Economia

Eni "promette" la fusione nucleare entro 10 anni, ma la sfida è ardua

di Lorenzo Goj

Eni ha annunciato che entro i primi anni del decennio 2030 nascerà la prima centrale nucleare a fusione. Ma per gli esperti il percorso è pieno di ostacoli

Nucleare, Eni promette la prima centrale a fusione entro una decina d'anni. Ma per gli esperti è ancora un miraggio. L'intervista al presidente dell'Associazione Italiana Nucleare

La crisi energetica potrebbe essere vicina al capolinea. Come un fulmine a ciel sereno, Eni ha annunciato che - entro una decina d’anni – sorgerà la primissima centrale nucleare a fusione. Realizzata insieme a diversi partner d’Oltreoceano (Cfs e Mit) e all’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), questo nuovo tipo di centrale nucleare, nel caso vedesse davvero la luce entro pochi anni, porterebbe il mondo a una svolta a dir poco epocale.

LEGGI ANCHE: Eni propone di realizzare una centrale nucleare a fusione nei primi anni '30

Ma che cos’è una centrale nucleare a fusione e quali sono le differenze con le già esistenti centrali a fissione? Per capirne di più, Affaritaliani.it ha interpellato l’ingegnere Stefano Monti, presidente dell’Associazione Italiana Nucleare e recentemente eletto presidente anche della European Nuclear Society.

“Innanzitutto, il processo di fusione non produce scorie radioattive e, di conseguenza, non ci saranno eventuali criticità legate a materiali residui da smaltire”, spiega l’esperto. Un vantaggio non da poco, questo, considerando tutti i problemi che attanagliano lo smaltimento di tali e pericolosissimi rifiuti. Ma proviamo a scendere nei dettagli.

Come funziona la fusione, le differenze con la fissione

L'energia da fusione scaturisce da un processo completamente diverso da quello della fissione, che fa funzionare le attuali centrali nucleari: nella fissione, la produzione di energia avviene tramite la "rottura" di atomi pesanti (ad esempio l'uranio).

“Nella fusione, invece”, spiega l’ingegnere nucleare, “due nuclei atomici leggeri si uniscono per formare un nucleo atomico più pesante”. “Essenzialmente”, continua, “due atomi leggeri, come gli isotopi dell'idrogeno (Deuterio e Trizio), si fondono creando un elemento (Elio) più leggero della somma dei due atomi iniziali, una reazione che libera un'enorme quantità di energia, secondo la nota equazione di Albert Einstein: e=mc2”.

Un processo estremamente complesso, dato che per ottenere la reazione di fusione richiede di raggiungere e mantenere temperature molto elevate (oltre 100 milioni di gradi Celsius, circa 10 volte la temperatura del nucleo dello stesso Sole). Infatti, il tutto non avverrebbe dentro dei tubi d’acciaio, dato che si scioglierebbero subito, ma verrebbe utilizzato il confinamento magnetico che, come suggerisce il nome, utilizza campi magnetici molto potenti per confinare e gestire l’energia.

Ma quali sono i vantaggi? Perché si tratterebbe di una svolta? 

La fusione nucleare utilizza isotopi di idrogeno leggero, come il deuterio e il trizio, che sono abbondanti in natura e possono essere estratti dall'acqua di mare. Queste risorse sono praticamente illimitate rispetto agli isotopi di uranio e plutonio utilizzati nella fissione nucleare, i quali, invece, sono pochi e richiedono costose operazioni di estrazione.

Ma oltre alla presenza virtualmente illimitata di risorse per avviare tale processo, la fusione garantirebbe anche una produzione sconfinata di energia. Secondo le stime dell’AIEA, potrebbe generare addirittura quasi quattro milioni di volte più energia per chilogrammo di combustibile rispetto alla combustione del carbone.

Non solo. Poiché la fusione nucleare non utilizza materiali fissili (capace di sviluppare una reazione a catena di fissione nucleare, ndr) come l'uranio o il plutonio, è meno probabile che il suo sviluppo e la sua implementazione portino alla proliferazione di armi nucleari rispetto alla fissione nucleare.

Infine, un altro dei dei principali vantaggi teorici della fusione nucleare è che in caso di guasto o malfunzionamento, il processo di fusione si interromperebbe automaticamente senza rischio di incidenti. Questo, perché il combustibile per la fusione deve essere costantemente mantenuto ad alte temperature e pressioni per essere mantenuto, appunto, in tale stato di fusione, e se queste condizioni vengono interrotte, la reazione si spegne naturalmente, proprio perché non verrebbe più alimentata.

Ma la sfida di Eni ha delle complessità

Come spiega Monti, tra i massimi esperti nostrani di nucleare, la sfida per realizzare tale impresa nei tempi indicati da Eni è piuttosto ardua. “Sono oltre 60 anni che l’uomo tenta di dare vita a una centrale nucleare a fusione dati gli enormi vantaggi che porterebbe al mondo intero”, spiega. “In più di mezzo secolo, siamo riusciti solo a mantenere i processi necessari per attuare la fusione per, a dire tanto, un secondo di fila”, continua.

“Il rapporto di energia prodotto dalla tecnologia di fusione in nostro possesso rispetto a quello utilizzato per avviare il processo è di 0,64", spiega l'esperto. "Per poter mantenere in funzione e ottenere vantaggi economici", continua, "tale rapporto dovrebbe essere di 1 a 30”, prosegue.

“Oggi, dunque, non abbiamo ancora raggiunto la parità tra il guadagno e la spesa necessaria per avviare la fusione. Difficile che, in meno di dieci anni, questo complicatissimo processo venga snocciolato a tal punto dal renderlo applicabile per l’industria entro i primi anni del decennio 2030”, spiega il presidente dell’Associazione Italiana Nucleare. “Nonostante io speri con tutto il cuore che Eni riesca a compiere tale impresa".

In definitiva, Eni ci offre la prospettiva di un futuro luminoso con la promessa di una centrale nucleare a fusione entro una decina d'anni. Un viaggio affascinante, questo, ma ostacolato da diverse complessità tecnologiche. La sfida è ardua, ma non impossibile.