Economia
Ex-Ilva, Invitalia pronta a salire al 60%. Ma gli stabilimenti sono in agonia
Accolta positivamente dai sindacati, questa opzione è preferibile rispetto alle altre due: l'amministrazione straordinaria o l'iniezione di nuove risorse
Ex-Ilva, Invitalia pronta a salire al 60%. Ma gli stabilimenti sono in agonia
L'intesa già sottoscritta richiede un rinnovato interesse. Si colloca nel dicembre del 2020, quando il panorama politico italiano era nettamente diverso dall'attuale, con Giuseppe Conte primo ministro. In quel periodo, il governo, con Domenico Arcuri alla guida di Invitalia, deliberò il ritorno del controllo pubblico sull'ex Ilva, prevedendo anche una successiva transizione di maggioranza a favore di Invitalia. Questo è quanto riporta il Corriere della Sera. L'accordo, sebbene mai annullato, non è mai stato attuato per vari motivi, l'ultimo dei quali è la resistenza del ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto alla presenza maggioritaria dello Stato nel dossier ex Ilva. Ora, dopo i mesi infruttuosi alla ricerca di soluzioni per il rilancio di Acciaierie d'Italia, l'opzione di aumentare la quota di Invitalia dal 38% al 60% viene nuovamente considerata.
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Accolta positivamente dai sindacati, questa opzione è preferibile rispetto alle altre due in gioco: l'amministrazione straordinaria o l'iniezione di nuove risorse secondo le quote attuali. Fino all'8 gennaio, data limite stabilita dal ministro delle Imprese Adolfo Urso per trovare un accordo, ogni giorno è cruciale per riesumare l'intesa di tre anni fa. Solo se si raggiunge un accordo tra i due azionisti entro l'8 gennaio, un rappresentante della famiglia Mittal (Lakshmi o il figlio Aditya) sarà a Roma per firmare il nuovo accordo. Pertanto, i contatti preliminari in questi giorni, in particolare tra l'amministratore delegato di Invitalia Bernardo Mattarella e il responsabile fusioni e acquisizioni di ArcelorMittal Ondra Otradovec, rivestono un ruolo fondamentale. L'aumento della quota di Invitalia non è l'unico punto critico; è necessario definire l'entità dell'aumento di capitale, se 320 milioni per le esigenze immediate o 1,320 miliardi considerando anche l'acquisizione degli impianti Ilva in amministrazione straordinaria entro maggio. Mentre Invitalia propende per l'opzione più ampia, ArcelorMittal preferisce attendere la determinazione del prezzo di congruità per gli impianti prima di prendere una decisione. Acciaierie d'Italia necessita urgentemente di risorse, soprattutto a Taranto, dove gli autotrasportatori sono in presidio contro i ritardi nei pagamenti delle fatture, e la tregua sul taglio delle forniture di gas non pagato ha una scadenza a breve: il prossimo 10 gennaio.
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Il Circolo lava di Novi Ligure rappresenta vividamente l'epopea dell'industria siderurgica per questa città dell'Alessandrino, come riporta Il Sole 24 Ore. Il Circolo conserva la storia della grande fabbrica e tutto ciò che vi è collegato, offrendo servizi bar, stanze per rappresentanti sindacali, e spazi ricreativi e sportivi al piano superiore. Un'opera che ha accompagnato il sogno di ricchezza e sviluppo industriale dal 1938, fungendo da simbolo di progresso e crescita sociale. Tuttavia, con l'amministrazione straordinaria del 2018, l'azienda ha smesso di occuparsi direttamente del Circolo (così come quelli di Taranto e Cornigliano), ma ha sottoscritto un contratto impegnandosi a versare 125mila euro all'anno per le spese gestionali, affidate a una cooperativa. A causa della crisi finanziaria aziendale, diversi impegni non sono stati onorati, compreso il pagamento di rate in sospeso al Circolo Ilva.
La situazione è simile per le borse di studio dei figli dei dipendenti, che ammontavano a 14mila euro l'anno. Questi segni di benessere, ormai tramontato, contribuiscono a un'atmosfera ancorata al passato, mentre il 2007 è stato l'anno d'oro per Novi Ligure, con una produzione di 1,8 milioni di tonnellate di acciaio e 800 dipendenti. Tuttavia, con il cambio di industrie automobilistiche e di elettrodomestici, la situazione è mutata, e l'attuale crisi finanziaria sta colpendo duramente, con dipendenti in cassa integrazione, mancanza di manutenzione e gravi difficoltà operative. La necessità di risorse è acuta, e la speranza è che l'incontro dell'8 gennaio tra il governo e i vertici di ArcelorMittal possa portare a una soluzione.
Il Nord-Ovest chiede aiuto a Roma per salvare l'industria siderurgica italiana. Mentre si intensificano i colloqui tra i partner dell'ex Ilva in vista del cruciale incontro, atteso con speranza dai lavoratori, tra governo e ArcelorMittal lunedì prossimo, come riporta Repubblica. Non è solo l'impianto ex Ilva di Taranto a rischiare la chiusura, con l'emergenza dell'emissione di una nube tossica rossastra. Tra Liguria e Piemonte, ci sono molte "piccole Taranto", siti delle Acciaierie d'Italia e dell'indotto, dove più di 2 mila lavoratori sono in cassa integrazione. Questi impianti operano l'acciaio prodotto in Puglia. Nel Piemonte, il polo di Novi Ligure, in provincia di Alessandria, e i due stabilimenti minori di Racconigi, nel cuneese, e Gattinara, vicino a Vercelli, affrontano una situazione critica. Oltre il Turchino, in Liguria, c'è il polo di Vado Ligure e l'acciaieria di Cornigliano, con circa mille dipendenti.
La sicurezza, per i pochi che lavorano, è considerata un optional. Maurizio Cantello, segretario provinciale della Fiom di Alessandria, sottolinea i rischi reali, citando incidenti e mancanza di manutenzione. Le condizioni sono gravi, con fornitori che sospendono le attività a Cornigliano, e gli autotrasportatori a Taranto che bloccano i cancelli in attesa di una decisione del governo. La produzione a Novi si è drasticamente ridotta, mentre a Racconigi, che produce tubi, i dipendenti sono passati da 150 a una novantina. La Sanac, azienda con 400 dipendenti che produce materiali refrattari tra Gattinara e Vado Ligure, è stata colpita dalla crisi ex Ilva che copre l'80% del suo fatturato. I governatori del Piemonte e della Liguria esortano il governo a intervenire, chiedendo il ripristino della maggioranza statale nel gruppo e la ricerca di nuovi partner industriali, auspicabilmente italiani, per sostituire ArcelorMittal. La situazione è critica, e il Nord-Ovest non accetta la chiusura dell'industria siderurgica italiana, cercando soluzioni urgenti.