Economia
Dazi, Trump non fa marcia indietro. Pechino minaccia contromisure
Il presidente Usa: "La Cina vuole trattare con Biden"
Saranno anche tattiche pre-negoziato finale (la delegazione di Pechino è in arrivo a Washington) come spiegano alcuni commentatori oppure la ritrovata fiducia da parte di entrambi i contendenti circa le condizioni di salute delle proprie economie (la Cina sta andando un pochino meglio rispetto a quanto avvenisse due mesi fa), ma la nuova escalation di annunci dopo i tweet di domenica di Donald Trump sembra gettare alle ortiche ben cinque lunghi mesi di trattative, impiegati a trovare una soluzione al conflitto commerciale fra Stati Uniti e il Dragone. Facendo apparire quasi impossibile ora una ricomposizione del fronte a poco dal nuovo round di negoziati che sulla carta, fino a pochi giorni fa, doveva essere decisivo.
Tant’è che, stando a quanto ha cinguettato ancora una volta il numero uno della Casa Bianca, nella tempistica delle trattative per neutralizzare la guerra dei dazi tanto temuta dalle Borse e dagli altri partner commerciali pare essersi inserito il fattore politico tutto interno agli Stati Uniti. Ovvero le elezioni presidenziali a stelle e strisce del prossimo anno.
Mentre l'ufficio del rappresentante commerciale degli Stati Uniti, Robert Lighthizer, ha fatto sapere che l'aumento dei dazi dal 10% al 25% su 200 miliardi di dollari sulle merci cinesi entrerà in vigore a mezzanotte di venerdì 10 maggio, Trump è passato nuovamente all’attacco di Pechino: "La Cina ci ha appena informato che il vicepremier sta arrivando negli Stati Uniti per fare un accordo", ha cinguettato, senza dimenticare la minaccia: "Vedremo, ma sono molto contento degli oltre 100 miliardi di dazi che riempirebbero le casse degli Stati Uniti. Ottimo per gli Usa, non buono per la Cina".
Concetto ribadito con la stoccata anche sul fronte interno: "La regione della retromarcia della Cina e del suo tentativo di rinegoziare l'accordo commerciale è la speranza di essere in grado di rinegoziarlo con Joe Biden o con uno dei deboli democratici, e quindi continuare a rubare agli Stati Uniti per i prossimi anni”. La mossa annunciata da Trump è una decisione che colpisce molto di più l’economia cinese rispetto a quella americana, così ai nuovi tweet del tycoon newyorkese è seguita subito la nota del ministero del commercio di Pechino secondo cui “la Cina cui assumerà le necessarie contromisure se gli Stati Uniti attueranno il loro piano di rialzo dei tassi dal 10% al 25% su 200 miliardi di dollari di Made in China. L'escalation delle tensioni commerciali non è nell'interesse della Cina e del mondo: la Cina è 'profondamente rammaricata’'.
Secondo quanto riportato dalla Reuters, la scorsa settimana Pechino avrebbe fatto marcia indietro su quasi tutti i punti dell'accordo con gli Usa. Una retromarcia comunicata con un messaggio, arrivato a Washington venerdì sera, con modifiche sistematiche alla bozza di accordo di quasi 150 pagine, modifiche che avrebbero fatto saltare mesi di negoziati tra le due maggiori economie del mondo.
Sarebbe stato questo all'origine dello strappo del presidente Usa, che domenica a sorpresa ha annunciato l'aumento dei dazi dal 10 al 25% su 200 miliardi di dollari di beni importati da Pechino, con la minaccia rinnovata di colpire altri 350 miliardi di dollari di beni, come scarpe, abbigliamento, mobilio, giocattoli ed elettronica.
Secondo fonti sentite dalla Reuters, in ognuno dei sette capitoli della bozza di accordo la Cina avrebbe cancellato i suoi impegni a cambiare leggi per risolvere le principali questioni che avevano portato gli Stati Uniti a una guerra a colpi di dazi. In gioco ci sono il furto di proprietà intellettuale e di segreti commerciali, trasferimenti forzati di tecnologia da parte di aziende americane a partner cinesi necessari per potere operare sul territorio del Paese asiatico, competizione, accesso ai servizi finanziari e manipolazione della valuta. La situazione poi sarebbe degenerata lo scorso venerdì notte, quando a Washington è arrivato un cable diplomatico di Pechino pieno di modifiche alla progetto di intesa.
@andreadeugeni