Economia
Dojo sbarca nel Belpaese: "Velocità e controllo una ricetta vincente per le Pmi. Il vero ostacolo italiano? La burocrazia"
L'intervista a Antonio Di Berardino, Country Manager per l’Italia di Dojo
Italia, Spagna e Irlanda: Dojo accelera l’espansione europea supportando le imprese nell'experience economy
Dojo, nome commerciale di Paymentsense Ireland Limited, debutta in Italia con una piattaforma di pagamento dedicata alle imprese italiane, specialmente le Pmi. La tecnologia di Dojo mira a semplificare e velocizzare i pagamenti, agevolando così la gestione operativa per i commercianti.
Il brand vede nel mercato italiano una vera e propria opportunità strategica: l’uso delle carte è cresciuto dell’8,6% su base annua, raggiungendo 223 miliardi di euro nei primi sei mesi del 2024. Questo scenario rende la soluzione di Dojo perfettamente calibrata per il contesto italiano. E ora dopo gli eccellenti risultati ottenuti nel Regno Unito, dove ha supportato numerose Pmi nel settore dell’ospitalità, la piattaforma punta ora a replicare il suo successo anche in Italia. Affaritaliani.it ha approfondito l’argomento con Antonio Di Bernardino, Country Manager per l’Italia di Dojo.
Com’è nata l’idea e come funziona? Quali problemi risolve Dojo per le Pmi italiane?
Dojo è un'azienda inglese che conta circa 150mila clienti solo nel Regno Unito, principalmente nel settore della ristorazione e dell'hospitality, con un focus specifico sull'experience economy. In pratica, si rivolge a tutte quelle attività che cercano di offrire al cliente finale un'esperienza, sia che si tratti di ristorazione o di attività sportive. Perché questo focus? Dojo mira a rendere le transazioni, e quindi il momento del pagamento, il più fluido possibile, garantendo affidabilità e continuità del servizio — cosa tutt'altro che banale. Puntiamo su una connettività affidabile (offriamo sia WiFi che SIM 4G) e sulla rapidità della transazione, per evitare di far perdere tempo al cliente.
Inoltre, vogliamo semplificare le attività di back office per l'esercente, affinché possa concentrarsi sul core business senza dover rincorrere scontrini o gestire complessità contabili. Come? Integrando nel nostro terminale funzioni come la gestione delle mance, la divisione dello scontrino e la possibilità di integrarsi facilmente con i sistemi di cassa già presenti nel punto vendita. Questo è in linea con le normative fiscali del governo. Un altro punto di forza per le attività è che non richiediamo il cambio di banca: i fondi vengono versati direttamente sul conto corrente del cliente.
Come si distingue l’approccio di Dojo nel contesto di una crescente digitalizzazione dei pagamenti in Italia, un contesto sempre più competitivo?
Noi non competiamo assolutamente sul prezzo; il nostro obiettivo è portare sul mercato un insieme di servizi che facciano capire al cliente che dietro ogni transazione c’è un provider solido e affidabile. Quali sono questi servizi? Ad esempio, un call center che risponde in media in 16 secondi. Inoltre, poiché la nostra piattaforma è cloud-based, il 90% delle problematiche può essere risolto in tempo reale. Anche la visibilità e il livello di controllo che offriamo sono altri punti di forza che ci distinguono.
Quali differenze avete trovato tra il mercato dei pagamenti in Italia e quello del Regno Unito?
Il nostro progetto di espansione è guidato dall’esperienza in Uk, dove abbiamo rilevato alcune differenze sostanziali. Dal punto di vista burocratico, il Regno Unito, soprattutto dopo la Brexit, presenta procedure leggermente diverse rispetto all’Italia, ma alcuni aspetti fondamentali, come la gestione del cliente e il contrasto al riciclaggio, sono comunque simili.
L’entrata in paesi come Spagna e Italia ha richiesto un adattamento maggiore alle regole locali, rendendo il processo piuttosto complesso. In particolare, la fiscalità in Italia si è rivelata molto più articolata e complessa rispetto al Regno Unito e persino alla Spagna, dove abbiamo incontrato meno difficoltà. Dal punto di vista legislativo, invece, Italia e Spagna sono allineate, essendo entrambe sotto il cappello europeo.
Quali settori italiani beneficeranno di più dalle vostre soluzioni in Italia? E quali altre espansioni avete in mente?
In Italia ci stiamo già concentrando sulla ristorazione, ma stiamo anche valutando collaborazioni con piccoli rivenditori locali, non limitandoci quindi alla sola ristorazione. Quanto alle espansioni, al momento stiamo sondando i mercati di Spagna e Irlanda, e ci focalizzeremo su questi paesi prima di avviare nuove espansioni in altre aree strategiche dell’economia europea.