Economia
Loro Piana, Bloomberg: "Maglioni da 9mila $ ma lavoratori indigeni sfruttati"
L'azienda di alta moda utilizza una delle lane più pregiate al mondo, ma nel corso degli anni ha pagato sempre meno il lavoro della comunità indigena peruviana
Sfruttamento dietro il lusso: il caso Loro Piana sollevato da Bloomberg
Maglioni di lana vigogna venduti a 9 mila dollari. Il lusso e la qualità dei capi Loro Piana si pagano cari, ma a quale costo umano? Dietro la facciata luxury di un brand si nasconde spesso una realtà ben meno glamour. È quanto emerso da un'inchiesta di Bloomberg Businessweek sul marchio italiano Loro Piana, che ha portato alla luce uno spaventoso squilibrio tra i profitti della grande azienda e il benessere trascurato delle comunità indigene coinvolte nella produzione dei capi.
Nel cuore di questa vicenda si trova la remota comunità indigena di Lucanas, in Perù, impegnata dal 1994 nella tosatura delle vigogne selvatiche, una delle lane più pregiate al mondo. Eppure, pur essendo venduta a prezzi vertiginosi, come dimostra il maglione Loro Piana da 9.000 dollari, i membri della comunità ricevono una compensazione irrisoria o, peggio ancora, nulla: solamente 280 dollari. Questo significa che, in pratica, la manodopera degli indigeni varebbe zero. Un paradosso se pensiamo che lavorano per l'uomo più ricco al mondo, il miliardario Bernard Arnault, proprietario del conglomerato del lusso LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton, e da dieci anni anche del marchio italiano di abbigliamento di alta gamma.
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Il marchio italiano di lusso si configura come l'unico acquirente di questa pregiata fibra, nonostante un trattato internazionale sulla protezione della specie preveda che i proventi siano destinati alle popolazioni indigene andine. Inoltre dall'inchiesta è emerso che i 2.700 abitanti del villaggio hanno tratto pochissimi benefici da tale accordo. Una situazion ulteriormente aggravata anche dal significativo calo del 36% della tariffa pagata per la fibra grezza negli ultimi dieci anni. Oltretutto, la comunità non disporrebbe nemmeno delle risorse necessarie per acquisire i macchinari indispensabili per lavorare direttamente la fibra e produrre capi finiti. Di conseguenza, nessuno degli indigeni intervistati ha mai avuto l'opportunità di indossare un indumento realizzato con la lana di vigogna.
Lana vigogna Loro Piana
Il problema affonda le radici nelle decisioni politiche e commerciali del 2000, quando l'allora presidente Alberto Fujimori emise un decreto che concedeva alle aziende gli stessi diritti delle comunità indigene per tosare le vigogne. Questa mossa, apparentemente volta a regolamentare il mercato, ha invece aperto la strada allo sfruttamento, favorendo le grandi aziende a discapito delle popolazioni locali.
Ma un personaggio chiave di questa vicenda è Alfonso Martinez, che dopo aver svolto un ruolo di rilievo nel governo, ha fondato una società che fungeva da intermediario tra le comunità indigene e le aziende acquirenti, per poi essere assunto come amministratore delegato della filiale peruviana di Loro Piana nel 2007. Subito dopo Martinez ha acquistato 2.000 ettari di terreno arido vicino alla comunità di Lucanas per 160.000 dollari, richiedendo un permesso per la tosatura delle vigogna e proponendo anche la costruzione di una recinzione lunga 12,5 chilometri attorno alla sua proprietà, al fine di contenere gli animali e mantenere una sorta di "semi-cattività".
Con il passare degli anni e l'incremento del numero di vigogne presenti sul terreno di proprietà del gruppo, i prezzi pagati alla comunità di Lucanas per la lana hanno subito una drastica diminuzione: da 420 dollari al chilo nel 2012 a 330 nel 2022 e 280 nel 2023. Di pari passo, nel corso degli anni, è diminuita anche la produzione di lana: dai 1.877 chili del 2012 ai soli 460 di un decennio dopo, con una netta riduzione dei ricavi da oltre 780mila a soli 151mila dollari. Addirittura durante il periodo della pandemia da Covid, l'attività è stata interrotta completamente.
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Un tale intreccio di interessi ha portato a una situazione in cui i profitti delle grandi aziende aumentavano mentre diminuivano i i compensi per le comunità locali. Negli anni 2000, in un'intervista al Telegraph, Pier Luigi Loro Piana aveva parlato del rapporto con le comunità locali, spiegando che l'azienda le supportava acquistando costantemente la lana a circa 400 dollari al chilo. Attualmente, i membri della comunità lavorano gratuitamente, mentre gli esterni per circa 20 dollari al giorno.
Eppure, nonostante la crescente richiesta di prodotti di lusso, i prezzi pagati alla manodopera non riflettono lo stesso incremento, e il risulato è un ciclo di sfruttamento che si ripercuote pesantemente sulle vite di coloro che dovrebbero beneficiare dei proventi della loro laboriosa attività.
La risposta di Loro Piana a queste accuse è stata ambigua. L'azienda, in una nota, afferma di sostenere gli standard etici e responsabili e che "fin dal suo arrivo in Perù negli anni ’80 si è impegnata a sostenere i più alti standard proteggendo e rafforzando la domanda e il valore della fibra di vicuña, indipendentemente dalle dinamiche del mercato". Ma la realtà sul campo racconta una storia diversa.