Draghi pronto ad allungare il Qe. E in Italia è in arrivo il Toro
Nessuna conseguenza dopo la bocciatura Ue della manovra
E finalmente arrivò il giorno del giudizio, il giorno del giudizio sulla manovra economica italiana. In un’atmosfera che ricorda molto i film di Sergio Leone, nel grande far west dei mercati si scontravano da una parte il governo italiano composto dai giovani spavaldi sovranisti, e dall’altra l’élite degli euroburocrati, una sfida che come la cinematografia richiede va puntualmente in onda a mezzogiorno, rendendo questo freddo e tenebroso novembre, anche solo per un attimo, incandescente. Il risultato? Lo sapevano già tutti, più scontato di una partita tra Juventus e Borgo Rosso, una bocciatura.
Quello che invece era meno scontato, era la reazione dei mercati, positiva, borse in rialzo! Come gufi, erano tutti pronti con l’ombrello aperto per ripararsi da una nuova pioggia di vendite, tutti pronti a usare l’arma dello spread, del crollo dei bancari e del ribasso delle borse, per dare contro al governo, ed invece, come spesso accade, gli investitori che nei giorni di profondo rosso sembrano tanto cattivi come diavoli, oggi hanno voluto fare gli angeli e risollevare tutto, anche in presenza di pessime notizie, o meglio della conferma che tutto va ancora male e potrebbe andare peggio.
La sintesi di giornata è questa: Mib +1,41%, Spread Btp/Bund a 311,5 (-4,5%) rendimento Btp 10y a 3,475%, con Banco BPM miglior titolo a +7%, Intesa San Paolo a +2,80% e tutta la pattuglia dei bancari in buon rialzo. Dopo un ottobre rosso, e un novembre che non era iniziato nei migliori modi, la giornata di oggi può andare in archivio come un semplice e fisiologico rimbalzo, qualcuno sorriderà dicendo che è il rimbalzo del gatto morto, ma è pur sempre una giornata di tamponamento, una di quelle che risolleva il morale delle truppe e che permette una boccata d’ossigeno.
Ma al netto del risultato, e dei singoli numeri, quello che sembra di percepire dalla situazione e dalle attuali oscillazioni generali di mercato, è che forse il mirino è rivolto verso il bersaglio sbagliato, e cioè che non è la politica il vero nodo del problema, non è la Commissione Europea (considerata cattiva) il piromane che appicca gli incendi, l’obiettivo e la missione di speculatori e grandi investitori sembra essere sempre la stessa, e cioè fare pressione sulle banche centrali affinché i buoni propositi di nuovi aumenti dei tassi d’interesse (in Usa) e le promesse di fine QE (in Europa), vengono riposte un’altra volta nel cassetto e si ritorni alle politiche espansive allungando la ricreazione di mercato.
I metodi di persuasione possono essere molteplici, dai più facili, come colpire le banche italiane e il nostro Btp, a qualcosa di più sofisticato, come abbattere le quotazioni del Nasdaq ed in particolare dei titoli FAANG (Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google) che tanto erano salite negli ultimi mesi. Un indizio che rafforza quelle che possono sembrare delle mere congetture, arriva dalle ultime dichiarazioni di Ray Dalio, che in prossimità dell’ultima riunione della Fed in cui probabilmente sarà deciso un nuovo aumento dei tassi d’interesse, ammonisce Eccles Building da fare mosse azzardate: “Siamo in una fase in cui la Fed dovrà porre più attenzione a valutare le attività finanziarie, più di quelle economiche”, aggiungendo che i tassi sono aumentati a tal punto da far male ai mercati.
Avvertimenti che non sono nuovi, e che anzi spuntano puntualmente, ogni qualvolta la Fed decide, in una fase di espansione in cui l’economia lo permette, di accelerare la “normalizzazione” dei tassi d’interesse. E’ accaduto nel maggio del 2013 quando Bernanke annunciò il tapering (il ritiro degli stimoli di liquidità), Wall Street reagì con pesanti vendite, e accadde nel 2015 quando lo stesso Dalio “minacciò” velatamente la Yellen di non calcare troppo la mano, pena ripetere gli stessi errori fatti nel 1937. Quello che spesso il pubblico e i piccoli investitori non capiscono è che gli speculatori, i grandi investitori hanno solo un interesse, ed è quello di creare ricchezza (ovviamente per se stessi) e non importa con quali strumenti, quello che conta è il risultato.
