Economia

Imprese italiane, una su 10 non si sente competitiva

Di Eduardo Cagnazzi

Nel 2015 il 64% delle aziende italiane che ha proceduto ad investimenti produttivi ha introdotto elementi innovativi. Nel 2014 il 51,5% delle imprese aveva investito in innovazione. Il 69,9% ha dichiarato di non avere fatto ricorso ad alcuna risorsa pubblica, l’8,1% a finanziamenti a fondo perduto, il 17,2% a finanziamenti agevolati o contributi in conto interessi, il 3,9% al credito di imposta.

Sul fronte della geografia delle esportazioni, l’89,1% ha preferito quest’anno i vicini Paesi dell’Ue, e circa il 35% altre destinazioni, come i mercati Brics, mentre solo il 30% predilige i mercati maturi del Nord America e il 26,1% quelli asiatici. 

Lavoro, energia e basso cash flow, sono i principali problemi di competitività individuati dalle aziende.

Sono alcuni dei dati che emergono dal Rapporto Obi 2015 su Imprese e Competitività, presentato nell’ambito del Sorrento Meeting, la due giorni in svolgimento all’Hilton Sorrento Palace, che dedica la sua quinta edizione al tema della logistica e della mobilità nel Mediterraneo, organizzata dall’Osservatorio Banche Imprese di Economia e Finanza in collaborazione con Assologistica, Confitarma, Fondazione Mezzogiorno Sud Orientale e Fondazione Mezzogiorno Tirrenico e con il sostegno del Comune di Sorrento.

Competitività 

Dall’indagine emerge che il 70% delle imprese italiane si ritiene abbastanza competitivo, il 15% più che adeguato, mentre l’11% non si giudica all’altezza della concorrenza, a causa dei modesti tassi di innovazione tecnologica e di una scarsa capacità di cooperazione. Il settore delle costruzioni è quello in cui vengono rilevate le situazioni più critiche del livello di competitività avvertito. Viceversa quello dell’ICT ha i più alti livelli di competitività. 

In generale, le cause che limitano il potenziale competitivo delle imprese italiane sono costo del lavoro, inefficienza dei servizi alle imprese e difficoltà di accesso al credito.

Effetti della crisi

Nel sistema industriale del nostro Paese sono le imprese dalle più piccole dimensioni (10-49 addetti) a soffrire maggiormente delle ricadute della crisi globale.

Sotto il profilo della localizzazione la crisi sembra avere penalizzato maggiormente le microimprese del centro e sud Italia, con un saldo negativo della propria attività.

Nel 2014-2015 sono più alte le percentuali di imprese che non hanno ritenuto gli investimenti una leva strategica fondamentale per la ripresa della crescita. 

Per tutte le imprese intervistate gli investimenti condotti rispondono al principale obiettivo di rinnovare i locali e le attrezzature. Come seconda e terza scelta si registrano l'introduzione di innovazioni di processo ed organizzazioni e l'ampliamento dell'offerta formativa da destinare ai dipendenti.

Credito

Il ricorso al credito bancario di breve termine ed il finanziamento pubblico sono le modalità preferite al Nord Est mentre il credito di lungo termine (in primis l'accensione di mutui) al Nord Ovest. Le maggiori criticità di finanziamento delle imprese del Sud hanno indotto le imprese a ricorrere con maggiore intensità rispetto alle altre macro regioni a strumenti di garanzia offerti dallo Stato. Inoltre nel 2014 si è verificato un incremento del ricorso a forme di garanzia collettiva offerte dal sistema dei Confidi (17,6% contro il 16% del 2013). Sono soprattutto le imprese edili a subire con maggiore intensità la stretta creditizia poichè tali condizioni sono divenute più rigide, in particolare al Sud Italia e per le piccole imprese.

Propensione all’innovazione

La propensione ad innovare prevista nel 2015 aumenterà rispetto al 2014. Diverse saranno le performance dei settori produttivi: tra questi il manifatturiero risulterà il più positivo, mentre più in difficoltà sarà essere il settore delle costruzioni, pesantemente colpito dalla crisi finanziaria ed economica degli ultimi anni. Difficoltà maggiori, anche se emergono decisi segnali di recupero per il 2015, caratterizzeranno ancora in media le regioni del Mezzogiorno rispetto alle altre aree del Paese. Dai risultati dell'indagine emerge che nel 2014 il 51,5% delle imprese che hanno effettuato investimenti produttivi ha introdotto innovazioni, percentuale che sale al 64% per le previsioni per il 2015. Al contempo, aumenta anche l'incidenza media che gli investimenti produttivi per innovazione hanno sul fatturato: dal 23,8% del 2014 al 25,2% previsto per il 2015.

Esportazioni 

La ricerca evidenzia che circa quattro decimi delle imprese italiane sono presenti nei mercati esteri e per il 2015 si prevede un lieve incremento percentuale. Le imprese manifatturiere si sono distinte per intensità di internazionalizzazione superiore alla media nazionale, con quota di fatturato medio realizzato nei mercati esteri paria circa il 41%. Per quanto riguarda il dato territoriale, le imprese del Nord e centro si sono attestate a valori di internazionalizzazione pari a circa il 45% del campione intervistato e un fatturato superiore ai quattro decimi. Nel Sud, si registra un andamento crescente verso mercati esteri, pari a più di un terzo del fatturato estero su quello totale.