Economia
Generali-Mediobanca-Uci, Giacomoni ad Affari: "Proroga Golden Power urgente"
Il presidente della Commissione di vigilanza su Cdp lancia l'allarme per gli appetiti stranieri sui nostri asset e spiega come creare un Fondo Sovrano Italiano
"Non è tanto il fatto che il nostro debito pubblico finisca in mano ai francesi o ad altri paesi europei: non hanno nessun interesse a farci fallire, anzi. Il problema è che continuiamo a indebitarci distribuendo le risorse in modo disordinato e improduttivo". L’onorevole Sestino Giacomoni è un deputato di Forza Italia e presidente della Commissione parlamentare di vigilanza su Cdp e componente del coordinamento di presidenza del partito fondato da Silvio Berlusconi.
Il parlamentare è stato anche firmatario di un emendamento al decreto Rilancio, approvato dal Senato lo scorso giugno, per l’istituzione di un Fondo sovrano italiano per investire la ricchezza degli italiani per la rinascita del Paese. Così come fanno altre nazioni, la Norvegia in primis, ma anche diversi Paesi del Golfo arabo. Tradotto in cifre, stiamo parlando di 4.446 miliardi di euro, ovvero la ricchezza complessiva degli italiani, pari al 270% del Pil. Naturalmente l’intenzione non è quella di investire l’intero ammontare nel Fondo di fondi, ma – partendo dall’assunto che circa il 30% di questa somma è fermo nei conti correnti - la proposta sarebbe quella di convogliare una parte di questa ricchezza verso un fondo sovrano. E una recente indagine Aipb/Censis rileva che il 35,3% dei risparmiatori sarebbe disposto ad investirla in infrastrutture preziose per il Paese.
C’è di più: sempre Giacomoni, insieme ad altri 80 parlamentari del Centrodestra, nelle scorse settimane ha lanciato l’allarme: il Tesoro deve vigilare di più e meglio sui “campioni” della nostra economia. Nomi come Mediobanca, Generali, Unicredit, Mps – che oltretutto detengono una quota significativa del nostro debito pubblico – potrebbero finire nelle mire di soggetti stranieri. E questo sarebbe un problema per l’indirizzo strategico del Paese.
Giacomoni, non bastano i sistemi di Golden Power già messi in campo e "riscattabili" in determinati momenti e per determinati settori?
"Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha definito apprezzabili, ma insufficienti le nuove norme previste dal decreto liquidità sul Golden Power. È opportuno potenziare il monitoraggio permanente delle attività finalizzate all’acquisto e al controllo di società creditizie e assicurative italiane da parte di soggetti esteri. Per questo è necessario prorogare subito l’esercizio dei poteri speciali da parte della Presidenza del Consiglio".
Ma non c’era stata la proroga?
"Sì, in un modo un po’ strano: non con il consueto Milleproroghe ma nel Dl Ristori. Il nuovo termine è stato fissato al 30 giugno di quest’anno ma mi sembra troppo poco. Serve arrivare almeno fino al 31 dicembre. Altrimenti, istituti francesi, tedeschi e di altri Paesi UE potrebbero acquisire partecipazioni rilevanti nell’ambito delle nostre istituzioni economiche e bancarie senza la protezione della normativa sul Golden Power. Al tempo stesso, però, occorre evitare che il sempre più frequente intervento di Cassa Depositi e Prestiti in settori strategici per il Paese, congiunto con l’utilizzo del Golden power, faccia correre il rischio di un eccessivo dirigismo o peggio di un tentativo surrettizio di statalizzazione della nostra economia".
Perché la Francia è così prodiga di "shopping" in altri Paesi ma alza barricate quando si tratta delle aziende di casa sua (da Stx a Renault passando per Carrefour)?
"La potenza di fuoco di un Paese è la patrimonializzazione delle sue imprese. La Borsa francese capitalizza 2.400 miliardi di euro, la borsa italiana 620 miliardi, anche per questo abbiamo assistito ad una crescente attività di acquisizioni di aziende italiane da oltralpe. In tempi non sospetti abbiamo presentato, come Centrodestra, una mozione unitaria su Borsa Italiana Spa, mettendo in guardia dai pericoli della minaccia francese e delle interferenze nel tessuto industriale e finanziario italiano, in un contesto reso ancora più complicato dal fatto che le mire francesi guardano ad aziende chiave per interi comparti o detentrici di fette consistenti del debito nazionale. I francesi sono particolarmente abili ad effettuare scalate e, per lo stesso motivo, altrettanto abili ad alzare barricate quando sono loro a gestire ingressi di altri Paesi. Per questo, secondo me, ancor prima di difendere le nostre imprese, dovremmo imparare a trasformarle da prede a predatrici".
