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Economia
L'ombra dell'aumento su Carige. I dolori della famiglia Malacalza

Ci mancava solo Berenberg per rendere più nervosi gli investitori riguardo le banche italiane, ad una settimana dall’esito degli stress test dell’Eba (European banking authority), attesi per la notte del 29 luglio. In una nota il broker ha suggerito agli investitori di girare al largo dai titoli bancari tricolori, dato che il settore avrebbe bisogno complessivamente di almeno 30 miliardi di euro di nuovi capitali, ma in un’ipotesi estrema potrebbe dover colmare un gap anche di 90 miliardi. Berenberg non segue Banca Carige, altrimenti sarebbe stato interessante vedere se anche l’istituto controllato da alcuni mesi dalla famiglia Malacalza sarebbe stato bocciato, ipotesi non improbabile dato che Banca Carige assieme a Mps rischia di non superare gli stress test Eba, almeno stando alle voci che da giorni circolano in borsa.

Voci rinfocolate dalla polemica scaturita tra i vertici dell’istituto e l’authority europea, accusata di aver ignorato le correzioni suggerite dalla banca che avrebbero portato ad esiti completamente differenti rispetto a quelli derivanti dall’applicazione dei metodi in base ai quali sono stati eseguiti gli stress test (sulla base dei risultati 2015, ndr). Non solo: Carige accusa l’Eba di aver ignorato la specifica situazione di ciascun istituto e aver richiesto una omologazione “rigida” a standard prefissati, senza neanche prendere in considerazione le azioni intraprese dagli istituti nel primo semestre del 2016 per migliorare la propria condizione patrimoniale. Questo punto potrebbe essere quello che costerà la “bocciatura” all’istituto, visto che Carige ha varato un piano di cessione di crediti deteriorati del valore di 1,8 miliardi nei prossimi anni, di cui circa la metà entro la fine dell’anno e la parte rimanente nella seconda metà del 2017.

Carige avrebbe anche chiesto, invano, la revisione del requisito di capitale Cet1 (Core equity tier 1, il capitale di migliore qualità, ndr), gravato da un “add-on” del 4,25% sempre a causa della presenza in bilancio di crediti deteriorati. L’Eba (ma anche la Bce) sa d’altro canto che un conto è annunciare di voler cedere crediti deteriorati, un altro trovare un accordo sul prezzo di cessione, che di fatto per le banche dipende dal grado di copertura dei crediti deteriorati stessi.

Carige al 31 marzo scorso registrava un grado di copertura degli Npl del 43,1% ovvero del 60,7% per quanto riguardava le sole sofferenze; visto che attualmente il mercato valuta gli Npl lordi attorno o poco sopra il 20% del valore lordo di libro, già cedendo 900 milioni di Npl entro l’anno Carige “rischia” di dover segnare una minusvalenza di 300-330 milioni. Se poi, come sembra prefigurarsi per Mps, dovesse accelerare il piano di dismissioni, in assenza di un qualche “intervento pubblico straordinario” per Carige il rischio di subire perdite anche maggiori e dover a questo punto varare un aumento di capitale da 400-800 milioni di euro, alle attuali quotazioni (il titolo capitalizza meno di 300 milioni di euro in tutto) pesantemente diluitivo, è concreto.

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