La sanità non costa troppo. Ecco i numeri che nessuno vi dice - Affaritaliani.it

Economia

La sanità non costa troppo. Ecco i numeri che nessuno vi dice

Di Fausto Tenti, segretario provinciale Arezzo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea

Dato che continuo a sentir dire, a reti unificate, che la sanità italiana costa troppo, che non ce la facciamo a sostenerla finanziariamente e che bisogna tagliare questa spesa (come "ci chiede L'Europa") ho fatto un'indagine/studio, per verificare quanto di vero c'è in questa...bufala! Considerata l'importanza e la delicatezza del tema, ci vorranno due comunicati per declinare il ragionamento. Innanzitutto, i tentativi di attenuare la natura universalistica del Servizio Sanitario vengono da molto lontano: infatti, già dopo la Legge di riforma n. 833/1978 (che concretizzava l'art. 32 della Costituzione) il Ministero della Salute fu sottratto a Tina Anselmi e assegnato a Renato Altissimo dei Liberali, i quali si erano opposti proprio alla 833...quindi si comincia subito! Poi -negli anni 90 -inizia lo scontro sulla sanità, con la controriforma di cui alla Legge n. 502/1992 (Governo Amato, Ministro De Lorenzo): all'art. 9 era prevista la possibilità del cittadino di uscire dal SSN trasferendo parte della propria quota della spesa sanitaria o al privato puro o a mutue proprie (Anselmi disse pubblicamente che la Riforma Amato/De Lorenzo era "un imbroglio" e che il Ministro era "un imbroglione", beccandosi una denuncia): ma, visto che il clima politico era ancora favorevole all'universalità del servizio, nel 1993 il Governo Ciampi col Ministro Garavaglia abolì l'art. 9, quindi il sistema tenne...

Lo scontro di quel decennio culminò con la Riforma Bindi (Legge n. 229/1999): essa fu nella sostanza un compromesso nell'ambito dello scontro di cui dicevo, una mediazione sul duro confronto che aveva comunque dato vita ad una grande conquista sociale dei lavoratori, appunto il SSN. Detta Legge articolava la 833, con una modernizzazione del SSN chiarendo che i dottori di medicina generale potevano scegliere – per i propri assistiti, con un modulo/impegnativa da loro firmato – lo specialista dal quale essere assistiti e il luogo di cura. Ai medici ospedalieri fu "permesso" di dedicarsi al proprio lavoro all'ospedale, mantenendo loro anche la possibilità di una "proporzionata" attività libero- professionale nell'ambito del servizio (art 15 quinques, comma 3: “Per assicurare un equilibrato rapporto fra attività istituzionale e corrispondente attività libero-professionale e al fine anche di concorrere alla progressiva riduzione delle lista d’attesa, l’attività libero- professionale non può comportare, per ciascun dipendente, un volume di prestazioni superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali...l’attività istituzionale è prevalente rispetto a quella libero-professionale”).