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Economia
Creval, ricetta Carige. Piazzato un terzo dell'aumento. I fondi contattati
Da investireoggi.it

Ci sono poi gli investitori istituzionali già presenti all’interno del capitale di Creval: in tutto detengono già ora oltre il 16% del capitale, ed alcuni dovrebbero essere già sopra l’1%, come Mediolanum Gestione Fondi (2,6%), Vanguard Group (2,4%) o Generali Investments Europe (1,44%), mentre altri come Axa Investment Management, Symphonia Sgr o Momentum Alternative Investment oscillano attorno al mezzo punto percentuale. In tutto, quindi, potrebbero arrivare fino ad un centinaio di milioni anche dai fondi, cifra che porterebbero a 220-230 milioni la parte di aumento virtualmente “garantita”, ossia circa un terzo del totale. Può sembrare poco, ma proprio il superamento della soglia di un terzo dell’importo complessivo (che però era di 500 milioni) ha consentito a Banca Carige di riuscire a convincere le banche a siglare gli accordi definitivi di collocamento e garanzia.

Così Fiordi incrocia le dita e spera che Mediobanca (global coordinator e bookrunner) e Citigroup (co- global coordinato e joint-bookrunner) trasformeranno l’accordo di pre-underwriting in un impegno vincolante a sottoscrivere l’eventuale inoptato.

Perché ciò avvenga, naturalmente, da qui a fine gennaio-inizio febbraio, quando l’operazione potrebbe decollare, occorrerà che il mercato degli Npl continui a dare segni di vitalità e che il titolo Creval in borsa inverta la rotta, lasciandosi alle spalle un biennio terribile che ha visto le quotazioni crollare da 11 euro a meno di 90 centesimi, con un 70% di perdita anche solo negli ultimi 12 mesi, prima di accennare a un debole recupero.

Sarà poi indispensabile convincere almeno una metà degli azionisti retail, che hanno in mano circa il 65% del capitale di Creval e che potrebbero presentarsi oggi in assemblea con una quota superiore al 10% per far sentire la propria voce. Fiordi sembra in particolare puntare su imprenditori e famiglie locali e il fatto che stamane il titolo recuperi il tonfo della vigilia risalendo sugli 1,26 euro potrebbe essere il segnale che anche il mercato è fiducioso sia nella riuscita del piano industriale, che prevede tra l’altro la chiusura di 88 filiali e la fusione della controllata Credito Siciliano nella capogruppo, sia nella capacità di Fiordi di convincere i piccoli azionisti a sostenere il rilancio della banca.

Luca Spoldi

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