Economia

Liste del cda, istruzioni per l’uso: ecco pro e contro

Un seminario in Senato discute sul ddl 2433 che vuole normare in maniera precisa la composizione dei consigli di amministrazione

Lista del cda: ecco a chi conviene

È un tema di enorme attualità che coinvolge giganti della nostra economia come Generali: è la lista del consiglio di amministrazione, ovvero la possibilità per il board uscente di presentare un pool di nomi che possono essere indicati come membri del cda dopo il rinnovo. Una norma votata il 27 settembre del 2021 dal Leone, a maggioranza, è che è alla base dello scontro tra Francesco Gaetano Caltagirone e i “pattisti” da una parte e Mediobanca (con Donnet) dall’altra. Ma chi ha ragione? Partiamo da un presupposto fondamentale, cioè che il Testo Unico della Finanza impone la proposizione di liste per il cda da rinnovare, ma non spiega chi, e in che modo, debba portarle avanti. Lo scorso 27 ottobre 2021, il senatore Franco D’Alfonso ha presentato in Commissione finanze il ddl 2433. Per il momento non si è ancora passati alla discussione in Aula. 

Tant’è che anche Lavoce.info, nei mesi scorsi, aveva provato a fare chiarezza. “Un cenno in senso positivo – si legge nel documento del sito economico creato da Tito Boeri - esiste nell’ultima versione del codice di corporate governance di Borsa Italiana, la “soft law” più autorevole per le società quotate italiane. In generale, l’ammissibilità di questa facoltà è ormai assodata, a tal punto che oggi sono circa quarantacinque le società quotate i cui statuti consentono al Cda uscente di presentare una propria lista (e circa quindici si sono avvalse della possibilità). L’esigenza della lista del Cda nasce dall’esperienza americana. Lì, infatti, le compagini azionarie sono frammentate e proliferano le public companies, con soci difficilmente organizzabili e conseguente attribuzione del ruolo “chiave” nelle assemblee di rinnovo degli organi sociali direttamente al board uscente (o anche solo al Ceo)”.

L’opinione della Consob

E la Consob che dice? In un dibattito che si è tenuto in Senato giovedì 16 giugno, Paolo Savona ha ribadito che non esistono norme comunitarie in materia di nomina degli organi sociali di società quotate e spiegando che una peculiarità italiana, in merito, è il sistema di votazione “in blocco” di un’intera lista. Savona ha spiegato che la quota media di capitale in mano ad azionisti rilevanti è passata, nelle società che registrano liste presentate dai CdA uscenti, dal 9% del 2018 a oltre il 37% del 2022; e, se si guarda ai soli soci privati non istituzionali, dall’1% nel 2018-19 al 30% nel 2022. La Consob ha voluto evidenziare al mercato alcuni profili di rischio generalizzati, come quelli di autoreferenzialità e autoperpetuazione dei CdA, e alcune questioni legate più da vicino alle caratteristiche proprie del sistema italiano, come noto connotato da assetti proprietari molto concentrati. L’Autorità ha indicato alcune aree nelle quali possono porsi problemi: trasparenza del processo di selezione delle candidature e di formazione della lista, per assicurare meccanismi di corretta competizione tra liste; individuazione corretta delle persone che agiscono di concerto (ai sensi della disciplina dell’OPA) e mappatura corretta delle parti correlate della società e i collegamenti tra liste.

L’obiettivo della Consob è che si abbiano prassi corrette di comportamento e di trasparenza in merito, con l’obiettivo di consentire a tutti i soci coinvolti un processo di partecipazione consapevole al governo di società che si rivolgono al mercato. Savona ha concluso affermando: “Anche alla luce delle vicende recenti, si deve ribadire che la competizione tra soci, e anche tra liste di candidati al CdA, è un processo fisiologico, apprezzato dagli investitori istituzionali nazionali e internazionali che si stanno, infatti, rivolgendo al nostro mercato in misura crescente e più attiva. Gli investitori istituzionali esteri stanno svolgendo un ruolo sempre più importante, non solo con l’afflusso di capitali per quote molto molto importanti della capitalizzazione, ma anche esprimendo interesse diretto alla gestione delle imprese”.

Assonime boccia in parte l’idea

Al convegno sono intervenuti anche il vicedirettore generale di Assonime Marcello Bianchi e Piergaetano Marchetti, uno dei massimi esperti di diritto industriale e commerciale. Secondo Bianchi, in merito all’opportunità di legittimare la presentazione di una lista da parte del consiglio uscente, essa si scontra con la prassi e la letteratura prevalente sul tema. Inoltre, da un lato, appare non necessaria. Nella maggior parte dei Paesi la legittimazione alla presentazione dei candidati non è disciplinata dalla legge, ma è rimessa all’autonomia societaria. In Italia, questa pratica è in continua crescita e vi è un rischio massiccio di autoperpetuazione del consiglio. In merito al tema delle criticità nella tutela degli investitori e nell’integrità del mercato di controllo il DDL individua alcuni rischi, tra cui, in particolare, una difficoltà ad individuare un’azione di concerto tra amministratori/soci che concordino su una lista del consiglio. Quindi, il quadro normativo italiano sul tema, è già particolarmente complesso rispetto agli altri Paesi. Le criticità, presenti in ogni sistema, sono affrontabili con gli strumenti normativi esistenti, che in Italia sono già più severi rispetto agli altri Paesi europei, oltre che con un efficace sistema di vigilanza. 

Marchetti, Professore emerito di Diritto industriale e commerciale dell’Università Bocconi di Milano ha spiegato che negli ultimi tempi sono aumentati sempre di più i trasferimenti di società quotate all’estero, con un vero e proprio fenomeno preoccupante. L’ordinamento nazionale deve essere competitivo con il sistema europeo, non in senso più permissivo, ma certamente non deve essere limitante per le società, evitando norme che abbiano costi maggiori di quanto richiesto dal diritto europeo. Secondo il Professore, è evidente che qualcosa non funziona nel voto di lista del sistema italiano e, questa disciplina, se approvata, rappresenterebbe un unicum a livello europeo. Uno degli obiettivi prioritari deve essere quello di evitare fughe di società all’estero e che i Consigli di Amministrazione facciano proposte serie, che perseguono il bene delle società stesse.