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Economia
Eni, Descalzi taglia costi e investimenti. Ma la cedola rimane a 80 cent

di Andrea Deugeni

Continua la cura dimagrante dell'Eni imposta dal petrolio low cost che se l'anno scorso si è incentrata su una sforbiciata del dividendo (da 1,12 euro a 80 centesimi) e su 7 miliardi di dismissioni quest'anno la mannaia del nuovo piano industriale triennale al 2019 si concentra sugli investimenti (-21% a 37 miliardi di euro rispetto ai 48 complessivi previsti nel precedente piano), sui costi che fra rinegoziazione di tutti i contratti e risparmi sui costi corporate arriva a 6 miliardi e su una nuova fase di dismissioni di asset per altri 7 miliardi di euro.

I conti devono quadrare e se il colosso petrolifero guidato da Claudio Descalzi vuole confermare il dividendo a 80 centesimi cash  com'è stato distribuito lo scorso anno bisogna rivedere gli equilibri fra costi, investimenti, asset, gestione dei progetti e ricavi. Introiti che si basano su un barile del petrolio che solo nelle ultime settimane è tornato intorno ai 40 dollari. Per capire come i vertici si stanno muovendo nella nuova era del greggio (19 mesi fa viaggiava ancora intorno ai 100 dollari), il break even medio dei nuovi progetti di esplorazione è stato fissato a un livello drasticamente ridotto a 27 dollari al barile (da 45). Il nuovo piano industriale dell'Eni, il secondo della gestione Descalzi-Marcegaglia insediatasi a maggio del 2014, è stato presentato alla comunità finanziaria a Londra, appuntamento a cui Affaritaliani.it era presente.

"Stiamo continuando a ristrutturare con successo il nostro Mid-Dowstream (trasporto, raffinazione e distribuzione del petrolio e del gas, ndr). Il business Gas&Power (gas ed elettricità, ndr) beneficerà della rinegoziazione dei contratti a lungo termine e della riduzione dei costi di logistica", ha spiegato Descalzi in conference call con gli analisti finanziari. "Riguardo al settore Refining&Marketing, ci concentreremo - ha proseguito il manager - sulla riduzione del margine di raffinazione e sul miglioramento dell'efficienza delle operazioni, difendendo allo stesso tempo la nostra quota di mercato nel retail".

Da un punto di vista più strettamente operativo, nonostante la riduzione degli investimenti che nel settore Upstream (esplorazione e produzione, ndr) sarà leggermente inferiore rispetto a quello di gruppo (-18% nell'arco del piano), il Cane a sei zampe prevede di far crescere la produzione di idrocarburi, fiore all'occhiello del gruppo italiano, del 13% al 2019 (oltre il 3% all'anno) rispetto all'attuale livello anche grazie all'avvio di nuovi progetti che daranno un contributo totale di 800 mila barili di olio equivalente al giorno. Sempre nell'arco del piano, Eni prevede nuove scoperte scoperte per 1,6  miliardi di barili di olio equivalente (11,9 complessivi negli ultimi 8 anni) "al costo competitivo di 2,3 dollari al barile e con un time to market per la messa in produzione molto ridotto".

Accelera Eni a Piazza Affari dopo la presentazione del piano industriale. Il titolo guadagna l'1,91% a 13,87 euro, il valore più alto dall'inizio dell'anno. Quello che è piaciuto agli investitori è stato soprattutto il fatto che il management ha inserito nuovi obiettivi di crescita nell'Upstream, garantendo però invariati livelli di dividendo anche in presenza di prezzi del petrolio più bassi del previsto e di un monte investimenti inferiore alle precedenti strategie. Infine, per quanto riguarda il capitolo dismissioni, il chief financial Massimo Mondazzi ha spiegato che il gruppo punta a ottenere "in media 2,5 miliardi post tasse l'anno" dalle operazioni nel 2016-2017 (arco in cui si realizzerà l'80% delle dismissioni). Cessioni fra cui rientra "il business della chimica (in sostanza Versalis, ndr)", la cui alienzazione, ha aggiunto Mondazzi, è prevista per "la fine del 2016".

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