Economia
Fed-Bce, nuovi tagli dei tassi in arrivo? Ecco che cosa aspettarsi dalle prossime riunioni
Prima riunione dell'anno in vista per la banca centrale americana e quella europea. Che cosa aspettarsi in tema di politiche monetarie? L'analisi
Fed-Bce, ecco che cosa aspettarsi dalle prossime riunioni
La decisione della Banca Centrale Europea (BCE) in vista della prossima riunione di domani dovrebbe essere relativamente chiara. Ci si aspetta che l'area Euro continui sul proprio percorso di crescita moderata nei prossimi trimestri, sostenuta da un graduale aumento dei consumi delle famiglie, grazie alla disinflazione e ai tassi d'interesse più bassi che rafforzano il potere d'acquisto. Nell'ipotesi che il contesto economico rimanga debole, la BCE dovrebbe portare i tassi di interesse verso un livello neutro del 2% entro l'estate.
Nelle ultime settimane, i principali indicatori macroeconomici sono migliorati, tuttavia le sorprese negli indici PMI sono legate a un recupero della Francia - da livelli molto bassi - mentre le disparità tra i Paesi nascondono dinamiche divergenti. Ad esempio, la Spagna sta crescendo a un ritmo più veloce degli Stati Uniti e la Germania sta ancora sfiorando la recessione, in particolare nel settore manifatturiero. Inoltre, il numero crescente di governi frammentati o di minoranza nell'area riduce la visibilità sulla spesa fiscale o sulla fiducia del settore privato, e le possibilità di un sistema di finanziamento comune a livello europeo sono estremamente basso.
La traiettoria disinflazionistica si è in qualche modo arrestata dal momento che i salari elevati in Germania e il “recupero” di alcune componenti hanno tenuto alta l'inflazione core a livello locale, tuttavia tali pressioni dovrebbero diminuire con l'avanzare dell'anno.
Si prevede che l'inflazione core convergerà verso la soglia del 2% quest'anno, in linea con l'obiettivo della BCE.
Dunque, secondo le previsioni, la BCE continuerà il proprio percorso di tagli in successione. I tagli consecutivi da 25 punti base in occasione delle prossime due riunioni (30 gennaio e 3 marzo) sembrerebbero ormai decisi.
Le cose si fanno meno chiare a partire da marzo, quando il ritmo del ciclo di taglio dei tassi potrebbe rallentare e spostarsi verso un andamento trimestrale.
Le proiezioni trimestrali dello staff della BCE sul fronte economico e dell'inflazione saranno pubblicate a marzo e forniranno ai membri del Consiglio direttivo maggiori indicazioni sul percorso da seguire.
In effetti, sul fronte dell'inflazione, la combinazione di un aumento dei prezzi del petrolio (+10% in 3 mesi), dei prezzi del gas (+15% in 3 mesi) e di un indebolimento dell'euro (-3% in 3 mesi) potrebbe alimentare le aspettative di un aumento dell'inflazione a breve termine - secondo le nostre stime fino allo 0,50%.
A quel punto, è ipotizzabile una maggiore chiarezza e persino novità positive sul fronte della crescita. Potrebbero arrivare indicazioni più ottimistiche e sorprese positive sul fronte degli utili. I risultati delle elezioni tedesche potrebbero portare a una coalizione più ristretta, con un programma favorevole alle imprese e un approccio più incline all'allentamento dei vincoli fiscali. Inoltre, un presidente degli Stati Uniti meno vendicativo di quanto inizialmente previsto o l'allentamento delle tensioni in Ucraina potrebbero contribuire positivamente.
Inoltre, i livelli record di emissioni di obbligazioni sovrane in Spagna, Italia e persino in Francia sono stati ben accolti dai mercati del reddito fisso, nonostante la stretta quantitativa sia in atto a pieno ritmo.
Tutti i fattori sopra descritti favorirebbero una riduzione più graduale dei tassi di policy, con un approccio trimestrale. Questo aspetto è ancora più cruciale nel momento in cui la BCE si avvicina al suo tasso di policy neutrale: alcuni sostengono che, al 2,5%, i tassi sui depositi presso la banca centrale siano già entrati nella fascia più alta di neutralità, richiedendo un ritmo di allentamento più misurato.
Fed
Sulla carta, la BCE e la Federal Reserve (Fed) statunitense hanno un approccio molto simile, caratterizzato da riduzioni equivalenti dei tassi di policy negli ultimi sei mesi. Tuttavia, contrariamente all'area dell'euro, l'economia statunitense si è dimostrata estremamente resiliente e attualmente la sua crescita è attesa a un solido tasso annualizzato del 2,7%. Le vendite al dettaglio e la produzione industriale sono solide e anche l'edilizia residenziale mostra segni di miglioramento.
Dato l'approccio data-dependent di Powell, è probabile che la Fed mantenga i tassi di policy invariati al 4,50%. Questa pausa, dopo tre tagli consecutivi, consentirà al presidente della Fed e ai suoi membri di valutare meglio l'impatto sull'economia di una politica monetaria ancora restrittiva. Permetterà inoltre alla Reserve Bank di affrontare l'incertezza legata a Trump, inclusa la valutazione dell'impatto dei suoi primi ordini esecutivi, l'applicazione del National Emergencies Act e la possibilità di un “unico grande” disegno di legge in linea con i partiti.
Finché l'economia e il mercato del lavoro statunitensi rimarranno così solidi, la Fed potrà permettersi di essere paziente. Tanto più che l'ultima pubblicazione sull'inflazione è stata piuttosto positiva, il che probabilmente ha rassicurato la Fed sulle pressioni sottostanti sui prezzi. Per non parlare del potenziale impatto deflazionistico dei più recenti sviluppi nell'intelligenza artificiale, legati alla riduzione dei costi di modellazione o al vantaggio dell'open-source che ne incoraggia l'adozione a un prezzo inferiore.
Considerando che i mercati scontano appena due tagli dei tassi d'interesse per l'anno in corso e che il carry è finalmente tornato sui titoli di Stato statunitensi a 2 anni, riteniamo che i tassi d'interesse statunitensi siano più interessanti rispetto ai loro omologhi europei.
*Membro del comitato investimenti di Carmignac