Economia
Fed colomba e dollaro debole. Il 2019 è l'anno dei mercati emergenti
Buddy Fox
Parla Mark Mobius, il guru degli investimenti nei Paesi in via di sviluppo
Secondo Keith Wade (Chief Economist and Strategist di Schroders) tra i 3 temi chiave del 2019, segnala proprio il “riscatto degli emergenti”. Dopo un 2018 penalizzato dalla stretta sulla liquidità e da rischi politici, ora con una politica monetaria americana meno restrittiva (dopo i 4 aumenti del 2018, per il 2019 se ne prevedono al massimo 2), quest’area sta ritrovando attrattività. I ribassi significativi di bond e azioni subiti nell’anno precedente, dovrebbero aver scontato lo scenario peggiore, osserva l’analista, che aggiunge, tuttavia sarebbe auspicabile un nuovo intervento di stimolo da parte delle autorità cinesi per scongiurare i timori di un collasso del commercio globale come nel 2007/2008.
Qualsiasi sia la parte del mondo, i desideri sono sempre gli stessi: stimoli fiscali, una politica monetaria espansiva, tutto per evitare il ripetersi dell’incubo del 2008. Per Stephan Manier (Chief Investiment Officer di Banque Lombard Odier & Cie) tra i 10 temi che dovrebbero caratterizzare i mercati finanziari nel 2019, segnala i Mercati Emergenti che dopo le severe correzioni subite, grazie a saldi di bilancio sostanzialmente sani, adeguate riserve in valuta estera e di cicli economici ancora giovani, con l’aggiunta dello stimolo fiscale cinese, dovrebbero sostenere la fiducia degli investitori per il futuro. La Cina come perno dell’economia, non solo Emergente, ma mondiale.
Secondo Andrew Milligan (Head of Global Strategy di Aberdeen Standard Investiments) siamo ora in un contesto di rischio che creerà molte opportunità, ma in presenza di elevata volatilità. E fra i 5 fattori che influenzeranno gli investimenti nel 2019, indica la Cina come centro di gravità su cui pone una riflessione esistenziale: mentre la Cina estende la propria influenza sull’economia e sui mercati globali, le due domande chiave per quest’anno sono come evolverà la sua relazione con gli Stati Uniti e quale sarà l’entità dello stimolo politico a sostegno della propria crescita? Se gli Stati Uniti dovessero adottare un approccio molto più rigido verso la Cina, questo avrebbe un impatto non solo per il commercio, ma anche per il trasferimento di tecnologie, per lo spionaggio industriale e sull’influenza della Cina sui vicini asiatici attraverso l’iniziativa “One Belt One Road” e persino l’equilibrio del potere nel Pacifico.
Quello che si deduce da queste e dalle numerose previsioni degli analisti, è che dal punto di vista economico e politico, la Cina, sia nel duello per il tema dazi con gli Stati Uniti, che per l’importanza economica di potenza mondiale, non solo è la porta principale del continente asiatico, ma anche quella dell’area geografica dei paesi emergenti, da cui dipenderà il destino e la prosperità delle economie periferiche. Se la Cina vince, vincono tutti, altrimenti sarà sconfitta totale.
L’altro minimo comune denominatore, che determinerà la positività o meno dei Paesi Emergenti, sarà la politica monetaria americana e di conseguenza, l’andamento del Dollaro. Questo perché la gran parte dei Paesi Emergenti ha il debito, e le sue obbligazioni (sia di stato che le corporate) emesse in valuta statunitense. In pratica questi paesi sono indebitati in dollaro, e dall’andamento del dollaro dipendono i destini dei loro bilanci. Se il dollaro ritorna forte, come è stato nel 2018 e come sembrava essere in prospettiva, vista il programma di politica restrittiva della Fed (4 rialzi dei tassi nel 2018), i paesi torneranno a soffrire la crisi, se invece come sembra il dollaro ritornerà ad essere più morbido (per quest’anno forse non ci sarà nessun rialzo dei tassi) i paesi, con un debito più rilassato, potranno concentrarsi sull’espansione.
E probabilmente anche per questo motivo che Mark Mobius, con lo stesso impeto avuto 19 anni fa “contro” le società internet, oggi torna a scommettere sui Paesi Emergenti, settore che lui conosce perfettamente. “Ora è il momento di acquistare mercati emergenti” ha detto il guru, aggiungendo “vedo grandi opportunità, in particolare mi piace la Turchia”. Paese che nel 2018 aveva molto sofferto, per i soliti capricci del suo Sultano e soprattutto per il “ricatto” americano che attraverso l’utilizzo del dollaro, aveva messo in sofferenza l’economia di quel paese “amico”.
(Segue...)