Economia

Def, in Borsa? Una pseudo crisi. Ecco perché la turbolenza passerà

Buddy Fox

Manovra, Piazza Affari verso un black friday. Ma un’Italia in fallimento non fa comodo a nessuno

“Quando il sangue scorre nelle strade è il momento di comprare”, diceva il Barone Nathan Rothschild, famoso banchiere inglese di fine ‘800, e forse questa frase l’avrebbe ripetuta anche questa mattina Venerdì 28 Settembre 2018, in quello che ha tutte le fattezze e le caratteristiche per diventare uno dei più classici “Black Friday”.

Le premesse sono queste: spread Btp/Bund a 270 senza respirare, rendimenti Btp a 10y ben oltre il 3%, l’indice FtseMib che apre in sprofondo rosso a meno 2,50% e siamo di nuovo sotto 21.000, il carico poi lo mettono le banche italiane, le big come Unicredit e Intesa che nemmeno aprono perché sospese per eccesso di ribasso. Il resto del listino è un rosso sangue, proprio come nelle fantasie d’un tempo del Barone Rothschild, dunque è il momento per prendere coraggio e comprare, o è meglio scappare con quello che è rimasto?

E sullo sfondo appare con la falce, come l’immagine della morte che ti viene a prendere, la società di rating Moody’s che vede nella spavalderia di un governo, una sorta di insolenza, di mancanza di rispetto e ha tutta l’intenzione di tagliare il giudizio del nostro debito, azione che complicherebbe di molto la situazione sui mercati e per le nostre tasche, e che vorrebbe smorzare la temerarietà di quelli che vengono considerati come dei monelli.

Perché è il giudizio sul rating del nostro debito da parte dei quattro cavalieri dell’Apocalisse (Moody’s, Fitch, Standard & Poor’s e Dagong) quello che fa più paura e più ci deve preoccupare e non il Def e le proposte per la finanziaria, perché se il nostro Debito finisce addirittura in serie C, zona infernale, nemmeno Draghi in quel caso ci potrà salvare.

Queste però sono conclusioni che vanno molto oltre, perché un’Italia in fallimento non fa comodo a nessuno, non solo a livello finanziario, ma anche a livello politico e industriale, visto che molte grandi industrie europee e mondiali dipendono in qualche modo dal nostro mercato. E poi, visto che siamo in settembre, al decimo anniversario del fallimento della Lehman Brothers, un altro caso di questo tipo, perché l’Italia declassata porterebbe ad un disastro simile, lo vogliono evitare tutti. Sono 10 anni che le banche centrali stampano incessantemente denaro, e lo riversano nel sistema a costo zero, e se lo stanno facendo anche con un’economia che a livello mondiale ha continuamente stampato davanti il segno più in ogni dato economico, è proprio per portare la nave il più lontano possibile dal prossimo iceberg che ci porterebbe di nuovo a fondo.

Questa sindrome, che io ho voluto chiamare da “Hotel California”, presa da una frase della canzone degli Eagles dove si dice “tu potrai fare check out quando vuoi, ma non uscirai mai”, sta a significare che difficilmente e molto lentamente terminerà questo processo del denaro gratis e dei tassi zero, perché la finanza e l’economia sono assuefatti e finchè i tassi non risaliranno a un livello decente, difficilmente ci sarà una nuova crisi. E’ come dire che finchè l’arsenale delle banche centrali non sarà ricaricato, non ci potrà essere una nuova guerra da combattere.

E allora che si fa, si compra?

Da quando ho iniziato a scrivere questo articolo le cose non sono migliorate, lo spread è sempre in alto, più o meno sugli stessi livelli, l’indice FtseMib è sempre in basso più o meno uguale, l’unica differenza è che Unicredit e Intesa sono tornate in contrattazione, e forse, visti i punteggi di ribasso, era meglio se non l’avessero fatto.

Settembre statisticamente non è mai stato un mese facile, specie per noi italiani, la svalutazione della Lira, il crollo causato dall’attacco di Soros sono ancora vivi nella mente e nel portafoglio, d’altronde su questo mese i Green Day ci hanno fatto una canzone “wake me up when september end”, non svegliatemi finchè settembre non sarà finito, e già questo dovrebbe essere un consiglio di comportamento. E poi c’è Ottobre, il mese dei crolli.

Se il presente crea preoccupazioni, il futuro certo non le placa, anzi le amplifica, però come spesso accade, in mezzo al panico e alla pioggia di cattive notizie, si perde di vista tutto il buono che fino a ora si è fatto e che fino a ieri aveva animato il nostro spirito rialzista.

Wall Street è pur sempre sui massimi, l’economia va ancora a pieni giri, i tassi come abbiamo detto sono a zero, e Mario Draghi in Europa ha confermato che rimarranno a zero almeno fino all’estate del 2019. La pacchia vi sembra finita?

Il rosso di Milano stride e si annacqua se si confronta con la chiusura di Tokyo di questa mattina dove l’indice ha chiuso con un segno più corposo, rivedendo i livelli del 1991, quelli successivi allo scoppio della grande bolla immobiliare. E poi c’è il made in Italy che tanto piace e tanto vende in tutto il mondo, e che dalle ultime trimestrali segna ancora fatturati e ordini in grande rialzo. E poi ci sono le banche, che ormai hanno davanti un percorso a senso unico, quello della fusione nazionale, o dell’incorporamento transnazionale, tutte azioni che stimolano l’acquisto, meglio se a prezzo da saldo.

Benjamin Graham, il maestro di Warren Buffett, in questi casi soleva dire “in una vecchia leggenda, i saggi hanno finalmente bollato la storia delle questioni mortali in una sola frase: anche questa passerà”. E così sarà anche per questa pseudo crisi.

Ieri, nella confusione e nell’apprensione per l’attesa del numerino del Def è passata quasi inosservata la notizia che Bolloré uscirà dal patto di Mediobanca, patto che probabilmente non sarà rinnovato o in cui cambieranno molte cose. Questo non vi fa venire in mente niente? E se vi dico Generali? Nelle fasi di crisi, non guardate mai la mano destra che si agita creando confusione e spavento, date un’occhiata alla sinistra, è quella la mano che fa gli affari.

@paninoelistino