Economia
Mediterrano, nel 2015 Italia prima per interscambio
Con 50,7 miliardi di euro, l’Italia presenta nel 2015 il valore più alto dell’interscambio marittimo con il Mediterraneo. Seguono Germania e Francia, rispettivamente con 45,7 e 42,1 miliardi di euro. Anche in termini quantitativi l’Italia è il Paese europeo che registra il maggior volume di scambi con il Mare Nostrum: circa 57,9 milioni di tonnellate di merci, pari ad un incremento del 10% rispetto al 2014, in linea con il tasso di crescita dei due Paesi nordeuropei. Lo rileva un’indagine di Srm, il Centro studi legato a Intesa Sanpaolo, ed Assoporti sulla competitività dei sistema portuale nel Mediterraneo dove transita il 19% del traffico mondiale. L’indagine, che si sofferma anche sui piani di potenziamento degli scali e del sistema logistico, rileva anche che se il Mezzogiorno si configura la macroarea italiana con il maggiore valore degli scambi via mare con il Medio Oriente ed il Nord Africa (1,6 miliardi di euro), il Nord Ovest è quella con il più elevato valore del trasporto marittimo verso l’intera area mediterranea.
A trainare questa performance è la Lombardia con un valore pari a circa 10,5 miliardi di euro(-0,6% rispetto al 2014), seguita dalla Sicilia con 8,2 miliardi (-20,1%) e dalla Sardegna con 5 miliardi (-12,6). Tuttavia, non è tutto oro ciò che luccica: molti progetti infrastrutturali sono ancora al palo, per i porti nazionali è il momento di pensare al rilancio e di come crescere per essere competitivi. Le criticità sono note: i mancati dragaggi impediscono l’entrata nei porti delle grandi portacontainer, gli elevati tempi di imbarco e sbarco si traducono in alti costi per gli operatori, le infrastrutture non sono adeguate e non consentono agli scali di inserirsi nelle grandi direttrici di traffico.
Tutto questo mentre i principali competitors che si affacciano sul Mediterraneo si rafforzano. Per gli analisti dei due organismi comunque il 2015 è stato un anno di transizione per la portualità italiana. Il trend del traffico marittimo ha infatti mostrato un andamento altalenante, seppure in linea con l’anno precedente, con realtà che hanno perso ed altre che hanno guadagnato quote di traffico. Se i porti di Genova, Venezia, Trieste e Cagliari hanno infatti registrato buone performance, altri hanno evidenziato ancora grossi problemi da risolvere. E’ il caso di Taranto, con un terminale container ancora vuoto, e di Napoli, tra i primi ad essere commissariato. “Indubbiamente è stato un anno di svolta”, afferma ad Affaritaliani.it il direttore generale di Srm, Massimo Deandreis.
“Il governo ha lavorato sulla riforma portuale e sull’impostazione della nuova programmazione dei fondi strutturali 2014-2020, in particolare il Pon Trasporti che apporterà circa 2 miliardi di euro per il sistema nazionale dei trasporti. Ma occorre fare in fretta. Perché gli scali degli altri Paesi corrono veloce”. A parte il canale di Suez e Tangeri Med che continuano nel loro percorso di crescita, i principali porti europei hanno avviato cospicui investimenti per potenziare le proprie infrastrutture. “Così è nel Nord Europa con il nuovo piano di sviluppo del governo tedesco e in Olanda con il nuovissimo terminal realizzato nel porto di Rottterdam, capace di accogliere ulteriori 5 milioni di teus e navi di ultima generazione che possono caricare e scaricare con procedure completamente automatizzate; così è al Sud, con il progetto di Cosco che farà del Pireo un colossale hub cinese, garantendo anche investimenti per 350 milioni nei prossimi dieci anni. La prossima inaugurazione del Canale di Panama, prevista il 26 giugno, sarà -sostiene Deandreis- l’ulteriore sfida che il Mediterraneo ed i porti italiani dovranno affrontare per accogliere appieno i nuovi flussi che ne deriveranno”. In poche parole, la competizione via mare si vince assicurando al sistema sia la continuità della programmazione, sia la pianificazione finanziaria. Il gigantismo navale sta modificando gli assetti della portualità europea, l’Italia è però ancora indietro in questa competizione.
Eduardo Cagnazzi