Economia
Flat tax, istruzioni per l'uso: che cos'è, come funziona, quanto renderebbe
La Lega la vuole al 15%, Forza Italia al 23%, Fratelli d'Italia solo incrementale: ecco quanto costa la "tassa piatta"
Flat Tax: che cos'è, come funziona, quali Paesi la applicano
È sicuramente uno degli argomenti forti della campagna elettorale perché ha a che fare con un tema molto caro agli italiani e cioè quello del fisco, da tutti ormai considerato troppo invadente con le sue centinaia di tasse ed imposte varie, che, oltre che aumentare il carico fiscale per cittadini ed imprese, determinano anche un ulteriore aggravio per la eccessiva burocrazia necessaria per adempiere agli obblighi fiscali. Per cercare di porre rimedio la Lega da sempre propone come panacea la flat tax, o tassa piatta, che è una misura fiscale che, contrapponendosi ad un sistema di tassazione progressivo Irpef con aliquote a scaglioni, prevede un'imposizione fiscale comune ( appunto piatta o fissa) per tutti coloro che si trovano sotto una determinata fascia di reddito stabilita dalla legge. Attualmente in Italia non è applicata a pieno regime, ma dal 2016, anno di introduzione del regime forfettario, modificato ed ampliato con le Leggi di Bilancio del 2019 e del 2020, una forma di flat tax esiste già ed è riservata alle partita Iva, con aliquota al 15% per i redditi fino a 65mila euro. Prima che cadesse il governo Conte 1, la Lega aveva proposto di allargare la platea della flat tax alle partita Iva con reddito fino a 100.000 euro, alzando l’aliquota al 20%. Con le elezioni alle porte il tema della flat tax è tornato prepotentemente in auge, diventando uno dei punti cardine del programma economico del centrodestra, con alcuni importanti distinguo tra le proposte dei tre partiti che compongono la coalizione.
La Lega sarebbe per un flat tax al 15% da estendere gradualmente anche ai dipendenti sotto una certa soglia di reddito. Forza Italia sarebbe invece per alzare l'aliquota al 23%, definito dallo stesso Berlusconi come uno dei punti fondamentali del programma del partito nei primi cento giorni di governo. Infine c’è la posizione più moderata di Fratelli d’Italia, che sarebbe per una flat tax incrementale ossia sulla quota di maggiore guadagno registrato rispetto all’anno fiscale precedente. Secondo il centrodestra questa forma di tassazione avrebbe benefici sull’economia e permetterebbe allo stesso tempo maggiori entrate per lo Stato ed una minore evasione fiscale. I detrattori di questa misura invece si appellano all’art.53 della Costituzione che prevede che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” in maniera progressiva, convinti che questa tassazione andrebbe contro la progressività dell’imposizione fiscale e sarebbe un vantaggio per le persone più abbienti.
Il discorso però è assai più complesso di quelle che appaiono solo come pure schermaglie da campagna elettorale, e va analizzato cercando di essere il più obiettivi possibili, senza far prevalere interessi di parte. La prima cosa che occorre dire e su cui sicuramente la flat tax avrebbe certamente effetti positivi, è quella che il sistema fiscale italiano, come ormai riconosciuto sia da sinistra che da destra, è pletorico e troppo complicato. Anche il Presidente della Repubblica ci ha recentemente ricordato l’importanza di una riforma fiscale “per rendere il nostro sistema più semplice ed efficiente”. E con lui il Fondo Monetario Internazionale. Il prestigioso Istituti Bruno Leoni di recente ha realizzato un approfondito studio, secondo il quale una flat tax al 25% renderebbe il fisco più semplice ed equo. In questo quadro complessivo il progetto colloca la nuova disciplina dell’Irpef, “trasformata in una imposta sul reddito su base familiare (che si tratti di un matrimonio o di un’unione civile), con un’unica aliquota – pari al 25%, come si è detto – ed una deduzione base di ammontare pari ad euro 7.000 annui nel caso di nuclei familiari composti da un solo adulto (opportunamente incrementati attraverso l’uso di una scala di equivalenza nel caso di nuclei familiari di dimensioni superiori o con diverse caratteristiche)” scrivono gli esperti dell'Istituto Leoni.
