Economia
Crisi del lusso, boutique dimezzate in cinque anni. L'allarme: "Dalla politica meno attenzione rispetto all'auto"
Dopo il tavolo al MIMIT dal governo un intervento da 250 milioni per rilanciare il settore entro il 2025. Ma basterà? L'intervista a Maura Basili, presidente di Camera Buyer Italia
Lusso al palo, boutique dimezzate in cinque anni: la politica guarda all'auto, ma ignora il settore moda
Si è concluso al Ministero delle Imprese e del Made in Italy il tavolo nazionale sul settore moda, presieduto dal ministro Adolfo Urso. Sul tavolo, una crisi che rischia di mettere in ginocchio uno dei pilastri dell’economia italiana e per la quale il governo ha promesso un intervento da 250 milioni di euro entro il 2025.
Non si sarebbe potuto fare altrimenti, considerando che la filiera è in caduta libera: problemi di distribuzione, crisi produttive e un crollo della domanda nei mercati chiave, come quello asiatico, stanno soffocando il settore. L’allarme arriva anche da Maura Basili, presidente di Camera Buyer Italia (associazione di categoria che rappresenta i principali negozi multibrand italiani), interpellata da Affaritaliani.it: senza interventi immediati, le boutique – cuore pulsante del Made in Italy – rischiano di dimezzarsi nei prossimi cinque anni. Un colpo che potrebbe trascinare l’intera industria nel baratro.
Cosa si aspetta il settore dal tavolo del MIMIT? Misure come incentivi alla digitalizzazione o agevolazioni fiscali, sono davvero in grado di fermare l’emorragia delle boutique nei prossimi cinque anni?
Ci aspettiamo un impegno concreto che si traduca in una serie di misure in grado di garantire la competitività delle boutique multibrand rispetto all’intera filiera della moda. Gli incentivi alla digitalizzazione e le agevolazioni fiscali sono strumenti importanti, ma da soli non bastano a contrastare questa deriva che minaccia la rete distributiva. Per garantire la sopravvivenza delle boutique italiane, è fondamentale adottare un piano strutturale che integri questi strumenti con un approccio innovativo, trasformando le boutique, come suggerisce il sociologo e filosofo francese Gilles Lipovetsky, in veri e propri concept store, in grado di offrire esperienze immersive d’acquisto ai clienti.
Qual è la responsabilità del governo nella sopravvivenza delle boutique multibrand? Fino a oggi, sono stati compiuti passi sufficienti per salvaguardare questo settore?
Il governo, intanto, ha la responsabilità di riconoscere l’importanza strategica delle boutique multibrand per l’ecosistema della moda italiana, perché esse rappresentano un pilastro del commercio, un incubatore di ricerca e di cultura del Made in Italy e offrono esperienze d’acquisto che non possono essere replicate altrove. Ad oggi, non sono stati compiuti passi sufficienti. Il rischio di una drastica riduzione delle boutique nei prossimi cinque anni è reale e deve essere affrontato con interventi mirati che includano una revisione delle politiche fiscali e un maggiore sostegno alla distribuzione wholesale.
Con i grandi marchi che spingono sempre di più sui propri canali retail e digitali, come può il governo stimolare una vera sinergia tra i vari attori della filiera senza lasciare nessuno indietro?
Il governo deve favorire il dialogo tra i vari attori della filiera, garantendo un equilibrio tra produzione e distribuzione. È necessario che il governo regolamenti in modo equo il mercato, evitando che logiche di distribuzione selettiva dei brand e scontistiche selvagge dei canali di vendita digitale penalizzino il canale wholesale rispetto al retail diretto. Solo così potremo veramente garantire un futuro solido del Made in Italy, senza lasciare indietro nessuno.
Il 2024 è stato un anno difficile per la moda, con rallentamenti nei mercati asiatico e americano. Quali previsioni per il futuro prossimo e quali mosse possono invertire questa rotta negativa?
Nonostante le difficoltà, per il futuro siamo ottimisti. Per il 2025 ci aspettiamo una ripresa graduale, ma sarà fondamentale agire con strategie mirate. Le boutique dovranno puntare su un’offerta sempre più selezionata e distintiva, investire nell’esperienza d’acquisto personalizzata del cliente e rafforzare la presenza digitale integrandola in modo sinergico con lo store fisico.
Dove il settore della moda sente maggiormente il peso della crisi? E come è cambiato, in modo tangibile, il consumatore medio italiano negli ultimi anni?
Il settore della moda sta risentendo pesantemente della crisi economica, soprattutto a causa dell’aumento dei costi delle materie prime e dei costi di produzione. Le boutique multibrand, in particolare, sono le più esposte, perché si ritrovano a dover fronteggiare, oltre al peso della pressione fiscale, anche la concorrenza sleale delle piattaforme digitali che adottano politiche di sconti selvaggi. Il consumatore italiano è cambiato rispetto al passato, diventando più selettivo, più consapevole, più attento alla qualità, al prezzo e alla filiera, elementi che rendono ancora più cruciale il ruolo delle boutique nel saper selezionare e proporre prodotti esclusivi, regalando un’esperienza d’acquisto unica.
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Il lusso è da sempre uno dei vanti dell’Italia, come il settore auto, ma mentre negli ultimi tempi si è discusso molto del futuro dell’automotive, ritiene che il settore del lusso abbia ricevuto dalla politica lo stesso trattamento e attenzione che merita?
Assolutamente no. Il lusso, inteso come moda e artigianalità italiana, è un pilastro della nostra economia e un elemento distintivo del nostro Paese nel mondo. Tuttavia, rispetto ad altri settori strategici, come l’automotive, ha ricevuto meno attenzioni da parte della politica. Manca, per esempio, una visione a lungo termine per tutelare e valorizzare le boutique multibrand, pilastro della filiera della moda, che nel 2024 ha registrato un giro d’affari di circa 96 miliardi.
Il rischio di una riduzione del 50% delle boutique in cinque anni è estremamente preoccupante. Quale messaggio invierebbe questo al mondo riguardo alla solidità del Made in Italy?
Sarebbe sicuramente un segnale preoccupante e un colpo durissimo per la moda italiana, che è invece un patrimonio di competenza, tradizioni e cultura commerciale che ha contribuito a rendere il Made in Italy un punto di riferimento nel mondo. Il rischio concreto è che l’Italia perda il suo ruolo centrale nella distribuzione del lusso, cedendo il controllo del mercato alle multinazionali. Camera Buyer Italia continuerà a battersi affinché le boutique luxury multibrand rimangano protagoniste della moda italiana, ma è necessario che le istituzioni facciano la loro parte con interventi concreti e urgenti. Siamo certi che questo governo raccoglierà le nostre istanze, evitando lo smantellamento di un settore fondamentale, simbolo dell’eccellenza italiana nel mondo.