Economia
La catena del lavoro agricolo in Italia oscilla tra eccellenze e sfruttamento
Intervista a Stefania Prandi e Francesca Cicculli, autrici dell'inchiesta sulla filiera produttiva dei kiwi, di cui l'Italia è primo esportatore in Europa
Il decreto flussi presta il fianco al raggiro del sistema degli agenti per gli arrivi dei lavoratori dall’India?
Le numerose inchieste (anche giudiziarie) sullo sfruttamento nei campi italiani e sull’inefficienza del Decreto flussi non hanno ancora portato a un cambiamento del sistema, che viene modificato di governo in governo senza procedere però a una vera riforma incentrata sulla legalità. Per disincentivare i finti contratti, la compravendita dei contratti, e le altre irregolarità sotto gli occhi di tutti, dovrebbe essere garantito l’ingresso in Italia per la ricerca del lavoro, evitando che gli stranieri extracomunitari debbano possedere un contratto già prima di partire. Come possono i lavoratori immigrati conoscere già gli imprenditori italiani disposti a farli lavorare? È evidente che questo sistema genera un traffico illegale di esseri umani costretti a pagare per venire a lavorare in Italia. Oltre a riformare le modalità di ingresso per i lavoratori stranieri, occorre poi aumentare i controlli sulle aziende italiane che impiegano gli stagionali. La legge contro il caporalato del 2016 è stata un importante passo in avanti, ma il sistema di sfruttamento ha già trovato nuove forme per rimanere vivo, come ha raccontato bene Marco Omizzolo nella nostra inchiesta e nei suoi libri.
I lavoratori hanno avuto delle resistenze ad aprirsi per raccontare la propria esperienza? Quali sono state le difficoltà maggiori?
Abbiamo incontrato i braccianti che hanno deciso di farsi intervistare soltanto con la garanzia dell’anonimato. Il territorio di Latina può rivelarsi particolarmente feroce con i lavoratori che decidono di denunciare certe condotte irregolari ai giornalisti. La prima conseguenza può essere la perdita del posto del lavoro, ma ci possono essere conseguenze anche più gravi. Ottenere la fiducia dei lavoratori ha richiesto un lungo lavoro sul campo ed è stato possibile soltanto grazie all'intermediazione di figure presenti sul territorio che avevano rapporti consolidati con i braccianti. Questa è stata sicuramente la difficoltà più grande. Un’altra difficoltà è stata quella di spiegare la complessità di un territorio come quello di Latina, con una stratificazione di sistemi di irregolarità e sfruttamento, alle colleghe straniere con cui abbiamo collaborato. Certe logiche tutte italiane, che sembrano "normali" a molti, non lo sono affatto per persone che vengono da paesi dove la legalità ha un significato più letterale e lineare.