Economia

Marchionne uno di noi. Modello di individualismo più che capitalismo

Salvatore Passaro

Marchionne ha risposto alla sorte avversa con l’unica arma possibile, la volontà e l’intelligenza. Ma quando ha saputo della malattia chissà se...

Sergio Marchionne probabilmente è già morto.

Forse si forse no.

Ma a giudicare dai media sembra che lo sia.

Forse qualche verità nascosta è in realtà a disposizione già di pochi.

Eppure il punto non è questo.

Un uomo potente, decisore di destini altrui, individuali e collettivi, ricchissimo e nel pieno della sua maturità esistenziale dopo una vita di totale abnorme ed disumanizzante dedizione al successo viene stroncato dall’oggi al domani.

La possibilità di godere di ciò che aveva accumulato, di un futuro di riposo , di un altro tempo nella vita gli viene negato.

Dalla stessa vita. E dalle sue leggi

Io non sono nessuno, le poche certezze che mi porto dentro sono così fragili che le tengo per me per paura di trasformarle in incertezze.

Ma questa vicenda mi colpisce per la sua chiarezza e la sua certezza.

Marchionne è uno di noi.

E’ partito dal basso, emigrando senza padre e senza rete.

Una bella somma di destino avverso in cui la maggior parte di noi si può riconoscere e anche consolare .

Ha risposto alla sorte avversa con l’unica arma possibile, la volontà e l’intelligenza.

Senza raccomandazioni, senza patrimoni.

A testa bassa e sguardo alto

E’ diventato un modello, di individualismo più che di capitalismo.

E’ la storia che ognuno vorrebbe scrivere per se stesso

Ma poi accade qualcosa.

E tutto si ferma. Proprio nel momento più bello, a traguardo raggiunto.

Finisce . Finisce sul più bello.

Ecco… io mi fermo qui e cerco di vedere

Alla fine il destino da cui era scappato se l’è ripreso..

Con niente in mano

Allora..allora forse siamo noi che dobbiamo leggere questa cosa in una maniera più profonda

Perché credo che esistano leggi dell’esistenza inesorabili fra cui quella per cui il modo in cui spendiamo il nostro tempo decide la nostra vita e decide il tempo che abbiamo per vivere

Io non so quanto Marchionne fosse consapevole di ciò che stava per accadergli.

Immagino nella mia coscienza che nel momento in cui lo ha saputo avrà visto la sua compagna, i suoi figli, il suo lavoro e si sia chiesto “perché…”

E forse avrà pensato che si, qualcosa non era  andata come voleva. O come avrebbe voluto .

Che avrebbe dovuto pensarci a suo tempo al tempo che gli restava di vivere

Questo è il punto più importante: di tutta questa vicenda le tv e i giornali parlano di cronache aziendali, di successi, di sfide. Parlano di cose che sono già accadute e di cui biosgnava parlarne al momento e non adesso. Dibattiti su dibattiti sempre sulle stesse cose e con uomini che sembrano impegnati a non voler vedere l’ipertesto di questa storia.

Perché forse ne sono intimamente spaventati.
E così continuano a non dire mai nulla  di profondo sull’Uomo, sull’incredibile inesorabile messaggio che questa vicenda espone a tutti noi. E che in primis ha esposto a lui stesso.

Se in qualche modo Marchionne ha avuto modo di pensare a tutto questo e mi auguro che il destino gliene abbia dato possibilità,  credo che in quel momento abbia avuto la certezza e la pace di aver riscoperto di essere uno di noi.

Un figlio della vita.

E che in questo abbia potuto trascendere tutto,

il dolore, la sua storia e se stesso.

“Qui dove il mare luccica

e fischia forte il vento…”