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Corsa all’idrogeno. Alverà: “La transizione è questione di sopravvivenza”
Alverà (Snam): “Mettiamo al centro la transizione ecologica. Non è una strategia difensiva, ma una strategia di crescita premiata anche dagli investitori”
L'Italia e le sue industrie nella corsa europea all'idrogeno, il workshop della XXI edizione dell’Osservatorio Utilities di Agici e Accenture
Il settore industriale italiano è pronto alla sfida dell’idrogeno? È possibile farne ripartire il mercato e, se sì, quali sono i settori con più margine di sviluppo? Questi gli interrogativi che hanno animato il workshop della XXI edizione dell’Osservatorio Utilities di Agici Finanza d’Impresa e Accenture di questa mattina, che ha visto protagonisti del dibattito i vertici dell’industria italiana e internazionale, dando voce alle imprese attualmente attive nell’idrogeno.
L’idrogeno, se ne parla ormai da anni, rappresenta una delle leve per la decarbonizzazione. La strada verso l'ambizioso carbon free tuttavia è ancora lunga e per accelerare la corsa collettiva saranno necessari grandi cambiamenti sia normativi che, principalmente, tecnologici. Ciò comporta una vera e propria sfida per la filiera italiana, in particolare per quei settori dove risulta più complesso ricorrere all’elettrificazione per ridurre le emissioni. In questo frangente è stato presentato il nuovo Working Paper dell’Osservatorio, volto a valutare il potenziale della penetrazione dell’idrogeno proprio nel settore del trasporto pesante e nei sistemi autostradali, anche alla luce dei fondi e dei target previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Lo studio “Il futuro della mobilità pesante a idrogeno” condotto da Accenture, con il contributo di Free To X, Iveco e Saipem, offre risultati interessanti. L’investimento tra gli 800 e i 950 milioni di euro per la realizzazione di infrastrutture necessarie per lo sviluppo della mobilità pesante a idrogeno, infatti, potrebbe generare più di 3,5 miliardi di euro di valore della produzione cumulato ed evitare l’emissione di circa 2 milioni di tonnellate di anidrite carbonica.
“La mobilità pesante a idrogeno può generare un valore di produzione complessivo di oltre 3,5 miliardi di euro e portare a milioni di tonnellate di CO2 evitate”, ha spiegato Sandro Bacan, Innovation Lead di Accenture Italia. “Questo ci conferma il ruolo rilevante che l’idrogeno ricopre all’interno della transizione energetica, non solo perché adatto alla logistica pesante per le sue facilità d’utilizzo, ma anche in quanto innovazione assoluta nella gestione del sistema energetico. Resta oggi più che mai indispensabile la continua sperimentazione e la ricerca costante, al fine di fornire delle soluzioni ottimali a beneficio dell’intero ecosistema e di tutti gli attori che ne fanno parte”.
Quello descritto potrebbe essere un passaggio epocale, favorito dall’implementazione della mobilità a idrogeno nel trasporto pesante e nel trasporto urbano. Considerati gli elevati costi di produzione della nuova fonte di energia, secondo lo studio sarà decisivo aprire il mercato attraverso lo sviluppo di una rete di stazioni di rifornimento ogni 200 chilometri circa. Nel lungo termine, la riduzione dei valori di investimento degli elettrolizzatori e la caduta del prezzo dell’energia da fonti rinnovabili permetteranno all’idrogeno verde di diventare sempre più competitivo.
“La Strategia Europea per l’idrogeno ha innescato una vera e propria corsa in tutto il continente verso la leadership in questa tecnologia”, ha continuato Marco Carta, amministratore delegato di Agici. “L’Italia fa sicuramente parte del gruppo di testa con target ambiziosi, ingenti risorse dedicate nel PNRR e importanti imprese a capofila di progetti all’avanguardia. Lo sviluppo di una filiera dell’idrogeno sarà in grado di generare benefici in termini ambientali ma anche di creazione di filiere industriali innovative. Per sfruttare questa opportunità l’Italia deve dotarsi di un quadro normativo e regolatorio che sostenga le eccellenze manifatturiere nazionali, favorisca la realizzazione di nuova capacità FER (Fonti Energetiche Rinnovabili) e definisca chiaramente il fabbisogno di infrastrutture per la produzione, stoccaggio e trasporto dell’idrogeno”.
