Economia
Fed colomba e dollaro debole. Il 2019 è l'anno dei mercati emergenti
Parla Mark Mobius, il guru degli investimenti nei Paesi in via di sviluppo
“I titoli del settore Internet sono sopravvalutati, e nei prossimi cinque anni subiranno un ribasso permanente” fu una dichiarazione perentoria quella che Mark Mobius fece in collegamento via satellite dalla Svizzera in una mattina di marzo. E non era quello un Marzo qualunque, perché era quello dell’anno 2000, una dichiarazione seguita da motivazioni altrettanto severe “la maggior parte delle società del settore non riusciranno mai a fare utili perché non poggiano su basi sicure”. Se non fu quello uno dei motivi che fece scoppiare una delle più grandi bolle della storia dei mercati finanziari, fu sicuramente il segnale che diede il via alla fuga di molti investitori dal settore tecnologico, che successivamente con il crollo del Nasdaq contribuì a frantumare i sogni di gloria e ricchezza di milioni di piccoli risparmiatori. Questo perché Mark Mobius non è un investitore qualunque, ma un vero e proprio guru che fa sempre tendenza.
Precedentemente a capo della divisione Templeton Emerging Markets Group (fu assunto nel 1987 in occasione del lancio del primo fondo dedicato ai Mercati Emergenti), per esperienza e conoscenze è forse il più grande esperto di Emerging Market in circolazione, attualmente co-fondatore e partner di Mobius Capital Partners. Un’abilità che mise in mostra anche in quel Marzo 2000, quando, dopo aver bocciato i titoli internet, aggiunse che tra i settori da lui preferiti, c’erano le telecomunicazioni, ed in particolare Telecom Argentina, Telespy, Telnex e Hong Kong Telekom. Tutte società dei paesi che fanno parte della regione geografica denominata “Paesi Emergenti”. Ma chi sono questi Paesi Emergenti?
Non esiste una definizione precisa e istituzionale, nel 1989 ci provò la Banca Mondiale a dare una spiegazione, indicando i Paesi Emergenti come tutti quei paesi il cui prodotto interno lordo pro capite non sia superiore a 13 mila dollari. Una descrizione troppo generica e scarna. Preferibile quella usata dai media tradizionali, che individua una tipologia di paesi la cui economia non è ancora pienamente sviluppata, dotati però di un elevato potenziale di crescita, a fronte di investimenti il cui rischio è molto elevato. In parole ancor più semplici, Paesi “ricchi” e autonomi dal punto di vista economico, ma in ritardo dal punto di vista organizzativo e struttura produttiva, fattori che li differenziano dai quelli già sviluppati. Di questa categoria fanno parte paesi come: Cina, Singapore, Taiwan, Corea del Sud, Turchia, Russia, Messico, Egitto, Indonesia, Malesia, Brasile, Filippine, Vietnam, anche se alcuni ormai hanno raggiunto per così dire la maggiore età economica, tanto che la definizione “emergente” un po’ stride, sarebbe più adeguato definirli “paesi già emersi”.
La categoria, nella storia e nel ciclo dei mercati finanziari, vive sempre stagioni alterne, con cambiamenti di segno spesso bruschi e violenti, dovuti alla loro giovane età economica che ne determina grande vivacità sia in senso positivo che negativo. Proprio per questo, come viene enunciato nella descrizione, sono mercati che regalano grandi opportunità, ma che al tempo stesso contengono molti insidie e rischi. Da maneggiare con cautela, per questo è molto importante conoscere il tempo giusto per entrare e soprattutto quello di uscita. E dopo un anno, quello del 2018, molto negativo, il 2019, secondo l’opinione di molti conoscitori del mercato, sembra essere quello giusto per ritornare a investire nel settore.
(Segue...)