La flat tax, secondo lo studio del centro economico Leoni, favorirebbe quella semplificazione fiscale ormai non più rimandabile, rendendo anche la tassazione più equa e sostenibile per imprese e famiglie. A smontare la tesi che la flat tax non rispetterebbe la mancata progressività del carico fiscale, secondo il centrodestra, ma anche secondo molti economisti, primo tra tutti Arthur Laffer - uno dei massimi teorici insieme agli economisti Alvin Rabushka e Robert Hall, di questa legge, consulente economico di Ronald Reagan negli anni 80 - ci sarebbe un’ampia politica di deduzioni, da applicare quelle si progressive, modulate a scaglioni di reddito ( fino ad arrivare a zero per i redditi più alti) proprio per ristabilire quel principio di equità garantito dalla costituzione. Ma come sostiene poi l’economista Nicola Rossi, certo non un esponente vicino al centro destra ( è stato eletto nel 2001 alla Camera nelle file del centrosinistra ), nel nostro attuale sistema fiscale la progressività fiscale varrebbe solo per alcuni di dipendenti o pensionati ma non per tutti. “Parliamo di progressività. Oggi è un concetto che vale solo per i dipendenti e i pensionati che guadagnano tra i 10 e 40 mila euro, a occhio - ha detto -. Il resto del sistema fiscale non è progressivo. Lei ha un casa o 100 appartamenti in affitto, ma pagherà sempre il 21% di cedolare secca. Lei può avere 100mila o 100 milioni investiti Btp e paga sempre il 12,5%. È ridicolo. Le uniche imposte progressive, in Italia, sono quelle per il lavoro. Ci sono 30 mila contribuenti con aliquota massima. Mentre tutto il resto - ciò che genera ricchezza vera - viene tassato con aliquote fisse.”
Sempre secondo Laffer che ha rilasciato un'intervista al quotidiano la Repubblica nei giorni scorsi, il nostro sarebbe il paese ideale, nel quale adottare un sistema fiscale che poggia sulla flat tax, proprio per la soverchia complessità dello stesso, riducendo oltretutto l’evasione fiscale. “Mi permetta di farle l’esempio che conosco meglio: negli otto anni di Reagan, dall’81 all’89, le entrate fiscali sono raddoppiate da 517 a 1.032 miliardi, l’inflazione è scesa dall’11,8 al 4,7, il reddito pro capite è cresciuto del 16,8%. E questo malgrado la riforma fiscale che le dicevo, o forse per merito anche di essa?”. ha detto Laffer a Repubblica. Certo altri periodi storici e un'altra economia quella a stelle e strisce, ma lo stimolo fiscale da sempre è una leva che può essere utilizzata come stimolo per l'economia. Lo dimostra l’importo, circa 3.000 miliardi di euro, che USA, UE, Cina, Giappone e altri Paesi emergenti hanno complessivamente stanziato, nel prossimo triennio, per alimentare una complessa rete di incentivi, agevolazioni, crediti d’imposta ad hoc e misure fiscali di favore, orientate ad accelerare il processo di resilienza delle aziende. Si capovolge il rapporto fisco-impresa: il fisco diventa motore della resilienza, una nuova forma di tassazione incentivante, indirizzata a migliorare programmi di ristrutturazione, di sviluppo e di ripresa imprenditoriale. In quest’ottica la strategia aziendale necessita un ripensamento generale. Chissà allora se anche la flat tax, se ben modulata ed introdotta gradualmente (per non impattare eccessivamente sui conti pubblici), potrebbe diventare un utile strumento, non solo per semplificare la pletora di leggi fiscali in Italia, ma anche come leva per stimolare un'economia che rischia di tornare in autunno in recessione.