L’evento di oggi, moderato da Marco Carta (Agici) e Claudio Arcudi (Accenture), si è aperto con la consegna dell’annuale Riconoscimento Speciale della Rivista “Management delle Utilities e delle Infrastrutture” a Marco Alverà, amministratore delegato di Snam, ed è proseguito con gli interventi di Federico Montanaro (Agici), Sandro Bacan (Accenture), Massimiliano Bignami (Alpiq), Enrico De Girolamo (CVA), Stefano Bianchi (Fichtner Italia), Marco Piuri (FNM e Trenord), Giorgio Moroni (Free2xperience), Giandomenico Fioretti (IVECO), Paolo Carrera (Saipem) e Guido Guidesi (Regione Lombardia).
Gli sviluppi dell’idrogeno al 2030 e al 2050. La parola a Snam e Saipem
“Snam è orgogliosa e onorata per questo riconoscimento”, ha dichiarato Marco Alverà, amministratore delegato di Snam, accogliendo il riconoscimento. “Per noi è una questione di sopravvivenza. Abbiamo deciso di mettere la transizione ecologica al centro delle nostre strategie. Questo perché, essendo un’azienda che lavora con poco spazio di manovra, avendo noi delle infrastrutture ben definite, prevalentemente sotto terra, sia di trasporto che di stoccaggio, abbiamo capito che se non mettevamo al centro la transizione ecologica avremmo corso dei rischi seri”.
“Questa, che un po’ di anni fa era vista come una strategia difensiva, oggi si sta rivelando un ottimo business”, ha continuato Alverà. “Non è una strategia difensiva, ma una strategia di crescita che viene premiata anche dai nostri investitori. Puntiamo molto sulle molecole verdi, ovvero tutto quello che non sarà elettrificabile secondo l’IEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia e secondo IRENA, l’Agenzia Internazionale per le Rinnovabili. L’elettricità potrà raggiungere, in un mondo totalmente decarbonizzato, circa il 50% dei riusi finali. Il restante 50% sarà diviso in percentuali più o meno eque, che saranno definite in base alle convenienze e ai costi, di biocombustibili, gasosi liquidi, biocarburanti liquidi e combustibili sintetici, quindi di fatto l’idrogeno. L’idrogeno potrà avere quindi circa il 15% di tutta l’energia”.
“Snam sarà coinvolta in entrambi i filoni, sia biocombustibili che idrogeno”, ha spiegato. “La novità dell’idrogeno è che, con il continuo scendere dei costi dell’energia solare, fare idrogeno dal sole e dal vento può costare meno del petrolio oggi. Tre anni fa ci eravamo dati l’obiettivo ambizioso di portare i costi dell’idrogeno verde a due dollari al chilo a livello mondiale, più o meno a parità con il diesel, entro il 2030. Quest’anno abbiamo accelerato, ci siamo dati cinque anni. Due dollari al chilo è una cifra simbolica, perché a quella cifra inizia a diventare competitivo, così chi deve prendere una decisione di investimento per una fabbrica, camion, treni e navi, prenderà quella decisione consapevole di una discesa nel prezzo”.
“La nostra speranza è che l’Italia non solo sfrutti il vantaggio della filiera industriale, ma anche quello delle infrastrutture e il vantaggio geografico e geopolitico”, ha concluso. “Abbiamo aziende leader, come Eni, Terna e Saipem, e stiamo lavorando insieme con molte di loro. Lavorando insieme possiamo immaginare di creare delle nuove fabbriche, dei nuovi posti di lavoro legati a nuovi impianti sia di idrogeno che di biometano che possiamo pensare di costruire in Italia”.
“Saipem avuto la fortuna di essere stata fra i primi a realizzare gli impianti più grossi al mondo di produzione dell’idrogeno convenzionale”, ha spiegato Paolo Carrera, Head of New Energies Commercial and Tendering della Divisione Onshore di Saipem. “Ci siamo mossi cercando di anticipare il mercato, per cui già da un anno e mezzo abbiamo iniziato a lavorare nell’ambito dell’idrogeno blu e dell’idrogeno verde. Nell’ambito dell’idrogeno blu abbiamo acquisito una tecnologia di cattura dell’anidrite carbonica e ci stiamo consolidando in questo scenario. Per quanto riguarda l’idrogeno verde, oltre a seguire diverse iniziative, abbiamo co-investito e stiamo co-sviluppando una serie di progetti sia in Italia che all’estero. Abbiamo fatto una comparazione tecnologica importante sugli elettrolizzatori e stiamo sviluppando una piattaforma in Puglia, la prima regione ad avere una normativa specifica sull’idrogeno verde, e stiamo lavorando in Albania e Marocco non solo con una logica di produrre idrogeno, ma anche per andare verso i fertilizzanti verdi, in particolare l’ammoniaca verde”.