Economia
Depositi, cortocircuito banche-governo. A rischio la lotta all'evasione
Unicredit applicherebbe i tassi negativi Bce ai depositi sopra i 100mila € dal prossimo anno. Il rischio è che i grandi capitali siano portati all’estero o...
Le strade dell’inferno, dicono, sono lastricate di buone intenzioni: di certo sembrano esserlo quelle che conducono alla lotta all’evasione in Italia, dove il governo non fa in tempo a varare misure che concretamente incentivino l’uso della moneta elettronica al posto del più “opaco” contante, che uno dei più importanti banchieri del paese, il Ceo di Unicredit Jean-Pierre Mustier, fa sapere che il suo istituto è al lavoro per riuscire a implementare, dal prossimo anno, misure per “trasferire” i tassi negativi della Bce alla clientela con depositi superiori ai 100.000 euro.
Mustier, ovviamente, non vuole in alcun modo incentivare l’evasione o far fuggire i capitali e spiega: i tassi negativi che la Bce applica sui depositi “hanno un impatto significativo sui ricavi delle banche europee, ma la Bce afferma, giustamente, che senza le loro politiche le riserve delle banche sarebbero state più elevate poiché l’economia avrebbe rallentato”. Come dire che il “bazooka” di Mario Draghi ha evitato alle banche e all’economia del vecchio continente di cadere nel baratro, ma ha un costo non trascurabile che ora Mustier prova a ribaltare almeno in parte sulla clientela.
Una scelta un po' infelice almeno quanto al timing, visto che rischia di favorire una fuga di capitali, vuoi verso nuovi “paradisi” come il Dubai, vuoi verso “impieghi” alternativi come l’investimento in oro (le cui quotazioni infatti stanno recuperando terreno) vuoi il contante, da conservare in cassaforte o “sotto il materasso”. E questo proprio mentre il governo italiano, che ha preparato un decreto legge collegato alla prossima legge di bilancio con tutte le misure anti-evasione per far saltare fuori almeno 7 miliardi di coperture, prova a incentivare il ricorso alla moneta elettronica che però presuppone l’esistenza di depositi che se di consistenza elevata otterrebbero un rendimento negativo secondo le parole di Mustier.
Insomma, ancora una volta in Italia la mano destra (le banche) sembra non sapere o non voler tenere conto di cosa fa la mano sinistra (il governo). E il paese fa una figura da collettività naif.
Ma perché una banca come Unicredit dovrebbe penalizzare i suoi grandi clienti? Perchè non ha molte altre alternative per compensare la contrazione del margine d’interessi: se si spingessero le attività “a rischio”, più redidtizie, ci si ritroverebbe con crediti deteriorati nuovamente in crescita proprio mentre si sta cercando di completare la pulizia dei bilanci e questo evidentemente non può essere fatto, almeno non ancora e non misura significativa.
La “ricettina” di Mustier tiene conto dei disagi a cui andranno incontro i clienti nella misura in cui risparmia “i clienti più vulnerabili, che sono coperti dal Fondo di garanzia dei depositi”, ossia quelli con depositi entro i 100 mila euro. Non si tratta di un atto di generosità, visto che il fondo è alimentato dai versamenti degli istituti stessi e colpendo anche questi depositi si rischierebbe di innescare un altro circolo vizioso.
I grandi clienti invece dovranno subire una vera e propria “patrimoniale sul risparmio”, salvo dirottare i propri capitali investendoli in asset a rischio, che tuttavia scontano uno scenario di crescita degli utili che Goldman Sachs stima pari al 3% negli Usa, al 2% in Europa e al -2% in Asia, mentre circa un terzo dei titoli di stato emessi in tutto il mondo offre ormai un rendimento negativo. Come dire che il rendimento potrebbe non essere sufficiente a coprire il rischio.
Alla fine, il bazooka di Draghi mostra tutti i suoi limiti: per superarli, lo ha detto in più circostanze anche l’ex presidente della Banca d’Italia, occorrerebbe attivare una politica fiscale espansiva, che però a sua volta ha un limite. Può permettersela solo chi ha i conti in ordine, con deficit e debito pubblico contenuto, ossia i paesi del Centro-Nord Europa come Germania e Olanda e pochi altri.
Così facendo si rischierebbe tuttavia di accrescere ulteriormente le differenze tra i paesi membri dell’eurozona, con alcuni paesi che sosterrebbero la propria crescita mentre altri non avrebbero le risorse per poter fare. Il che rischia di porre un’ipoteca alla sopravvivenza a lungo termine dell’euro stesso, favorendo l’ulteriore crescita di movimenti populisti tentati dal proporre “uscite” più o meno (dis)ordinate. Accetteranno i grandi patrimoni di essere “tassati” con rendimenti negativi sulla liquidità per salvare, inter alias, l’euro e i bilanci delle banche europee? Le scommesse sono aperte.
Luca Spoldi