Economia
Mediaset-Vivendi, Nagel non può fare il filo-Bollorè

Troppi Berluscones in Mediobanca. Il potere a Piazzetta Cuccia: la mappa
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
Con chi sta Alberto Nagel, Ceo di Mediobanca, nella scomoda guerra a colpi di acquisti azionari che gli sta scoppiando nell'orto di casa fra i due soci Vincent Bollorè e Silvio Berlusconi? "Vuoi vedere che Nagel scivola sulla buccia di banana Vivendi-Mediaset?", ironizzava non a caso, a scalata francese appena iniziata, chi segue da vicino le sorti della merchant bank di piazzetta Cuccia.
Nel capitale di Mediobanca, per il 31% rappresentato da 46 mila piccoli azionisti e per il 38% da fondi comuni e altri investitori istituzionali, a comandare è il rimanente 31%, riunito attorno ad un patto di sindacato al cui interno i soli a superare la soglia del 3% sono UniCredit (socio all’8,56%), il gruppo di Vincent Bolloré (con l’8%) che ha spedito in consiglio, a farsi le ossa, la giovane (classe 1988) figlia Marie e Mediolanum (col 3,34%+ uno 0,21% di Ennio Doris), di cui la famiglia Berlusconi è socio di controllo assieme ai Doris. Tre soci pesanti, tutti e tre coinvolti nella scalata di Cologno.
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Innazitutto, dicono, i rapporti fra Alberto Nagel e Vincent Bollorè non sono più quelli di una volta. Raffreddamento dovuto alla diversa visione dell'intreccio Mediobanca-Generali. Il Leone è l'unico asset in Italia che interessi veramente - assieme a Telecom e a Mediaset (ma nel cui capitale non è presente Piazzetta Cuccia) - al finanziere bretone. Asset su cui Nagel e Bollorè pare abbiano avuto anche degli attriti. Seppur scomodo, dunque, Monsieur Vincent è pur sempre il suo secondo azionista con un pesante 8%.
A controbilanciare l'influenza francese che pare vedesse di buon occhio anche lo strano ritorno di fiamma di Nagel con il CorSera, c'è il connubio Ennio Doris-Silvio Berlusconi, uno dei matrimoni d'affari e di amorosi sensi più forti del capitalismo tricolore. Il banchiere di Tombolo resta infatti un fedelissimo dell'ex Cavaliere di Arcore, difeso appassionatamente da Doris anche quando l'amico Silvio, fra processo Ruby e cene eleganti con Giampy Tarantini, era caduto in disgrazia e messo fuori dal Parlamento.
Al patto di sindacato di Mediobanca, inoltre, partecipano anche la Fininvest, holding della famiglia Berlusconi che controlla Mediaset, direttamente con uno 0,99% del capitale, e alcuni bei nomi dell’imprenditoria italiana che potrebbero sentire un certo “afflato” nei confronti dell’ex presidente del Consiglio.
Si va dai Benetton (2,14%), a Pirelli (1,81%). E da Italmobiliare (1%) ai Gavio (0,67%), fino ai Ferrero (0,66%) e agli Angelini (0,46%). Schieramento a cui si aggiungerebbe, sottolinea chi studia i complessi equilibri nell'azionariato della merchant bank milanese, anche UniCredit. Primo socio e uno dei due big bancari italici (assieme a Banca Intesa) a cui Marina e Piersilvio Berlusconi si sono rivolti per tutelare le prerogative del broadcaster di Cologno Monzese e del mercato di fronte alle scorribande finanziarie di Bollorè. Insomma, a quanto pare, Nagel è stretto da un accerchiamento di Berluscones.
Così, per non scivolare sulla buccia di banana Mediaset-Vivendi, l'esperto Nagel, fanno notare, resterà molto abbottonato e distante dalla faccenda, guardandosi bene dal non esporsi, magari anche nel ruolo di advisor, nei confronti dell'una o dell'altra parte. Proibite, dicono, anche le chiacchiere confidenziali, lontano da orecchie indiscrete. In questi casi, basta una parola di troppo...