Economia

Manovra, il concordato fiscale così non va: ecco perché

di redazione

Mentre a Milano spuntano perfino gli striscioni, il concordato fiscale biennale continua a lasciare – per usare un eufemismo – tiepide le imprese

Manovra, il concordato fiscale così non va: ecco perché 

Mentre a Milano spuntano perfino gli striscioni, il concordato fiscale biennale continua a lasciare – per usare un eufemismo – tiepide le imprese. Un provvedimento che, nelle intenzioni del governo, avrebbe dovuto rappresentare un’opportunità per mettere in regola la propria posizione fiscale, si è invece trasformato in un mezzo boomerang. Le imprese, infatti, sembrano aver colto la fragilità della minaccia: chi non aderisce rischia un controllo fiscale, ma il fatto che la stragrande maggioranza abbia deciso di non farlo dimostra quanto sia difficile mettere in pratica una simile imposizione su larga scala.

Con adesioni sotto il 10%, appare chiaro che la proposta del governo non trova terreno fertile. E non sorprende: gli unici a valutare il concordato saranno quelle aziende che prevedono un aumento significativo del fatturato nei prossimi anni, ovvero le stesse che avrebbero comunque pagato un alto carico fiscale. Una manovra che, paradossalmente, rischia di favorire chi già si trova in una posizione finanziaria solida.

Di fatto, lo Stato si ritrova a fare i conti con un sistema inefficace, incapace di arginare le astuzie degli imprenditori che, anziché sottostare alla minaccia, hanno trovato il modo di aggirarla. Gli imprenditori sembrano aver capito che lo Stato non ha la capacità, né i mezzi, per controllare il 90% delle imprese.

Che cos’è il concordato fiscale 

Il concordato fiscale biennale è un meccanismo proposto dal governo italiano per permettere alle imprese di stabilire anticipatamente un accordo con l’Agenzia delle Entrate sul pagamento delle imposte nei prossimi due anni. Le aziende aderenti fissano il proprio carico fiscale in base al fatturato atteso, evitando così futuri controlli e contenziosi. Tuttavia, la misura è stata accolta con scetticismo dalle imprese, poiché comporta l’obbligo di pagare anche in caso di mancata crescita del fatturato, con adesioni sotto il 10%. 

 

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