Draghi, il fedelissimo all'Economia: chi è Daniele Franco, ex dg di BankItalia - Affaritaliani.it

Economia

Draghi, il fedelissimo all'Economia: chi è Daniele Franco, ex dg di BankItalia

di Andrea Deugeni

Da Ragioniere dello Stato, gli scontri con Renzi e Di Maio. Ora il ruolo centrale per la stesura e l'attuazione del Recovery Plan

Esperto di finanza pubblica, passato alle cronache anche recenti per aver fatto le pulci (l’ultimo episodio nel primo governo Conte sul reddito di cittadinanza, ma si sono registrati scontri anche con Matteo Renzi) da Ragionere generale dello Stato a tutti i provvedimenti governativi le cui coperture ballavano. Un fedelissimo di Mario Draghi, la cui strada Daniele Franco ha incrociato per la prima volta in Banca d’Italia nel 1979 dove è stato assunto.

Bellunese di nascita, 67 anni, Franco è il nuovo ministro dell’Economia, un tecnico puro, dunque un componente della squadra di governo di diretta scelta del nuovo premier, a cui Draghi ha voluto affidandare le redini di un dicastero centrale per portare a compimento, assieme ad altri tre tecnici (Vittorio Colao alla Transizione Digitale, Roberto Cingolani a quella Ecologica ed Enrico Giovannini alle Infrastrutture e Trasporti) il Recovery Plan italiano, progetto centrale per il rilancio del nostro Paese e per la sostenibilità futura del debito pubblico che deve essere migliorato, completato e negoziato con Bruxelles, anche se già dei capitoli sono stati approvati. Il tutto nei prossimi due mesi. Quasi una mission impossible, su cui il governo Conte bis è caduto. 

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Daniele Franco in mezzo ad alcuni componenti
del direttorio della Banca d'Italia

Franco resta in Via Nazionale, dove opera presso il Servizio Studi, fino al 1994, quando fa le valigie per Bruxelles per andare a ricoprire  la carica di Consigliere Economico presso la Direzione Generale degli Affari Economici e Finanziari della Commissione Europea. Vi resterà fino al 1997. 

Dopo la parentesi internazionale, Franco torna in Bankitalia dove resta fino al 2013, prima a capo della Direzione Finanza Pubblica sempre del Servizio Studi e poi come guida del Servizio Studi di struttura Economica e Finanziaria e infine dell’Area Ricerca Economica e Relazioni internazionali. Dal 2013 al 2019, anno in cui diventa vice direttore generale della Banca d’Italia prima di essere promosso direttore generale, è Ragioniere generale dello Stato, l’uomo della indispensabile bollinatura dei provvedimenti economici dell'esecutivo di turno. Dal 2020 è direttore generale di Palazzo Kock e presidente dell’Ivass, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, l’authority cioè che vigila sul mercato delle polizze. 

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Immediatamente nei primi giorni successivi alla chiamata di Draghi da parte di Mattarella, il nome di Franco era circolato come figura di alto profilo per andare a ricoprire il ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, uno degli gangli centrali di ogni esecutivo e che deve godere della fiducia massima del presidente del Consiglio: è, infatti, in sostanza il suo braccio destro per mandare avanti la macchina di Palazzo Chigi, per coordinare le politiche del governo e incidere sull’indirizzo generale che il premier in carica vuole imprimere alla sua azione. La fiducia, dunque dev'essere massima, un prerequisito. 

All’ultimo, Draghi ha preferito affidargli la guida del Ministero che fu di Quintino Sella (a Chigi c'è l'ex giudice del Consiglio di Stato ed ex capo di Gabinetto del Mef Roberto Garofoli, che però al Tesoro ha lavorato per cinque anni guarda caso proprio con Franco), Palazzo che Draghi conosce bene per esservi stato a lungo direttore generale. Un dicastero centrale per la stesura e l’attuazione del Recovery plan e lo snodo principale delle riforme, sulla cui realizzazione Bruxelles ci farà le pulci per scucirci i 209 miliardi del Pnrr. Una scrivania, dunque, dove parimenti serve una persona di assoluta fiducia, rapida anche nel ricevere e nel mettere subito in pratica le direttive. 

@andreadeugeni