Economia
Fca, Berta:"Cedole da rivedere fino al 2023.Macron dia rassicurazioni a Conte"
Il caso della garanzia statale: parla l'economista Giuseppe Berta, storico dell'industria all'Università Bocconi e grande esperto di Fca
"Il dibattito sulla richiesta della garanzia statale da parte di Fiat-Chrysler? E' paradossale. Non si stanno affrontando gli argomenti che veramente rilevano per il Paese e cioè l’aggregazione di Fca con Peugeot. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si faccia rassicurare dal premier Emmanuel Macron che i soldi del prestito vadano davvero a difendere e a valorizzare gli stabilimenti italiani. Fra qualche mese sarà operativa la fusione con il gruppo francese, che fra i propri azionisti ha Parigi". Lo spiega ad Affaritaliani.it l'economista Giuseppe Berta (nella prima foto sotto), storico dell'industria all'Università Bocconi e grande esperto di Fca che analizza tutti gli aspetti della discussione che si è sollevata sul prestito da 6,3 miliardi di euro chiesto dal Lingotto a Intesa-Sanpaolo. Prestito su cui ci sarà la garanzia della società pubblica Sace.
Come valuta il dibattito che si è scatenato nel Paese sulla richiesta della garanzia statale da parte di Fca per un prestito da 6,3 miliardi di euro?
"E’ paradossale e sorpassato”.
Perché?
“Fra qualche mese, portata a termine la fusione con Peugeot, non ci sarà più la sede fiscale in Gran Bretagna. Non si stanno affrontando gli argomenti che veramente rilevano per il Paese e cioè l’aggregazione con il gruppo francese. Scenario di cui dobbiamo preoccuparci. Dobbiamo accertarci che il prestito serva a difendere gli interessi italiani. Non dimentichiamo che la scorsa settimana un comunicato diffuso da Fiat-Chrysler ha sottolineato che il processo di fusione con Psa sta andando avanti, merger che si realizzerà fra la fine dell’anno e i primi mesi del 2021. E siamo già quasi in estate. Abbiamo ancora pochi mesi davanti”.
E quindi?
“Io mi preoccuperei soprattutto che se si fa un prestito con le garanzie pubbliche, i soldi servano a difendere e a valorizzare gli stabilimenti italiani. Non dobbiamo preoccuparci del passato, ma del futuro”.
L’accento sulle attività italiane è stato posto anche dall’ex presidente del Consiglio Romano Prodi. Ma come fa lo Stato a controllare che i 6,3 miliardi vengano utilizzati per lo sviluppo del gruppo nel nostro Paese e non finiscano per annacquarsi nel consolidato Fca?
“Qui viene fuori un problema: nella fusione dei due gruppi automobilistici, esiste una realtà non simmetrica”.
E cioè?
“Peugeot ha come azionista rilevante anche lo Stato, per tradizione estremamente vigile sul business quando sono in gioco gli interessi economici nazionali. E’ questo il nodo della questione. Nella discussione sul prestito, quindi, bisogna coinvolgere in parte anche il partner francese. La fusione è dietro l'angolo. Diamo un prestito per pochi mesi? Bisogna rafforzare le produzioni italiane e i marchi italiani dentro al nuovo gruppo. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte deve avere queste rassicurazioni dal premier Emmanuel Macron, deve avere voce in capitolo anche allo scopo di tutelare gli interessi del nostro Paese”.
Dal Lingotto hanno giustificato la richiesta della garanzia statale definendola come un modo per ottenere il prestito e sostenere anche l’intera filiera dell’auto. Non le suona un po’ come un ricatto?
“Non è vero poi che sosterrebbe anche l’intera filiera dell’auto. C’è una parte consistente della filiera che fa capo ai produttori tedeschi. La filiera italiana dell'automotive serve una varietà di soggetti. Negli ultimi anni, anche a Torino, aziende della fornitura servono i car maker della Germania in maniera importante. Infatti i produttori tedeschi hanno chiesto alla cancelliera Angela Merkel di darsi da fare per tendere una mano al nostro Paese”.
Per accedere alla garanzia statale, Fca ha sospeso il dividendo per quest’anno. Ma la cedola non va distribuita solo nel 2020 o anche, come sostiene qualcuno all’interno della maggioranza e non solo, per tre anni, per tutta la durata cioè del prestito e quindi fino al 2023?
“Sì, il flusso cedolare va riconsiderato. Anche alla luce della crisi drammatica che stiamo vivendo. Al di là delle questioni di opportunità, è inevitabile. Oltretutto, Oltralpe circola la voce che si voglia rivedere l'intero dividendo straordinario post-fusione di 5,5 miliardi di euro”.
Quant'è la probabilità che in Francia i Peugeot e il Governo chiedano di ridiscutere i pesi pre-fusione?
“Molto alta. C’è la pressione dell’esecutivo transalpino”.
Come chiedevano molti attori dell’automotive, il Governo Conte doveva introdurre qualche misura ad hoc per sostenere il settore nell’ultimo decreto?
“Sì, ma non tanto in termini di incentivi alla vendita. Ma con un ragionamento su tutta la filiera che ha legami con tutti i produttori automobilistici europei. Bisogna creare dei meccanismi economici che facilitino le integrazioni di filiera. Un credito analogo per tutta le aziende del comparto per far in modo che il capo-filiera si responsabilizzi nei confronti delle imprese minori, creando una maggiore integrazione a valle. Siamo di fronte a una crisi profonda, di domanda e di offerta. Non serve una boccata di ossigeno solo per oggi, ma misure durature che migliorino le performance delle nostre imprese nel tempo”.
@andreadeugeni