Economia

Ex Ilva, Tabarelli (Nomisma Energia): "Nessuno vuole rischiare di chiudere un impianto così strategico"

"Questa giornata è un contributo fondamentale per evitare che si parli di Taranto solo sui giornali in termini di scontro, problemi e polemiche. Dobbiamo riportare al centro il valore del lavoro"

di redazione economia

Ex Ilva, Tabarelli (Nomisma Energia): "Nessuno vuole rischiare di chiudere un impianto così strategico"

"Sono venuto principalmente per ascoltare, anche perché, per questioni procedurali e normative, in questo momento non posso parlare molto. Tuttavia, ci tenevo a esprimere la mia soddisfazione per questa iniziativa, che considero molto importante". A dichiararlo è il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli, ospite all'evento “Ex ILVA: un passato da difendere, un futuro da costruire”, promosso da A.I.G.I. (Associazione Indotto Ex Ilva e General Industries) con il sostegno della Confederazione AEPI e moderato da Marco Scotti, condirettore di Affaritaliani.it.

"Il mio compito, in qualità di esperto, parte da lontano ma si basa su elementi fondamentali: sono ricercatore e professore di economia, specializzato nell’allocazione ottimale delle risorse. La scienza economica ha il compito di creare valore, soprattutto in contesti difficili e complessi come quello che voi conoscete bene, forse anche meglio di me. Siamo in un momento cruciale, un vero e proprio tipping point, e la situazione è estremamente complessa", spiega.

"Ho notato", continua Tabarelli, "che è in corso una mostra su Caravaggio, e trovo che il chiaroscuro delle sue opere sia una metafora perfetta per descrivere la realtà che stiamo vivendo: momenti di luce e ombra, un equilibrio precario tra capolavoro e tragedia. Oggi più che mai abbiamo bisogno dell’acciaio, eppure il paradosso è che proprio Taranto, una città che lo produce, si trova in una condizione difficile. Ma questa non è una novità per l’industria italiana. Qui sotto ho visto aziende come Iveco e Saipem: l’industria in Italia è una sfida continua, forse tra le più difficili al mondo. Non voglio fare polemica, ma la pressione su questo stabilimento, e su altri come quelli di Genova, Racconigi e Salerno, è enorme. Se riusciremo a superare questa fase, lo faremo con grande slancio. Il progetto in corso riguarda la decarbonizzazione, l’occupazione e il prezzo dell’acciaio, elementi fondamentali per il territorio. Ieri il ministro ha incontrato i sindacati: siamo nella fase finale, ma servirà molta energia, come è già servita in passato".

"L’Europa punta sull’innovazione e noi siamo una delle più grandi democrazie al mondo. Il problema ambientale è centrale, e negli ultimi dieci anni l’Italia ha investito oltre 2 miliardi di euro per la tutela ambientale e la modernizzazione degli impianti", prosegue. "Ricordo bene quando, un anno fa, ho parlato di questo tema e le mie parole sono finite sui giornali. Non voglio ripetermi, ma è un dato di fatto che oggi l’impianto di Taranto sia tra i più puliti al mondo, grazie a regolamenti ambientali rigorosi e tecnologie avanzate".

"Nessuno vuole rischiare di chiudere un impianto così strategico. Dobbiamo lavorare insieme per trovare soluzioni. C’è chi ha manifestato interesse per l’acquisizione, e chiunque lo farà dovrà dimostrare competenza nella produzione di acciaio, innovazione tecnologica e rispetto delle normative. Tecnologie come gli abbattitori di polveri e un uso efficiente dell’energia sono cruciali, soprattutto considerando il costo elevato del gas, che oggi è un problema serio. Ho sempre sostenuto che l’Italia dovrebbe sfruttare le risorse di gas naturale presenti nel nostro sottosuolo, come quelle del Nord Adriatico, per ridurre i costi e la dipendenza da fornitori esteri come il Qatar e gli Stati Uniti. Speriamo che si possa trovare una soluzione vantaggiosa per tutti", continua.

"Questa iniziativa è preziosa per il futuro dell’industria e del Mediterraneo meridionale", sostiene l'economista, che continua: "Ho avuto modo di parlare con molte persone e sentire il loro punto di vista. Ieri, qualcuno mi ha ringraziato dicendo: Grazie per quello che fai per il mio Sud. È un tema che riguarda tutti: il Nord e il Sud dell’Italia, così come l’Europa. Il processo di deindustrializzazione del continente è un fenomeno preoccupante che dobbiamo contrastare con ogni mezzo possibile. Abbiamo un’occasione unica per rilanciare il settore. Dobbiamo far crescere un tessuto di piccole e medie imprese intorno ai grandi poli industriali, come avviene in altre aree del paese, da Sassuolo a Treviso, fino a Pordenone, dove parlerò dopodomani a Confindustria."

