte: “Come si fa anche solo a parlare di patrimoniale con un’economia ferma? Non si capisce neanche quando e come riprenderà. E si pensa di andare a togliere delle risorse alle persone che le hanno guadagnate nel tempo e che non hanno neanche la possibilità di recuperarle!? E una follia!”.

Ma ecco perché la proposta è demenziale e da dove viene questo approccio fanatico da marxismo allo stadio terminale intrecciato ad un’ideologia economica neoclassica, la stessa che ha imposto la globalizzazione a trazione finanziaria come la conosciamo.  

 

I dati che dimostrano perché la patrimoniale è un'idea demenziale

I dati Istat dicono che l’Italia ha di media intorno ai 20 milioni e mezzo di nuclei familiari (16 milioni e mezzo sono nuclei familiari estesi, 2,6 mln con monogenitore e 1,1 mln sono nuclei con almeno uno straniero residente). Il reddito medio italiano è di media 20.670 euro, scrive nel 2017 il Ministero dell’economia e delle finanze. Circa il 45% dei contribuenti, cioè 18.622.308 persone, guadagna meno di 15.000 euro l’anno. Intorno al 50% degli italiani ha un reddito tra i 15.000 e i 50.000 euro. Il 5,3% ha un reddito superiore ai 50.000 euro. E lo 0,09% della popolazione ha un reddito superiore ai 300.000 euro. Una patrimoniale significa letteralmente colpire i patrimoni, esentando certe soglie di povertà che sono al limite del sostentamento. Quindi il prelievo avverrebbe sulla classe media (o cosa ne resta).

Molti ricordano il governo Amato che in una notte del luglio 1992 mise le mani nei conti correnti privati degli italiani, con un prelievo forzoso del 6 per mille. Immaginate come si ridurrebbe oggi chi, già devastato dalla crisi del 2008 e paralizzato dalle mancate entrate attuali, si ritrova anche il conto corrente ridotto. La decisione produrrebbe un effetto implosivo sui milioni di cittadini che non hanno denaro e da mesi non lavorano. 

 

Diversi economisti hanno calcolato che anche se venisse prelevato di media la percentuale monstre del 4 per cento per ogni conto, a chi più e a chi meno proporzionalmente, arriveremo ad una cifra che oscilla tra i 50 e i 60 miliardi di euro. Bazzecole se confrontate all’effetto devastante che imprimerebbe sui consumi. 

Un’opzione oltretutto inutile perché non garantirebbe gli introiti e la liquidità che servono. In più con la devastazione dell’economia italiana si favorirebbero gli interessi di alcuni Paesi industrializzati con liquidità disponibile come Germania e quelli del nord Europa. E deprimendo le risorse disponibili, indebolendo ulteriormente il traballante sistema sanitario, si favorirebbero i dettami della finanza mondiale che ha imposto la globalizzazione che vediamo, sradicando le ricchezze nazionali.

 

Come ha ricordato spesso in passato l’economista Giulio Sapelli inasprire con una patrimoniale uno dei sistema fiscali tra i più vessatori al mondo non farebbe altro che “indebolire il Paese”, “a favore di sistemi industriali stranieri”, strutturati in modo diverso e non basati come il nostro su una ricchezza diffusa che fa perno sulla piccola e media impresa.

In più la ricchezza liquida verrebbe portata all’estero, mentre se si intervenisse sul mercato immobiliare lo si farebbe definitivamente implodere, in un intreccio tra tassazione sul patrimonio e sul reddito davvero distruttivo.

 

L'ideologia dei radical chic dietro la patrimoniale 

Per il professor Sapelli, docente di Storia economica presso l’università di Milano, chi dice queste cose non capisce come funzionano i complessi meccanismi dell’economia: “un fanatismo ideologico di tipo monetaristico neoclassico che non consente di comprendere che la crescita è un processo molto difficile, ma che avviene consentendo lo sviluppo delle forze produttive; che non devono essere, quindi, penalizzate dalla tassazione”. Un fanatismo misto ad idiozia ideologica perché si lega ad un altro fenomeno in voga nel salotti radical chic italiani, dopo la diffusione negli anni passati del saggio dell’economista francese Thomas Piketty “Il capitalismo nel XXI secolo”. Un logorante testo neomarxista di più di 900 pagine, davvero indigeribili per prosa e scrittura, redatto lontano dai nostri tempi ma che, con l’uso di dati empirici opinabili e sommando fattori dissimili, sostiene che chi detiene capitale continuerà ad accumulare ricchezza a spese di chi vive di lavoro. Potrebbe anche essere giusto se questa non fosse una semplicistica lettura di fenomeni più complessi. Piketty sostiene che la crescita dipenda dal risparmio. E alla fine della fiera propone un aumento delle tasse sui ricchi per migliorare la redistribuzione della ricchezza, paradossalmente incontrando il favore dei conservatori neoliberali. Forse perché l’economista francese usa per dimostrare i suoi ragionamenti modelli economici neoclassici, gli stessi utilizzati da coloro che poi hanno dettato le linee guida dell’attuale globalizzazione. 

 

Ma le economie moderne non funzionano come le descrive Piketty. Non vi è alcuna crescita che dipenda dal risparmio. Ma dalla capacità degli imprenditori di trovare liquidità e dare nuovo impulso all’economia. Liquidità che le banche centrali di uno Stato dovrebbero poter mettere in circolo in casi di calamità come questa.

Ma se è comprensibile che gli scrittori neomarxisti francesi non abbiano mai vissuto la realtà economica concreta è meno facile capire come nell’attuale situazione si possa proporre una patrimoniale ad un’economia in passivo e che non produce nulla. Un delirio ideologico o forse chi la propone non ha lavorato un giorno nella vita.