La crisi di Alitalia e gli errori di Etihad
Un consiglio all'emiro: pensi al petrolio
Abu Dhabi ha investito i suoi petrodollari in sei compagnie aeree. Da tre ha ricavato piccoli utili, e da tre – fra le quali l’Alitalia – una perdita di un miliardo e mezzo di euro. Niente di cui stappare una bottiglia di spumante.
Non si può ironizzare su questi investimenti sbagliati. Chiunque abbia avuto a che fare con la Borsa e le grandi società, non può ridere di nessuno. Ma lo stesso c’è di che rimanere perplessi. Un miliardo e mezzo è una cifra colossale, corrispondente a un 1.250.000 volte la mia pensione. Se fossi immortale, con quella somma potrei vivere oltre centomila anni. Lo so, non interessa: ma è per dare un’idea delle sue dimensioni. Noi siamo tanto abituati a parlare del nostro debito pubblico, che millecinquecento milioni di euro ci sembrano una mancia. Ma l’errore è nella considerazione disinvolta del nostro debito pubblico, quello che una volta o l’altra ci pugnalerà in mezzo alle spalle.
In realtà ad Abu Dhabi non sono pazzi. Quell’emirato è privo di tutto, salvo che di sabbia e di petrolio, e tuttavia è riuscito a crearsi una fama di “meta turistica”. Fino a precostituirsi forse una fonte di reddito, per il momento in cui il petrolio finirà. Perché finirà. E poi l’idea di investire i petrodollari sarebbe giusta. Chi non si spaventa delle conclusioni cui si giunge ragionando, sa che una volta o l’altra – così come la carrozza di Cenerentola ridiveniva zucca - i soldi ridiverranno carta. Dunque l’idea di acquistare “cose” che, in quanto tali, non possono subire svalutazione, è giusta. E anche le compagnie aeree sono “cose”. Ma sbagliare l’acquisto può portare a perdite colossali.
Il problema non è solo degli emirati, riguarda anche chi ha mille euro sul conto corrente. Il mondo è malato di un eccesso di liquidità. Proprio quella contenuta nel mostruoso debito pubblico globale che – secondo il Sole24Ore – corrisponde al 225% del pil di tutti gli Stati del mondo; a cominciare dagli Stati Uniti, dal Giappone e dagli Stati dell’Unione Europea. E allora, qual è l’intento di tutte le Tesorerie? Pagare il meno possibile per gli interessi- E la conseguenza è che il capitale tende a non essere rimunerato.
La cosa è evidente. Basti pensare ai rendimenti negativi dei titoli di Stato svizzeri o tedeschi. Da un lato le banche sono scottate dai prestiti non restituiti ai clienti (non performing loans, li chiamano) e dunque sono restie a concedere prestiti alle imprese, dall’altro non hanno bisogno di capitali dal risparmio privato, e dunque non lo rimunerano. Chi ha del denaro e vuole ricavarne qualcosa non sa che fare. Probabilmente gli stessi dirigenti dell’emirato non hanno saputo dove sbattere la testa. Un tempo avrebbero potuto avere la tentazione di commettere il peccato (condannato dalla religione islamica) di prestare il denaro a interesse, ma oggi la cosa gliela vieta il mercato, prima ancora di Allah.
Insomma non si riesce più a guadagnare denaro col denaro. L’errore non consiste tanto nella scelta di imprese fallimentari come l’Alitalia, quanto nel fatto stesso di avere qualcosa da parte. Tutto ciò lo sa benissimo il più umile dei risparmiatori italiani, attaccato com’è, tutti i giorni che Dio manda in terra, da uno Stato che lo considera un egoista, un cattivo cittadino, un profittatore perché non è povero in canna ed è riuscito a risparmiare. Così, per guarirlo da questo malvezzo, cerca per quanto può di tassare i suoi risparmi, in barba alla Costituzione, e sogna di sottrargli l’intero capitale. Si chiama “patrimoniale”.
La conclusione è più semplice di quanto non si pensi. Da risparmiatore buggerato, e dunque stracolmo di esperienza, potrei dare ad Abu Dhabi un consiglio prezioso ed anche generosamente gratuito: vuole avere “cose”? Perché non guarda sotto i suoi piedi? Le “cose” le ha già. Ha il petrolio. Ne estragga il minimo per sopravvivere, attualmente, ma non tanto da doversi chiedere che fare del denaro in più. Un giorno, quando il petrolio comincerà a scarseggiare – perché, lo ripeto, scarseggerà - abbia la cortesia di venire a mettere un fiore sulla mia tomba. O – più probabilmente – sulla fossa comune in cui sarò.
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