Economia
Covid, crack da 41 miliardi con i ristoranti chiusi a Natale
Bar e ristoranti, niente pranzi e cenoni a Natale per l'emergenza covid: per la ristorazione un crack che dimezza il fatturato (-48%)
Covid, crack da 41 miliardi con i ristoranti chiusi a Natale
Il taglio delle spese di fine anno a tavola rischia di dare il colpo di grazia ai consumi alimentari degli italiani che nel 2020 scendono al minimo da almeno un decennio con un crack senza precedenti per la ristorazione che dimezza il fatturato (-48%) per una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro nel 2020. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Ismea sull'impatto della nuova ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza che entra in vigore domenica 29 novembre ma a preoccupare è anche il nuovo Dpcm per l'ipotesi di chiusura di tutti i bar e ristoranti alle 18 per Natale e Santo Stefano, che rappresentano tradizionalmente per molti italiani una occasione per mangiare fuori.
Nonostante i cambi di colore in Italia - sottolinea la Coldiretti - restano chiusi 2 bar, i ristoranti, le pizzerie e agriturismi su 3 per un totale di oltre 215mila locali situati nelle regioni rosse e arancioni dove è proibita qualsiasi attività al tavolo, con un drammatico impatto su economia ed occupazione. Le ultime riaperture per la ristorazione riguardano solamente le strutture presenti in Sicilia (oltre 23mila) e Liguria (quasi 13mila) che diventano zone gialle dove comunque - evidenzia la Coldiretti - le attività di ristorazione (bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) sono consentite solo dalle ore 5,00 alle 18,00 con la possibilità sempre della consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 della ristorazione con asporto.
Nelle zone critiche (arancioni e rosse) - ricorda la Coldiretti - è invece consentita la sola consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle vicinanze dei locali. Gli effetti della chiusura delle attività di ristorazione si fanno sentire a cascata sull'intera filiera agroalimentare con disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino all'olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione - precisa la Coldiretti - rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato.
Le limitazioni alle attività di impresa - sostiene la Coldiretti - devono dunque prevedere un adeguato e immediato sostegno economico lungo tutta la filiera per salvare l'economia e l'occupazione. Nelle regioni dove si registrano scenari di elevata o massima gravità sono sospese tutte le attività di ristorazione e, quindi, anche la somministrazione di pasti e bevande da parte dei quasi 19mila agriturismi (quasi l'80% del totale) presenti in queste aree che spesso situati in zone isolate in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e con ampi spazi all'aperto, che sono secondo www.campagnamica.it i luoghi più sicuri perché è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche.
Non è un caso che appena lo 0,3% dei 66.781 casi di infortunio da Covid-19 registrate dall'Inail in Italia riguarda l'agricoltura dove - conclude la Coldiretti - peraltro i mesi estivi e autunnali sono i più attivi con la raccolta di frutta, ortaggi, olio e la vendemmia.