Economia

L'economia russa verso il tracollo, ora anche Putin trema. E la situazione è destinata a peggiorare

di Francesco Crippa

Negli ultimi sei mesi, il Moex ha registrato un’inversione di tendenza, scendendo di quasi un terzo

L'economia russa verso il tracollo

L’economia russa sta attraversando il peggior momento dalla fine del 2022. È quanto emerge dall’analisi del Moex, uno dei principali listini affaristici della Borsa di Mosca. Dopo un iniziale crollo dovuto all’arrivo delle sanzioni occidentali subito dopo l’attacco all’Ucraina, il Moex e l’economia di Mosca sono cresciuti. Nonostante l’inflazione, le sanzioni e le difficoltà ad accedere ai mercati esteri, la spesa interna è salita, sostenuta dall’aumento della spesa militare e dai prestiti agevolati disposti per famiglie e imprese. Ora, però, la situazione è cambiata e il 2025 si prospetta un anno difficile per i conti di Vladimir Putin.

Negli ultimi sei mesi, il Moex ha registrato un’inversione di tendenza, scendendo di quasi un terzo. Riflesso concreto di questa dinamica è il crescente numero di casi di aziende che dichiarano bancarotta. Sono due, in particolare, i fattori che pesano maggiormente: l’effetto delle ultime sanzioni statunitensi e l’aumento dei tassi di interesse.

La Banca centrale russa, infatti, per contrastare l’inflazione ha aumentato i propri tassi fino al 21%. Un costo del denaro così elevato paralizza le imprese. Per fare due esempi, le Ferrovie, di proprietà dello Stato e già il più grande datore di lavoro di Mosca, hanno in programma di tagliare gli investimenti futuri, mentre l’Unione dei centri commerciali ha chiesto al governo un intervento per garantire prestiti più economici, una dilazione dei pagamenti degli arretrati e una ristrutturazione del debito per evitare che più di 200 centri siano costretti a chiudere i battenti.

“Se continuiamo a lavorare così, quasi la maggior parte delle nostre aziende fallirà”, aveva ammonito già a ottobre Sergei Chemezov, amministratore delegato di Rostec, il colosso statale tra i più grandi produttori di armi del paese. Secondo Chemezov, i pagamenti anticipati riescono a coprire solo il 40% dei costi da affrontare, cosicché il restante va coperto con prestiti oppure rinviando i pagamenti. Proprio a causa dell’eccessivo costo del denaro, molte aziende stanno scegliendo quest’ultima strada.

Un altro punto dolente è il mercato del lavoro. A livello nominale, la disoccupazione è ferma al 2,3%, ma solo perché l’industria pesante e quella della difesa hanno continuo bisogno di lavoratori. Gli altri settori, invece, vivono una sostanziale difficoltà nel trovare manodopera libera.

La situazione complessiva è destinata a peggiorare nel futuro prossimo, ha spiegato al The Economist Andrei Yakovlev, economista del Davis Centre per gli studi su Russia ed Eurasia dell’Università di Harvard. Se nel 2022 e poi ancora nel ’23 il Cremlino riusciva sia a finanziare la guerra che a sostenere le aziende, ora non riesce più a fare entrambe le cose. Di più: l’anno prossimo le tasse sugli utili aziendali dovrebbero salire dal 20 al 25%, con un conseguente possibile rischio di aumento dei casi di bancarotta secondo gli esperti. Per Alexandra Prokopenko, del think-tank berlinese Carneige Russia Eurasia Centre, la situazione è simile a quella seguita al crollo dell’Unione sovietica.