Tasse, l'Imu solo per i più ricchi? Anche l'Ue cede al populismo
Padoan nicchia: non è una buona idea. Ecco perché la raccomandazione di Bruxelles non funzionerebbe
Troppi tecnicismi, forse, persino per dei tecnici come si presume dovrebbero essere i membri della Commissione Ue, che invece sembrano aver ceduto a un eccesso di voglia di soluzioni molto semplici e “pop” da propinare al governo italiano. Il governo di Roma, dal canto suo, sconta un immobilismo di 40 anni in materia catastale che certo non giova. L’idea alla base della riforma rimasta per ora “nel cassetto” era in effetti quella di far pagare di più a chi ha case di pregio in centro e di meno ai proprietari di nuove abitazioni, o in zone periferiche. Il tutto, però, subordinato alla precondizione di avere una “invarianza di gettito” che da alcune simulazioni indipendenti come quelle compiute dall’Agefis non sembrava garantita.
Il cuore del problema, che né Bruxelles né Roma per ora sembrano in grado di affrontare, è riuscire a introdurre un Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) realmente in grado di rendere progressiva la tassazione, ovviamente intendendosi su cosa significhi avere un “alto reddito”. Nel suo ultimo rapporto annuale, da poco pubblicato, l’Istat inserisce nell’area dei benestanti, oltre alla “classe dirigente” (1,8 milioni di famiglie, ossia 4,6 milioni di persone) anche le “famiglie di impiegati” (4,6 milioni di persone, 12,2 milioni di persone) e quelle delle “pensioni d’argento” (2,4 milioni, 5,2 milioni di persone).
Applicare una Imu “pesante” a circa l’8% dei residenti in Italia rischierebbe di essere una misura molto “pop” ma di produrre poco gettito, estenderne l’applicazione alle famiglie di impiegati e pensionati potrebbe significare una stangata generalizzata, in mezzo dovrebbe trovarsi un punto d’equilibrio che consenta all’Italia di rendere il proprio fisco più efficiente e meno sperequato e a Bruxelles di essere finalmente soddisfatta: si riuscirà a trovarlo?
Luca Spoldi