Economia
Glifosato/ Negli USA fa male in UE no: possibile? I dati e quanto ne assumiamo
Negli USA cause milionarie contro il diserbante, in Europa è tutto in regola. In Italia quanto ne assumiamo a persona? E cosa dicono gli studi sulle malattie?
Glifosato, i dati italiani delle acque e perchè l'Europa continua ad usarlo
Quanto diserbante glifosato abbiamo assunto tramite alimenti e ambiente? Perché negli USA si sono scatenati contro l’erbicida contenziosi legali, da milioni di dollari, mentre in Europa e in Italia è tutto tranquillo? Negli Stati Uniti si ripetono le cause milionarie contro gli effetti del glifosate (o glifosato), l’erbicida Monsanto più diffuso in agricoltura e al mondo, nato nel 1974 e diventato nel 2018 a controllo della Bayer. Negli USA esistono addirittura prezziari di studi legali che calcolano le probabilità di vittoria di una causa di chi vi è stato esposto (si parla di 40.000 contenziosi pendenti contro Roundup, di cui 4.281 solo nel distretto della California settentrionale). Accade mentre in Europa succede il contrario: le istituzioni sostengono che il glifosato sia un erbicida che ha cambiato la storia dell’agricoltura e distrutto gli infestanti. Il gioco quindi varrebbe la candela. Oggi lo troviamo nelle acque, nella catena alimentare e nei nostri corpi e l’UE ne ha addirittura rinnovato l’utilizzo per altri 10 anni.
Nel 2018 la Bayer ha acquistato Monsanto, diventata di fatto tedesca, e si sa che le Corti USA difendono i propri concittadini anche a fronte di diverse nuove ricerche scientifiche. Per le autorità europee non vi sarebbero invece prove definitive sulla cancerogenicità e l’Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, non ha rilevato “aree critiche di preoccupazione” per gli effetti nell’uomo. In laboratorio il glifosateg procura anche danni genetici ma la cancerogenicità sull’uomo non è certa al 100%.
La IARC, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, lo ha inserito nella categoria dei "probabili cancerogeni". La messa al bando nel mondo è stata chiesta anche dalla Federazione internazionale dei ginecologi ed ostetrici ma con un nulla di fatto. Una ricerca statunitense sui cittadini dello Stato dell’Indiana ha trovato una correlazione tra la presenza importante dell’erbicida nelle urine e la minore durata della gravidanza. Una ricerca francese pubblicata nel 2021 su Environmental Science and Pollution Research, “Quantifable urine glyphosate levels detected in 99% of the French population, with higher values in men, in younger people, and in farmers”, ha trovato glifosato nelle urine del 99.8% delle circa 7.000 persone sottoposte ad indagine. E la Francia non è uno Stato di Marte.
Come siano possibili discrasie del genere? Facile. Un esempio su tutti: in Italia solo 14 Regioni italiane, principalmente del Nord e le relative Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, ne monitorano la presenza. Anche se gli ultimi dati dell’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ne mostrano la diffusione nelle acque superficiali e profonde: “Risulta che glifosato e metabolita sono tra le sostanze più rinvenute; il glifosato è presente nel 72,3% dei 770 punti di campionamento delle acque superficiali, sopra agli SQA nel 21,2% dei casi. Nelle acque sotterranee è presente nel 10,6% dei 716 punti, di cui l’1,7% non conformi; AMPA (il metabolita del glifosato, ndr) è la sostanza più frequentemente ritrovata nelle acque superficiali (84,7% dei siti) e che più spesso supera gli SQA (52,7% dei siti). Nelle acque sotterranee è presente nel 9,8% dei siti, con superamenti nell’1,7% dei casi”. In generale nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel 55,1% dei 1.837 punti di monitoraggio; nelle acque sotterranee nel 23,3% dei 2.551 punti.
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“Attualmente il glifosato, in varie formulazioni, rappresenta il 25% del mercato mondiale degli erbicidi ed è il prodotto attualmente più venduto in Italia: nel 2012 ne sono state vendute 1795,1 tonnellate (fonte SIAN 2012), pari al 14,8 %, la percentuale più alta di tutte le sostanze chimiche vendute in Italia”, avevano scritto anni fa la dottoressa Patrizia Gentilini del comitato scientifico dell’ISDE e il professore di Bontanica dell’Università delle Marche Fabio Taffetani.
In Italia, ad oggi, se ne utilizzano 4.000 tonnellate, “65 grammi per residente”, calcola il sito italiano IlFattoAlimentare: “Se in famiglia siete in quattro ne avete in dote due etti e mezzo”. Traduce il dato ad Affaritaliani proprio la dottoressa Gentilini: “In particolare il formulato commerciale della Monsanto (Roundup) agisce come distruttore dell’attività del citocromo P450 dei mammiferi a concentrazioni 100 volte inferiore a quelle consigliate nell'uso in agricoltura e si è rivelato tossico anche a livelli inferiori ai limiti di legge. Il glifosato agisce anche come interferente endocrino alterando la sintesi di ormoni sessuali (progesterone, estrogeni e testosterone) a concentrazioni ritenute non tossiche ed inferiori alle dosi raccomandate e, su colture di cellule placentari umane e di cordone ombelicale, ha dimostrato di indurre necrosi ed apoptosi (morte cellulare programmata). Ricerche su ratti alimentati a lungo termine con la varietà di mais geneticamente modificato NK603, resistente ad erbicida a base di glifosato, hanno messo in evidenza un numero più elevato di tumori nel gruppo trattato rispetto ai controlli, nonché disfunzioni ormonali e danni a fegato e reni”.
Lo studio tossicologico internazionale sul glifosato condotto dall’Istituto Ramazzini di Bologna, Global Glyphosate Study, ha dimostrato che anche basse dosi di glifosato causano leucemie nei ratti. Spiega così ad Affaritaliani la situazione storica della nostra ricerca l’agronoma e ricercatrice Daniela Altera, esperta di valutazione del rischio: “Gli studi vengono presentati dalle aziende che chiedono l’autorizzazione e ai loro dati, non problematici, non c’è mai una controprova, un controesame”.
D’altronde le indagini della giornalista investigativa americana Carey Gillam, autrice del libro The Monsanto Papers, mostrato uno scenario non solo preoccupante. Per la giornalista ci sarebbero una schiacciante quantità di prove scientifiche indipendenti che legano il glifosato ai danni alla salute, come i casi di tanti lavoratori agricoli esposti al glifosato che riportano biomarcatori urinari elevati, collegati a modifiche del Dna e allo sviluppo del cancro. Ma nelle sue ricerche la giornalista fa anche riferimento alla presenza di non pochi politici che favoriscono studi scientifici favorevoli all’uso del glifosato, a danno delle ricerche indipendenti, con l’effetto di trasformare ricerche di parte in analisi esaustive. Queste informazioni faranno pressione sui media che indirizzeranno l’opinione pubblica verso una minore sensibilità al tema che resta invece carico di incertezze e di insidie per la salute del pianeta e dell'uomo.