Economia
Fisco, pensioni e lavoro: la partita tra sindacati e Draghi dopo lo sciopero
Lasciato alle spalle lo sciopero generale del 16 dicembre le sigle sindacali si preparano al tavolo del 20 dicembre tra nuovi imbarazzi e vecchie richieste
Sciopero generale del 16 dicembre e il nuovo tavolo di confronto con il governo
Mentre va in scena il solito balletto di cifre sullo sciopero del 16 dicembre indetto da Cgil e Uil a Piazza del Popolo a Roma: per le sigle in piazza, secondo i primi dati raccolti dalle confederazioni, un successo strepitoso con un'adesione media che ha toccato la soglia dell'85% in molte realtà e settori, un flop annunciato per Confindustria che ha registrato partecipazioni al di sotto del 5%, è tempo di bilanci e considerazioni. Che non riguardano prettamente i numeri, quanto l'agenda che spetta alla Triplice: da qui alla chiusura dell'anno il calendario si fa fitto di appuntamenti con Mise e governo.
Ma prima di entrare nei meriti della partita, dei nodi sindacali e politici presenti sul tavolo, toccherà fare i conti con il lato umano. La storica alleanza tra la Cgil di Maurizio Landini, la Uil di Pierpaolo Bombardieri e la Cisl di Luigi Sbarra, dopo tanto tempo, in occasione del 16 dicembre, si è in parte rotta. Nonostante la presa di distanza di tutti e tre fronti su un possibile divorzio sindacale in atto (ne abbiamo scritto qui), la Cisl di Luigi Sbarra non è scesa in piazza con Cgil e Uil e questo è un dato di fatto.
“Pur apprezzando lo sforzo e l’impegno del premier Draghi e del suo esecutivo, la manovra è insoddisfacente, in particolare sul fronte del fisco, delle pensioni, della scuola, delle politiche industriali e del contrasto alle delocalizzazioni, del contrasto alla precarietà del lavoro soprattutto dei giovani e delle donne, della non autosufficienza”, lamentavano Cgil e Uil.
Mentre per la Cisl di Luigi Sbarra la trattativa in corso sul fisco con l'esecutivo Draghi non era poi così male, considerato che “l’85% degli sgravi verrà destinato alle fasce di reddito sotto i 50mila euro per lavoratori dipendenti e pensionati. Di questi, quasi il 50% riguarderanno i redditi fino a 28mila euro. L’intervento delle aliquote sommato agli 1,5 miliardi per il taglio una tantum dello 0,8% dei contributi ai redditi fino a 35mila euro produce risultati maggiori del taglio del cuneo fiscale del governo Conte 2 che fu salutato positivamente da tutti i sindacati”.
Insomma, la ferita non si può dire ancora arginata o chiusa. Riallacciare i rapporti umani sarà il prossimo passo da compiere, oltre che tentare un dialogo su questioni già conflittuali.
(Segue il dialogo tra partiti e sindacati...)