"Il Sud ha affrontato sfide enormi: basti pensare alle grandi aziende come Italsider e Ilva, realtà gigantesche, con impianti di dimensioni imponenti, così come lo sforzo richiesto per mantenerle operative. Non è un caso che anche la nostra ministra abbia un compito gigantesco. Ora dobbiamo rimanere uniti e lavorare insieme per superare questa fase. Questa giornata è un contributo fondamentale per evitare che si parli di Taranto solo sui giornali in termini di scontro, problemi e polemiche. Dobbiamo riportare al centro il valore del lavoro, dell’innovazione e della crescita economica. Se falliamo, rischiamo di creare un nuovo caso Bagnoli e non possiamo permettercelo. Questa è una grande opportunità e dobbiamo coglierla fino in fondo. Grazie a tutti per questa iniziativa", conclude infine Tabarelli

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Gasparri: "Sì alla ricchezza che crea valore, no alla concorrenza sleale"

Non solo Tabarelli. All’evento è intervenuto anche il capogruppo al Senato di Forza Italia Maurizio Gasparri. “Bisogna essere più rigidi nei confronti di chi non rispetta le condizioni ambientali e sociali”, dichiara. “È ovvio che il costo della vita varia da paese a paese: avere lo stesso salario a Francoforte o in un paese più povero, dove il costo della vita è inferiore, non è sostenibile. Tuttavia, il rispetto delle condizioni ambientali e delle garanzie sindacali dovrebbe essere un principio universale”.

“La Cina”, continua, “è entrata nel WTO, il sistema di regolamentazione del commercio mondiale, ottenendo così un riconoscimento e un accesso ancora maggiore al mercato globale. Questo significa che anche gli altri paesi devono adeguarsi a standard più equi. È giusto che ci sia concorrenza, ma deve essere leale. Personalmente, non credo nella lotta di classe, ma nel confronto, nella partecipazione e nel dialogo. Se la ricchezza nasce da un equilibrio sociale giusto, dalla creazione di lavoro e impresa, ben venga. Non dobbiamo essere ostili alla ricchezza di per sé, ma a chi specula alterando le regole. Un genio che diventa ricco grazie alla sua innovazione è diverso da chi si arricchisce senza creare valore”.

“Mi viene in mente un vecchio caso: anni fa ci furono polemiche per un dirigente della TIM che, pur beneficiando di una pensione milionaria, aveva avuto un ruolo chiave nell’introduzione della SIM card in Italia. È come paragonare un imprenditore visionario a Leonardo da Vinci. Eppure, mentre accettiamo che cantanti e calciatori guadagnino cifre esorbitanti, spesso critichiamo chi crea valore nel mondo industriale. Bisogna giudicare la ricchezza con equità, distinguendo chi contribuisce alla società da chi sfrutta le regole a proprio vantaggio”, prosegue Gasparri.

“In Europa abbiamo imprese come la società IRIS, dove ogni decisione passa attraverso un equilibrio tra diversi paesi: olandesi, tedeschi, francesi… e noi italiani, che spesso protestiamo se ci sentiamo penalizzati. Gli studenti italiani vanno all’estero con la speranza di migliori opportunità, ma noi dobbiamo garantire un sistema economico che premi il merito anche qui. Se la ricchezza genera lavoro e impresa, va sostenuta. Pensiamo a Taranto: se qualcuno investisse lì e creasse 5000 posti di lavoro, la città ne beneficerebbe enormemente. Ma senza un uso corretto delle risorse e senza un equilibrio tra mercato e responsabilità sociale, il rischio è quello di creare disuguaglianze insostenibili. Io credo nell’economia sociale di mercato, dove il merito viene premiato e dove il lavoro è al centro del sistema”.

“Le organizzazioni sindacali, come la CISL, hanno portato avanti battaglie importanti per la partecipazione dei lavoratori nelle imprese. Questa cultura partecipativa è essenziale per evitare che in un mercato globale si creino vantaggi competitivi sleali. Non possiamo accettare che la concorrenza sia determinata dallo sfruttamento del lavoro in paesi dove i diritti sono inesistenti. Un imprenditore italiano deve competere con aziende che rispettano le stesse regole, altrimenti il mercato non è giusto”.

“Oggi stiamo affrontando grandi sfide. Pensiamo all’acciaio: è fondamentale per la costruzione delle navi della nostra marina militare, che in questo momento sono impegnate nell’operazione Aspide per proteggere le rotte commerciali nel Mar Rosso. A causa degli attacchi terroristici provenienti dallo Yemen, molte navi mercantili non possono attraversare il Canale di Suez e sono costrette a circumnavigare l’Africa, aumentando costi, emissioni e tempi di consegna. Tutto questo ha un impatto economico enorme, con ripercussioni sui prezzi e sull’occupazione”.

“L’acciaio”, spiega infine Gasparri, “è una risorsa strategica e l’Italia non può permettersi di rinunciarvi. È vero, il settore è in crisi, ma dobbiamo trovare soluzioni concrete. Abbiamo già visto cosa è successo a Bagnoli: una volta chiuso lo stabilimento, non è stato sostituito da nulla. Non possiamo permettere che accada lo stesso altrove. Se arriva un investitore, deve avere intenzioni serie e rispettare le regole del mercato globale. Dobbiamo contrastare la concorrenza sleale e garantire che chi opera nei mercati mondiali rispetti gli stessi standard sociali e salariali. In passato, si parlava dei "padroni delle ferriere", oggi la situazione è diversa, ma il rischio di squilibri resta. Se le aziende europee devono competere con produttori asiatici che non rispettano gli stessi criteri, è evidente che qualcosa non va. L'obiettivo deve essere un'economia che premi l’innovazione e la responsabilità sociale, senza distorsioni e senza lasciare indietro nessuno”.