Economia

Generali, Caltagirone si fa la sua lista? La decisione a breve: ecco i primi nomi

Dopo l’annuncio del cda di non voler fare una lista comune, preludendo a un pool di nomi proposto da Mediobanca, le mosse dell’ingegnere

di Marco Scotti

Generali, la decisione a breve: ecco i primi nomi

Mancano meno di 100 giorni all’assemblea di Generali che dovrà nominare il nuovo consiglio di amministrazione. E la tensione continua a salire, anche perché bisogna capire che cosa vorranno fare i soci “dissidenti”, cioè Francesco Gaetano Caltagirone e la Delfin guidata da Francesco Milleri.

A quanto risulta ad Affaritaliani.it, il costruttore romano sta ancora decidendo il da farsi: nelle prossime settimane scioglierà le riserve se fare – o meno – una sua lista in vista del rinnovo del board che sarà però espressione della volontà dell’editore del Messaggero e non congiunta con Delfin. Un dettaglio significativo, perché tre anni fa l’ingegnere schierò i suoi nomi (Luciano Cirinà candidato amministratore delegato, Claudio Costamagna presidente) insieme a un piano industriale con un nome evocativo: Awakening the Lion, risvegliare il Leone ma non ottenne i voti necessari.

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Questa volta potrebbe cambiare qualcosa? È la speranza di Caltagirone, che continua a ricordare a tutti che lui una lista del cda l’avrebbe fatta volentieri, a patto che non fosse l’ennesimo ritorno di Philippe Donnet, insieme al presidente Andrea Sironi, fortemente voluto da Mediobanca. Il manager francese ha detto di essere pronto per il “quinto set”, un quinto mandato che farebbe di lui una sorta di sovrano a Trieste, con un regno iniziato nel 2013, dopo l’esperienza turbolenta – per usare un eufemismo – del duo Sergio Balbinot-Giovanni Perissinotto e soprattutto con la presidenza durata un anno di Cesare Geronzi.

Tornando all’oggi, dunque, bisogna capire che cosa farà Caltagirone visto che la scorsa settimana il cda ha annunciato che non proporrà una sua lista. E quindi, a fare i nomi (con in testa appunto Donnet e Sironi) sarà Mediobanca, con grande malcontento dell’ingegnere e di Delfin che pure detengono una quota rilevante di Piazzetta Cuccia ma che non sentono rispettato il loro ruolo di primi azionisti dell’istituto di credito.

Tra l’altro, in questi giorni non si esclude che il duo possa rastrellare altre azioni del Leone, arrivando a sfondare quota 20% del capitale. Ma il tema ricorrente rimane la governance. A Donnet viene imputato uno scarso coraggio in tema di M&A, perché il tema capitalizzazione – un tempo assai scarsa – oggi non c’è più: il titolo è ai massimi dal 2007 e il nuovo piano industriale sembra aver convinto gli investitori. Allora la domanda rimane: posto che per Caltagirone e Milleri Donnet non va più bene, chi potrebbe essere il protagonista di un’ipotetica lista presentata dall’ingegnere?

Il nome che continua a girare è quello di Matteo Del Fante. Fonti vicine al dossier confermano l’apprezzamento del costruttore romano per l’amministratore delegato di Poste, ma qualcun altro fa notare che il momento dell’azienda partecipata è particolare: c’è da vendere una quota importante, c’è da portare avanti un progetto di crescita che ha convinto il mercato.

Certo, il sostituto di Del Fante dentro Poste ci sarebbe già: il potentissimo direttore generale Giuseppe Lasco che già lo scorso anno ha sperato fino all’ultimo momento di poter essere nominato dal governo a capo del gruppo. Non è successo perché si è preferito andare avanti con Del Fante proprio in vista di quanto si dovrà fare nei prossimi mesi. E dunque, se è vero che è molto apprezzato, lo è altrettanto che sta ancora sfogliando la margherita.

Negli ultimi tempi è girato molto il nome di Cristina Scocchia, amministratrice delegata di Illy. Non per il ruolo di ceo di Generali (non dovrebbe avere i requisiti necessari), ma come possibile nome all’interno del board. La Scocchia è una manager con un track-record di grande solidità, ha sostanzialmente salvato dal fallimento la Kiko di Percassi e oggi guida Illy a risultati commendevoli nonostante la più grande crescita del prezzo del caffè degli ultimi decenni.

Dicono i bene informati che sia molto legata a Milleri, che l’ha voluta nel cda di Luxottica: basta questo rapporto per essere considerata da Caltagirone, qualora dovesse stilare la sua lista? Difficile a dirsi, anche perché – come detto – sarà l’ingegnere, senza altri contributi, a realizzare l’elenco. 

Che la tensione stia salendo lo si capisce anche dal velenosissimo articolo uscito ieri sull’Economist, il settimanale della Exor di John Elkann che, senza mezzi termini, ha usato parole al fulmicotone contro l’intreccio sempre più stretto tra governo, Caltagirone/Delfin e finanza, con le partite Mediobanca, Generali, Anima, Mps e BancoBpm che si continuano a rincorrere in un’euforia da risiko che probabilmente non ha precedenti nella storia italiana se si esclude forse la campagna di fusioni a cavallo tra fine anni ’90 e inizio 2000 che portò alla creazione di Unicredit da una parte e Intesa Sanpaolo dall’altra. Staremo a vedere.