Economia

Con l'acquisizione di Enilive, Kkr allarga il suo impero di partecipazioni (già solidissimo in Italia)

Non solo Tim ed Enilive, tutte le operazioni del fondo americano che ha le mani in pasta in settori strategici italiani: dall'energia alle infrastrutture, passando per le telecomunicazioni

di redazione economia

Eni chiude l'operazione, a Kkr il 25% di Enilive: l'avanzata degli americani in Italia

L’operazione è ufficiale: il fondo statunitense Kkr ha acquisito il 25% di Enilive, la controllata di Eni attiva nel settore della mobilità sostenibile. Un affare da quasi 3 miliardi di euro, che include un’iniezione di capitale di 500 milioni per sostenere il piano di crescita dell’azienda. L’accordo, annunciato lo scorso ottobre, è stato ora perfezionato dopo aver ricevuto tutte le autorizzazioni necessarie.

Ma questa è solo una delle tante mosse di Kkr in Italia. Il colosso americano, che ormai ha un piede in quasi tutti i settori strategici del Paese, ha chiuso lo scorso luglio l’acquisizione di NetCo, assicurandosi il controllo della rete di telecomunicazioni di Tim. Ma l’espansione del fondo va oltre le telecomunicazioni: in passato ha anche investito nella CMC, azienda umbra specializzata in automazione, e detiene una presenza indiretta in Inwit, il principale operatore italiano di torri per telecomunicazioni.

Chi c'è dietro Kkr?

Kkr non è un semplice fondo d’investimento, ma ha radici profonde nell’economia globale e un strategia di acquisizione alquanto aggressiva. Fondata nel 1976 da Henry Kravis, George Roberts e Jerome Kohlberg Jr., KKR ha sede a New York e si è quotata in borsa nel 2010. Oggi, l’azienda opera attraverso oltre 20 uffici distribuiti in 16 paesi e impiega circa 2.000 dipendenti. Nel 2007, Kkr ha firmato quello che all’epoca fu definito "il più grande buyout della storia", acquisendo TXU Energy, un colosso dell’energia texano, ma oggi il suo raggio d’azione è globale, con partecipazioni che spaziano dalla Spagna all’India, dalle Filippine alla Colombia.

Gestisce asset dal valore totale di oltre 500 miliardi di dollari concentrandosi in particolare su settori chiave come infrastrutture, energia, immobiliare, tecnologia, telecomunicazioni e sanità. Il portafoglio della società è infatti estremamente diversificato e spazia dall’editoria (Axel Springer) alla tecnologia (ad esempio, ByteDance e Epic Games), passando per le telecomunicazioni (Viasat e MasMovil) e l’energia (ContourGlobal).  I principali azionisti di Kkr includono giganti della finanza statunitense come Capital Research & Management (circa 4,49%), The Vanguard Group (circa 4,31%) e Harris Associates (circa 3,3%).

Se si guarda all’Italia, invece, Kkr non è più un ospite occasionale. Il suo primo investimento nel Paese risale a Selenia, ceduta nel 2007. Negli anni successivi è entrato in Sistemia, Argenta, Inaer, Sirti e, più recentemente, in Magneti Marelli, Industria Chimica Emiliana e le Cartiere Fedrigoni. Anche la medicina non gli è estranea: possiede la spagnola Ivirma, specializzata in riproduzione assistita, con tre cliniche in Italia.

E non a  caso, dentro Kkr ci sono anche diversi italiani ai vertici. Mattia Caprioli, partner e co-responsabile del private equity europeo, è nel fondo dal 2001 e ha un curriculum che passa anche per Goldman Sachs. Alberto Signori, altro partner, è esperto di infrastrutture ed ex M&G. Diego Piacentini, ex Apple e Amazon, è advisor dal 2019 e ha avuto un ruolo chiave in Agenda Digitale durante il governo Renzi. C'è poi Antonio Cammisecra, ex Enel, messo al comando di ContourGlobal, la società britannica delle rinnovabili rilevata da KKR nel 2022.

Ma quindi Kkr è un partner o un padrone? Una cosa è certa, sta costruendo un impero in Italia. Energia, telecomunicazioni, infrastrutture critiche: pezzo dopo pezzo, il fondo sta diventando un attore dominante in settori che influenzano direttamente la sicurezza e l’economia del Paese. E così il governo, che predica sovranità e controllo strategico sugli asset nazionali, si trova a fare i conti con un’influenza americana sempre più marcata. 

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