Per mesi la vittima preferita è stata l’Italia, avendo un debito enorme, e banche in continua difficoltà, colpire al ribasso, era come andare al luna park e giocare freccette, mentre i bersagli degli altri stati erano microscopici, il nostro era grande quanto una parete. Voi, per vincere, dove avreste colpito? Ora, i margini di guadagno al ribasso sull’Italia si stanno assottigliando, anche perché inizia finalmente ad essere presa qualche contromisura, per gli investitori è stata l’occasione per cambiare preda, per questo abbiamo visto il Nasdaq e tutta Wall Street rotolare. D’altronde, quella americana, ad oggi era l’unica tra le maggiori borse che da inizio anno manteneva ancora il segno positivo.
Ma pur sempre, sembrano degli attacchi forzati, l’ultima mossa di Warren Buffett, fa propendere, dopo questa pausa negativa, verso un prolungamento del ciclo rialzista. Infatti, dopo che Apple è crollata più del 20% nell’ultimo mese, su ipotesi di allarmi utili e di vendite flop dell’ultimo prodotto della casa, Buffett già grande azionista del gruppo, ha deciso che per lui questa correzione era un’ottima occasione per fare nuova incetta di titoli.
Dove il mercato vede preoccupazioni, Buffett trova opportunità. E non solo su Apple, perché la generale caduta ha ingolosito l’Oracolo di Omaha, spingendolo a nuovi acquisti ed a incrementi nel settore finanziario, facendo incetta di titoli di JP Morgan e Bank of America. Evidentemente, non solo Buffett rimane ottimista di lungo, capisce anche che la corsa dei tassi non subirà accelerazioni e soprattutto che la deregulation nella finanza di Trump non sarà toccata, favorendo incrementi di redditività nel settore. Forse tutto questo parlare di crisi governativa italiana, delle polemiche europee, degli attacchi della Commissione Europea, della manovra che porta verso il baratro e dell’innalzamento dello spread, è un fumo gettato negli occhi dei cittadini e dei piccoli risparmiatori, per spaventare, dando la possibilità ai grandi investitori di fare i loro giochi. Quella dei tassi d’interesse è una partita che Giorgetti, esponente arguto del governo, aveva già capito fin dalla scorsa estate, quando aveva dichiarato “non possiamo chiedere un prolungamento del QE, ma la Bce valuti”.
Paradossalmente, i recenti ribassi di Piazza Affari, delle banche e l’impennata dello spread, sembrano fare il gioco di Giorgetti e del Governo Lega/5 Stelle, qualche momento di sofferenza, per poi avere molti mesi a disposizione per nuove mosse di incentivazione. Mario Draghi, che come sua abitudine, parla poco, misura sempre i termini, ogni tanto (giustamente) si innervosisce, ma quando agisce lo fa con decisione e con cognizione di causa, ha già capito qual è la musica e, velatamente, ha già fatto intendere che l’interruzione del QE, la cui data di scadenza è già fissata per il 31 dicembre 2018, potrebbe essere procrastinata, a data da destinarsi.
Quello che conta è che il gioco della finanza, e quindi del denaro facile, possa continuare. Ma tra i grandi duelli sotto il sole, in questo tenebroso novembre, non c'è solo quello tra sovranisti ed europeisti, tra élite e populisti, tra governo italiano ed euroburocrati, ce n'è anche uno più tecnico e sofisticato che tiene in scacco tutto il mondo della finanza, ed è quello tra le Banche Centrali e l'inflazione, un duello che sembra una lotta tra Don Chisciotte e i mulini a vento. Un duello inutile, perché di inflazione ancora non si vede ombra. Dunque, perché alzare i tassi? Il gioco deve continuare, il giorno del giudizio può aspettare.
@paninoelistino
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