Economia
I bancari contro le società di consulenza: "Sciacalle, perseguirle legalmente"
La grande stagione del risiko bancario. Fabi, il maggiore sindacato dei lavoratori del credito, attacca Oliver Wyman sugli esuberi e sui tagli dei costi
McKinsey? Boston Consulting? Pwc o, ancora, Bain? Con chi ce l’aveva il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, il “Landini" del primo sindacato dei bancari, che ha addirittura fatto una nota per sparare a zero contro le società di consulenza spesso contattate dalle banche o che si propongono loro stesse agli istituti di credito inviando piani di efficientamento e di razionalizzazione direttamente sulle scrivanie dei banchieri?
"Alcune società di consulenza si comportano da sciacalli, da approfittatori e da speculatori. Questo tipo di comportamenti andrebbe perseguito legalmente, in quando auspicano licenziamenti, tagli di posti di lavoro e riduzione dei costi tutto a danno delle lavoratrici e dei lavoratori”, ha tuonato infatti il numero uno della Fabi che ha aggiunto: ”Per fortuna, queste aziende non hanno messo il becco né sono state coinvolte nell'offerta pubblica di acquisto e scambio di Intesa-Sanpaolo sul gruppo Ubi. E, se lo faranno, nel prossimo futuro li contrasteremo con ogni mezzo. In passato, del resto, non hanno mai azzeccato una previsione e i loro consigli si sono sempre rivelati sbagliati".
Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, a far andare su tutte le furie Sileoni sono state le parole di commento rilasciate all’AdnKronos da Claudio Torcellan, partner dell'americana Oliver Wyman, società di consulenza globale presente in oltre 29 Paesi, a una ricerca appena sfornata dal gruppo a stelle e strisce che stima in circa 400 miliardi le perdite sui crediti del settore bancario europeo nei prossimi tre anni a causa della pandemia. Ondata di rossi conseguenti a un nuovo mare di non performing loans che costringerà le banche a non poter più temporeggiare sui dossier fusioni.
Mentre il sindacato si batte per contenere gli esuberi in un sistema bancario tricolore messo alle strette dalla concorrenza del fintech, dall’era dei tassi a zero, dalla crisi post-Covid e dalle spinte della Vigilanza al consolidamento e per far rispettare la regola aurea “due uscite un’assunzione” nella gestione del personale, la società di consulenza ha sentenziato che il nuovo scenario imporrà quasi sicuramente una nuova ondata di risiko bancario (appena riaperto da Intesa-Sanpaolo con la scalata a Ubi) con tanto di esuberi inevitabili se con il consolidamento si cerca un risparmio sui costi.
"Appena inizieranno a emergere gli impatti della crisi da Covid sotto forma di minori ricavi e aumenti delle perdite su crediti, è difficile ipotizzare che qualcosa non succeda, ha spiegato il manager partner di Oliver Wyman, secondo cui "bisogna pensare l'impensato, a soluzioni più creative di quelle di cui si è ragionato finora". Il problema è che a fronte delle perdite sui crediti che potranno emergere dopo il Covid, per fare le fusioni "potrà servirà anche nuovo capitale". Un aspetto politicamente difficile, insieme alla governance e agli esuberi. "Le banche devono modernizzarsi e diventare più efficienti per servire al meglio l'economia reale e il rilancio del Paese".
E dunque, il Covid non rallenterà il consolidamento, ma anzi ne sarà detonatore, insieme all'operazione di Intesa su Ubi, che ha dimostrato due cose: "Innanzitutto - ha osservato ancora - che anche il più grande e il più profittevole player ha bisogno di scala, poi che sono finite le operazioni concertate". Un altro dei problemi restano i crediti deteriorati. "Le banche italiane non hanno ancora messo alle loro spalle i problemi di npl della crisi precedente e rimangono con uno stock importante di unlikely to pay".