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Economia
I Brics vogliono un posto al sole. L’Occidente vacilla: tensioni globali
Il presidente cinese Xi Jnping

L'elenco delle lamentele portate avanti dai Brics – osserva Reuters – è lungo: pratiche commerciali abusive, regimi sanzionatori punitivi. Una percepita trascuratezza delle esigenze di sviluppo delle nazioni più povere. Il dominio del ricco Occidente sugli organismi internazionali, come le Nazioni Unite, il Fondo Monetario Internazionale o la Banca Mondiale. E un approfondimento dell’Ispi gira il coltello nella piaga: “In mezzo a una diffusa insoddisfazione per gli attuali equilibri internazionali gli impegni proclamati dai Brics, pur in mancanza di risultati concreti, hanno trovato ampia eco e raccolto speranze per una maggiore equità e inclusione. Almeno finora però le ambizioni del blocco di diventare un attore politico ed economico globale sono state vanificate da divisioni interne e mancanza di una visione coerente. Inoltre le sue economie, un tempo in forte espansione, stanno rallentando mentre il risultato più concreto del blocco, la New Development Bank, o ‘banca dei Brics’ ha visto il suo già limitato campo d’azione ulteriormente ostacolato dalle sanzioni contro la Russia. A ben guardare – osserva Steven Gruzd dell'Istituto sudafricano per gli affari internazionali – è difficile individuare risultati concreti messi a segno dai Brics. Un sacco di chiacchiere. Molta meno azione”.

In un momento di grandissima discontinuità con il passato, in cui i capisaldi dell’economia stanno progressivamente venendo meno, è forse solo l’equilibrio di Nash che può evitare una tensione crescente tra due blocchi contrapposti. Il “vecchio mondo” da una parte, che ha inquinato e – tramite il colonialismo – depredato i Paesi più poveri (il famigerato “Terzo mondo”) e che oggi vuole imporre a tutti una transizione forzata dopo aver drenato risorse ininterrottamente per almeno due secoli. Dall’altro il nuovo che avanza, con la sua crescita incontrollata, con la sua inurbazione complessa e caotica. Ma è giusto chiedere a India e Cina di rinunciare alla mobilità privata – caposaldo dell’economia occidentale nel Dopoguerra – per evitare di incidere ancora sull’inquinamento? È giusto cercare di rintuzzare di nuovo le comprensibili istanze dei Brics che vogliono avere un posto di riguardo al tavolo dei grandi? La risposta, ovviamente, è che serve trovare un equilibrio. Meglio ancora se quello di John Nash.

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