Economia
Davos, il male del protezionismo che salva la classe media occidentale

In Occidente si assiste alla sparizione della classe media e all'esplosione del divario tra ricchi e poveri
Sotto una bianca coltre di neve, anche quest'anno è andata in scena l'opera di Davos, il più grande spettacolo illusionistico della stagione. La scena iniziale è toccata all'ineffabile signora Merkel che dall'alto del gigantesco surplus commerciale di oltre 250 miliardi di euro a favore del suo paese, ha ammonito Trump sui rischi che si corrono dimenticando le lezioni della storia.
La Merkel parte dalla Grande Guerra del 1914-18 e arriva sino al crac del '29, l'inizio della Depressione e il trionfo dei totalitarismi. La colpa, una delle principali, sostiene la signora Merkel è del protezionismo: la creazione di feroci dazi doganali uccise il commercio mondiale, accentuando la disoccupazione e la miseria.
Una lezione ineccepibile impartita agli Usa, la nazione tra le più aperte al mondo che continua ad accumulare disavanzi commerciali con il resto del mondo: Cina, Germania, Giappone, Messico. Non ho mai nutrito particolare simpatia per il protezionismo. Ma è irragionevole voler negare che esso sia un'inevitabile reazione difensiva al liberalismo selvaggio inaugurato nel 2000 all'ingresso della Cina nel WTO (organizzazione Mondiale del Commercio) quando si accettò la logica di scambi privi di regole per favorire la crescita delle economie emergenti.
Da allora di candida neve a Davos ne è caduta parecchia, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: la povertà nel mondo è indubbiamente diminuita - in particolare in quello orientale - mentre in Occidente si assiste alla sparizione della classe media e all'esplosione del divario tra ricchi e poveri, tra il famoso 1% che possiede la totalità delle risorse e chi non ha più neppure gli occhi per piangere.
Protezionismo antistorico e sguaiato? Forse. Tuttavia non bisogna scordare che è il figlio del liberalismo privo di regole, responsabile della distruzione di molti settori economici tradizionali. Chiedersi se sia meglio questo (il protezionismo) o quello (il liberalismo selvaggio) è insensato come chiedersi se il comunismo sia peggio del fascismo. Entrambi sono regimi totalitari fallimentari. Meglio la democrazia? Certo, ma a condizione che esista una politica economica capace, rigorosa, in grado di governare in modo equo gli scambi e i flussi. Purtroppo, mentre di interpreti in grado di praticare questa politica ideale non si vede neppure l'ombra, si continua a navigare a vista esprimendo "previsioni economiche" che hanno la valenza dei vaticini compiuti dagli antichi sacerdoti intenti a leggere il futuro frugando le viscere degli animali sacrificati.
Qualche perla di "saggezza predittiva" distillata a Davos:
2001
Ken Lay, direttore generale di Enron e David Komansky, direttore generale di Merril Lynch erano stati invitati a dibattere sul futuro delle imprese nel XXI secolo. Peccato che nel 2001 Enron (multinazionale statunitense attiva nel campo dell’energia) fosse fallita a causa del più grande scandalo finanziario degli ultimi cinquant'anni; Merrill Lynch era stata acquistata da Bank of America per 50 miliardi di dollari dopo averne persi 52 nel 2008 a seguito della crisi dei mutui subprime
2003
Bill Gates su Google
“I ragazzi di Google vogliono essere miliardari e rock star, vogliono partecipare alle conferenze. Vedremo se fra due anni saranno ancora sul mercato.
2004
Bill Gates a proposito dello spam: “Tra due anni il problema dello spam sarà risolto". Secondo Symantec, società specializzata nella sicurezza informatica, il 90.4% delle mail in circolazione a livello mondiale nel 2009 erano spam.
2008: Fred Bergsten sull’impossibilità di una crisi economica
Fred Bergsten, direttore del Peter G. Peterson Institute for International Economics di Washington, otto mesi prima del crollo di Lehman Brothers e dell’inizio della disastrosa crisi economica i cui effetti durano ancora oggi, dichiarava:“E' inconcepibile, e sottolineo inconcepibile, che accada una recessione a livello mondiale".
2011: Christine Lagarde e la crisi dell’euro
“Ritengo che l’euro abbia fatto il giro di boa e che la zona euro abbia superato il peggio. La crisi del debito è dietro di noi". Pochi mesi dopo aveva inizio la tempesta delle Borse, provocata dalla crisi in Grecia e che aveva fatto temere l’esplosione della Zona euro. Malgrado le sue previsioni strampalate, oggi Lagarde è presidente del Fondo monetario internazionale.
Lo strabismo, o meglio: la cecità, dei signori di Davos riguarda anche l'incapacità di cogliere i mutamenti positivi. Un classico è la funerea edizione 2009. La crisi sta finendo ma incredibilmente nessuno riesce a scorgere la colomba che reca un ramoscello d'ulivo nel becco, segno della fine della grande alluvione.
Perchè andare a Davos allora? Il ritrovo - luogo di cura per antonomasia nella Belle Époque - è da sempre uno teatro internazionale, celebrato persino dal grande Thomas Mann in metafora magica in uno dei suoi più strabilianti romanzi, "La montagna incantata". Un appuntamento irrinunciabile per i potenti della Terra, quelli vecchi e quelli nuovi, che tra le nevi della Svizzera Tedesca, tra un inchino, un brindisi e un minuetto, danno vita alla loro felice mondanità. Viaggiatori accorti e consapevoli, non rischiano mai di essere a bordo di un Titanic: sono passeggeri di prima classe, una ricca scialuppa di salvataggio per loro ci sarà sempre. Per noi che non andiamo a Davos, la regola è sempre la stessa: l'importante è capire per non affogare.