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Economia
Fed pronta al terzo rialzo. Finanziari in Borsa. Occhio ai bond.Come investire

A pochi giorni dalla riunione del Federal Open Market Committee (Fomc) al termine del quale, giovedì, la Federal Reserve americana dovrebbe annunciare il rialzo di uno 0,25% del range dei tassi sui Fed Funds, dall’attuale 0,5%-0,75% a 0,75%-1%, il mercato indica una probabilità implicita dell’88,6% che l’evento si realizzi e solo dell’11,4% che i tassi restino sui livelli attuali. Se dunque non vi sarà quasi nessuna sorpresa dall’annuncio, cosa si deve aspettare un investitore?

La Federal Reserve è ormai incamminata verso un graduale rialzo dei tassi d’interesse ufficiali sul dollaro, col solo dubbio sulla tempistica di tale rialzo: nel corso di quest’anno ci saranno due, tre o anche quattro rialzi da un quarto di punto? Molto dipenderà dall’andamento della crescita economica a stelle e strisce, apparsa dagli ultimi dati macroeconomici diffusi la settimana scorsa particolarmente in salute. Se il mercato del lavoro e l’inflazione continueranno a rafforzarsi, Janet Yellen, una delle poche “obamiane” di stretta osservanza rimasta ai vertici di un’istituzione federale, non avrà alcuna remora a rialzare 3 o anche 4 volte i tassi, se viceversa la crescita dovesse mostrare qualche incertezza dopo la riaccelerazione seguita all’elezione di Donald Trump, la Fed, pragmaticamente, potrà allungare i tempi della “normalizzazione”.

Il rialzo dei tassi Usa non dovrebbe influire più di tanto sulla politica monetaria della Bce, anche se il recente miglioramento dei dati economici dell’Eurozona è difficile da ignorare secondo gli esperti di State Street secondo i quali, tuttavia, l’incertezza politica in Europa e l’inflazione “core” (ossia al netto delle componenti più volatili come alimentari e prodotti petroliferi, ndr) ancora bassa continueranno ad alimentare un atteggiamento cauto “per diversi mesi”, mentre la seconda metà dell’anno “potrebbe diventare più interessante se continueranno le recenti tendenze dei dati economici”.

Con tassi in rialzo sul dollaro e stabili ma con un miglioramento del quadro macro anche in Europa, per i mercati obbligazionari un progressivo calo dei prezzi e un rialzo dei rendimenti di mercato appare difficilmente evitabile, dopo otto anni di tassi in calo. Il “toro” è rientrato nella stalla e salvo qualche rimbalzo dovuto a dati macro meno forti delle previsioni, sarà difficile fare soldi con i bond, specie nel caso degli strumenti a più lunga scadenza. In compenso chi punterà sull’azionario ed in particolare sul comparto finanziario, dovrebbe giovarsi di uno scenario in progressivo miglioramento per quanto riguarda gli utili attesi, dato che tassi più alti significano per le banche un margine d’interesse tendenzialmente più robusto.

Ovviamente per lo stesso motivo non sarà il caso di puntare sui titoli cosiddetti “interest rate sensitive” come i cementiferi, piuttosto che i petroliferi e i minerari. Nel caso delle materie prime, infatti, un rafforzamento del dollaro gioca tendenzialmente contro un rialzo delle quotazioni, anche se gruppi particolarmente esposti al mercato americano potrebbero comunque trarre beneficio dalla ripresa prevista degli investimenti in infrastrutture e dal rafforzamento della crescita. La cosa vale a maggior ragione per gruppi che vendono negli Usa prodotti di consumo o di lusso, mentre sui mercati emergenti rischia di riemergere il problema dei debiti, visto che un rialzo dei tassi può rendere nuovamente difficile ad alcuni paesi rispettare le scadenze.

(Segue...)

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