Economia

Disoccupazione digitale e reddito di cittadinanza

Roger Abravanel*

Il reddito di cittadinanza è legge ì. Risponde alla  giusta  esigenza di fare più di quanto è riuscito a fare il  reddito da inclusione per proteggere i disoccupati e formarli per  (re)inserirli nel mondo del lavoro.Sulla carta assomiglia molto a un buon  welfare nordeuropeo orientati a costruire lavoro e infatti Luigi di Maio ha parlato di un “ nuovo modello di welfare”. La vera sfida è fare funzionare i centri per l’impiego , da noi servono  a creare occupazione solo per i loro  impiegati e se si parte con il reddito di cittadinanza prima di avere riformato i centri per l’impiego, le preoccupazioni di chi temono che così si disincentiva il lavoro si rileveranno fondate. La nomina del prof.Parisi dalla università del Mississipi  al vertice di Anpal sembra essere un buon primo passo  e vedremo se da qui a fine maggio si riusciranno ad assumere 6mila “navigators”.  

 Ma il Mississipi non è l’Italia , soprattutto il Sud Italia. Anche in presenza di centri per l’impiego di qualità danese-americana , la vera sfida consiste nel creare il lavoro, non solo proteggere chi non  lo ha ( e non lo ha mai cercato ) .

Purtroppo questo contrasta con una visione catastrofista del futuro del lavoro che emerge da un video della Casaleggio Associati pubblicato proprio mentre veniva approvata  la legge, commentato poi da Davide Casaleggio in diverse successive interiste . Nel video  – “ la fine del lavoro come lo conosciamo”  si profetizza  uno scenario in cui nel 2054 l’uomo lavorerà solo l’1% del suo tempo perché faranno tutto  i robot ; si renderà così  necessario riconvertire milioni di lavoratori e proteggerli con un reddito di cittadinanza finanziato da tasse alle imprese digitali.

Casaleggio non è il primo a prevedere una  terza rivoluzione industriale grazie al digitale, anche se in pochi si azzardano  a fare previsioni al 2054. Il  mondo è pieno di istituti autorevoli quali il World Economic Forum e il Global Instititute  Mckinsey (MGI)che hanno fatto studi sul futuro del lavoro nell’era digitale e sono giunti a conclusioni simili .  MGI prevede che al 2030 ci saranno 500 milioni di lavoratori che dovranno essere (ri) formati, in parte perché perderanno il lavoro , ma soprattutto perché la tecnologia cambierà profondamente il loro mestiere di oggi.

Questi studi sottolineano  però non solo i rischi della trasformazione digitale ma anche la grande opportunità.  Intanto ricordano  che la storia insegna che  durante la  rivoluzione industriale nella seconda metà del 1800 il   50 % delle persone che lavoravano nei campi si è ridotto al 5% , ma gli altri non sono rimasti a casa ma  sono passati a lavorare nelle fabbriche ,meglio retribuiti e più tutelati( sono nati i sindacati ) .Lo stesso è avvenuto con la rivoluzione post-industriale dagli anni 70 in poi, grazie alla quale la occupazione nelle fabbriche ha cominciato a ridursi ed è cresciuta quella nei servizi ( telecomunicazioni , commercio , assicurazioni , banche , professioni ) . In questa seconda fase l’avvento della tecnologia digitale   ( personal computer, internet, cellulari e smart phones)  non ha creato nessuno sconquasso occupazionale : tra  1980 e il 2015 si sono persi 3.5 milioni di posti di lavoro ( per esempio le dattilografe sostituite dalle email  ) ma si sono creati 19 milioni di posti di lavoro nel hardware e semiconduttori ,sviluppatori di software ecc Se poi  i profeti di sventura( tra cui Casaleggio )  dipingono la produttività come il grande nemico della occupazione, questi studi ricordano che dal 1960  nel 80 % dei singoli anni , la produttività e la occupazione sono sempre  aumentate entrambe. 

Questa tendenza è prevista continuare perchè  ci saranno delle trasformazioni della società altrettanto cruciali della tecnologia digitale che creeranno molti posti di lavoro, anche ben retribuiti . MGI prevede che da qui al 2030 ci saranno 300 milioni  di anziani in più nel mondo,  che avranno bisogno di 50-80 milioni di medici , infermieri ,fisioterapisti in più. Poi l’umanità sarà più ricca e  spenderà di più in tempo libero, salute  e istruzione : 250 milioni di posti di lavoro in più nel turismo , tempo libero , scuola .

Molti posti di lavoro nuovi dei quali una buona parte ad alto valore aggiunto e competenze. Ma la nostra economia rischia di perdere la opportunità di questa terza rivoluzione come ha perso la opportunità delle due precedenti e si intravede seriamente il rischio di guardare  al 2054 digitale  come un altro modo per giustificare il probabile  assistenzialismo  di un reddito di cittadinanza che forma per un impiego che oggi non c’è e che  ci sarà sempre meno.

Quello che   manca sono le politiche per affrontare il punto di debolezza  che lo stesso Casaleggio identifica nelle PMI italiane  che vorrebbe rilanciare con “ blockchain e intelligenza artificiale “. Purtroppo molte di queste PMI sono il risultato di quel  “ piccolo è bello “ che è stato il mantra degli imprenditori italiani per 40 anni “ e quello che è necessario è una vera e propria  “ selezione della specie”, favorendo  le migliori  che vogliono crescere  e sfruttare le opportunità del digitale .

I primi segnali delle politiche di questo governo sembrano purtroppo andare in senso opposto e proteggere  le imprese  “piccole , brutte “ che oggi  sopravvivono spesso solo perché non rispettano le regole o bloccano la concorrenza  : si intende tornare indietro  sulla apertura dei negozi la domenica per proteggere i piccoli commercianti , si disincentiva la creazione di catene di farmacie e si  dà  ragione ai tassisti che si oppongono alla concorrenza  degli NCC/Uber .

C’è però in questi giorni un bel banco di prova : la  fatturazione elettronica  avviata dal governo precedente. Se verrà mantenuta e , dopo un periodo di aggiustamento il governo farà anche i controlli , si accellererà la “selezione della specie “ di cui sopra e le migliori PMI potranno crescere . Se invece la annacquerà e se ne farà il solito accrocchio ascoltando le proteste che si stanno già sollevando dal mondo delle PMI , allora al 2054 , come diceva Keynes ,saremo tutti morti , compresa l’economia digitale del paese.

*meritocrazia.corriere .it