Ci spieghi meglio...
"Dovremmo creare le condizioni per aumentare il loro patrimonio, la loro capitalizzazione, per metterle nelle condizioni di espandersi a loro volta all'estero. In Italia manca, da troppo tempo, un progetto di politica economica e industriale all’altezza delle sfide del Paese. Non dobbiamo più ragionare in un'ottica difensiva, ma dobbiamo metterci nelle condizioni di crescere. Queste condizioni possono essere oggi create grazie al Recovery Fund, ma per farlo occorre un Governo serio, credibile ed autorevole, rappresentativo della maggioranza degli italiani e quindi in grado di difendere i loro interessi".
La quota di debito pubblico detenuto dalla Francia è il 21% (in modo diretto e indiretto): ma a livello europeo si può pensare di mettere un tetto?
"Non credo che quella di mettere un tetto a livello europeo sia una buona idea, anche perché il fatto che altri Paesi detengano quote importanti del nostro debito pubblico è una sorta di “polizza vita” per il nostro Paese, perché ovviamente non hanno alcun interesse a farci fallire, anzi! Il problema non è chi detiene il nostro debito pubblico, il problema è che continuiamo ad indebitarci in modo incontrollato per erogare bonus ed incentivi a pioggia, senza una visione, distribuendo le risorse in modo disordinato e improduttivo. In questo momento storico tutti i paesi sono costretti a ricorrere all’indebitamento, potremmo dire 'Mal comune, mezzo gaudio', ma in realtà il punto è: abbiamo questo debito, che ne facciamo e come vogliamo trattarlo? L’unica risposta possibile è la crescita della nostra economia da realizzare anche grazie al Recovery Plan. Solo tornando a crescere si può riequilibrare il rapporto tra debito pubblico e Pil, riducendo così l’indebitamento".
Mediobanca, Generali, Mps, la stessa Unicredit: se la maggioranza dovesse finire in mani francesi che rischi si correrebbero?
"Il rischio concreto è che si determinino strategie e azioni che non corrispondano alle esigenze economiche nazionali del nostro Paese. Il sistema finanziario nazionale rappresenta un settore strategico, così come l'industria del risparmio gestito. È arrivato il momento di fare sistema, di creare un meccanismo in grado di rendere efficace, efficiente e produttiva la circolazione delle risorse finanziarie nel nostro Paese per rafforzare la capitalizzazione delle nostre imprese e renderle così più resilienti".
L'idea del Fondo di Fondi (o Fondo Sovrano) sarebbe percorribile a livello europeo? E quali obiettivi si potrebbe porre? Quali aziende devono essere "protette"?
"Le imprese italiane non si difendono per decreto o con la Golden Power, ma creando le condizioni per la loro crescita e il loro sviluppo. Le pmi in particolare vanno sostenute attraverso strumenti come i Piani individuali di risparmio e i Pir alternativi, ossia prevedendo agevolazioni fiscali per chi indirizza i propri risparmi verso l’economia reale, sostenendo così la patrimonializzazione delle nostre aziende. Nell’ambito di questi interventi Forza Italia sostiene da tempo l’istituzione di un Fondo Sovrano italiano o Fondo dei Fondi, in cui possano confluire oltre alle risorse pubbliche, previste per Patrimonio Destinato, anche i risparmi privati e parte delle risorse del Recovery Fund. Sembra che anche il Governo abbia finalmente compreso l’importanza di questo strumento, tanto è vero che ha ripreso in parte la nostra proposta, inserendo l’istituzione di un Fondo dei Fondi nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza trasmesso recentemente in Parlamento, a dimostrazione del fatto che l’idea è percorribile anche a livello europeo. Gli italiani, investendo volontariamente parte dei loro risparmi nel Fondo Sovrano o Fondo dei Fondi, diventeranno azionisti del loro futuro. Mettendo a frutto i propri risparmi sosterranno il nostro sistema produttivo, trasformando le imprese italiane da prede a predatrici".