Economia
Esselunga, fine da 1,8 miliardi per la Caprotti-Dinasty. Venduto il 30%
Giuseppe e Violetta Caprotti cedono il 30% per 1,83 miliardi a Giuliana Albera e Marina Caprotti. Ora focus sul piano 2019-2023 che punta anche sull’e-commerce
La “Caprotti dinasty” è arrivata alla fine e se non è un “happy ending” poco ci manca. Secondo quanto riferito da Radiocor, presso lo studio Marchetti si sarebbe tenuto il closing della transazione che ha visto Giuseppe e Violetta Caprotti, figli di primo letto di Bernardo (morto il 30 settembre 2016), cedere le proprie partecipazioni, pari complessivamente al 30%, nella holding Supermarkets Italiani, presieduta dallo stesso Piergaetano Marchetti, a Superit Finco, controllata da Giuliana Albera, seconda moglie di Bernardo, e Marina Sylvia Caprotti (ultimogenita dello scomparso).
A Supermarkets Italiani fanno capo i supermercati a marchio Esselunga, nati nel 1957 da una joint-venture tra la famiglia Caprotti (proprietari terrieri che fin dalla fine del Settecento avviarono attività industriali tessili) e Nelson Rockefeller, che quattro anni dopo uscì dalla società cedendo il suo 51% ai Caprotti per 4 milioni di dollari dell’epoca, circa 100 milioni di euro a valori correnti.
Da quell’epoca Esselunga ha visto moltiplicare il proprio valore per oltre 30 volte, visto che il valore della transazione con cui Giuseppe e Violetta, entrati in Esselunga a metà degli anni Ottanta ma estromessi all’inizio del nuovo secolo (Giuseppe fu allontanato dalla conduzione del gruppo nel 2007 da Bernardo, poi denunciato per stalking da Giuseppe e Violetta) è stato pari a 1,83 miliardi.
Non si è trattato di una riappacificazione: Giuliana e Marina hanno esercitato la loro “call” (diritto ad acquistare) sulle azioni di Violetta (assistita da Mediobanca) e Giuseppe, che si sono visti firmare un assegno da 915 milioni a testa sulla base del valore di Esselunga determinato al termine di un arbitrato durato oltre un anno che ha valutato la catena di grande distribuzione 6,1 miliardi di euro. Valutazione che appare più in linea coi 7 miliardi proposti dagli advisor di Violetta e Giuseppe (che nel 2004 aveva inutilmente offerto una cifra analoga al padre per rilevare tutto il gruppo, ricevendo un secco rifiuto) che non i 4,15 miliardi circa proposti da quelli di Giuliana e Marina.
I prossimi passi per Esselunga, 8,1 miliardi di fatturato lo scorso anno con un Ebitda adjusted di 675,5 milioni, 1.139 milioni di disponibilità liquide e soli 150 milioni di indebitamento netto, consisteranno nella fusione per incorporazione, entro fine anno-inizio 2021, di Esselunga in Supermarkets Italiani. Seguirà il rimborso (entro giugno secondo le notizie sinora circolare) dei circa 300 milioni di indebitamento delle società incorporate, poi, entro 12 mesi, sarà la volte dei finanziamenti concessi per concludere la transazione che ha consentito di liquidare Violetta e Giuseppe.
Questa infatti è stata finanziata da Giuliana e Marina per 100 milioni con mezzi propri, per 435 milioni con la cessione del 32,5% ad Unicredit di La Villata Spa, società immobiliare cui fanno capo 83 degli immobili che ospitano i supermercati Esselunga, per la parte rimanente (1.312 milioni di euro) da un finanziamento in pool concesso dalla stessa Unicredit insieme a Intesa Sanpaolo e Bnl-Bnp Paribas. In particolare di questi 1,3 miliardi 550 milioni sono stati concessi nella forma di prestito ponte di durata massima di 15 mesi, mentre i restanti 762 milioni saranno rimborsabili a 7 anni.
Esselunga ha anche in circolazione un bond collocato (da Banca Imi, Citi, Mediobanca, Unicredit, Akros e Ubi Banca) nell’ottobre 2017 in due tranche da 500 milioni l’una, con scadenza a 6 anni (cedola annua dello 0,875%) e a 10 anni (cedola annua dell’1,875%), servito a rimborsare un precedente finanziamento bancario concesso per acquistare la maggioranza di La Villata.
L’ingresso di Unicredit in veste di socio-finanziatore e la disponibilità di risorse e liquidità anche in un periodo di grande incertezza come quello attuale dovrebbe pertanto consentire a Giuliana e Marina e al loro top management, a partire dal Ceo Sami Kahale (nominato lo scorso luglio) di proseguire con determinazione nell’implementazione del piano industriale 2019-2023.
Un piano che prevede a fine periodo un fatturato di 8,74 miliardi di euro e un Ebitda adjusted di 652 milioni di euro, con una posizione finanziaria netta in equilibrio (+10 milioni di euro), una volta spesati 2 miliardi di euro di investimenti cumulati nel quinquennio, sia per aprire nuovi punti vendita in aree ad alto potenziale, sia per premere l’acceleratore sull’e-commerce, la cui importanza strategica è apparsa con tutta la sua evidenza in queste settimane di lockdown.
Luca Spoldi