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I Poteri Corti – “Mica Van Gogh”
Contaminati da secoli di invenzioni, stentiamo fortemente a capire che oggi bisogna “ragionare al contrario” e andare controcorrente
Come gli italiani possono reinventarsi valorizzando le risorse già esistenti trasformandosi da inventori conformisti a innovatori riformisti
Come riportato da Marco Travaglini su L'Identità, “Cosa significa davvero innovare?” Partendo da una provocazione di Caparezza, riflettiamo su come gli italiani possono trasformarsi da inventori conformisti a innovatori riformisti, sfruttando al meglio le risorse e le tecnologie già a disposizione.
C’è un’altra canzone di Caparezza, oltre quella del titolo, che ha lanciato la sua fama nazionale e il cui ritornello fa: “Tutto ciò che c’è, c’è già, allora nei miei pezzi che si fa?”.
Prendo spunto dalle simpatiche parole anticonformiste e provocatorie del cantante, che raccontano di un approccio diverso che le persone dovrebbero avere, per immaginare un mondo al contrario, dove noi italiani smettiamo di essere inventori conformisti, legati a metodi e logiche novecenteschi, per diventare innovatori riformisti, capaci di valorizzare il mix di strumenti e tecnologie che il mondo moderno ci offre.
Contaminati da secoli di invenzioni, prodotti e novità funzionali, nonché forti di una capacità di creare opere d’arte, altrettanto funzionali alla nostra anima e al nostro star bene, stentiamo fortemente a capire che, oggi, bisogna “ragionare al contrario” e andare controcorrente, non tanto nel merito (che continua a contraddistinguerci in bellezza e funzionalità con il nostro Made in Italy e la nostra arte, seppur spenta rispetto al passato), quanto nei modi che creano idee e innovazioni vere e proprie: l’italiano medio che continua a voler “inventare qualcosa che non c’è”, dovrebbe impegnarsi a mixare e rendere fluido qualcosa che già c’è.
Oggi, trovare idee vincenti non vuol dire (solamente) creare il teletrasporto o immaginare che “Naomi Campbell senza bikini facesse il filo a Ceccherini” cit. Caparezza, ma vuol dire avere la capacità di mixare strumenti e azioni, quasi sempre già esistenti, per creare nuove esperienze capaci di tradursi in servizi (emotivi) per persone e imprese.
Signori, il mondo è davvero cambiato e dobbiamo far comprendere a tutti, imprenditori in primis, come utilizzare (e non per forza inventare…) la tecnologia che abbiamo ormai nel palmo della mano (smartphone) insieme alle invenzioni/hardware già esistenti (da quelli funzional-razionali alle opere d’arte buone per l’anima…) e, soprattutto, come valorizzare, mediante archetipi e leit motive accattivanti e di ogni genere, questo enorme potenziale in un mondo immateriale fatto di comunicazione, reti, social network, community e dati in continua elaborazione.
Un sistema oleato da una finanza che, oggi, ha tanti canali diversi rispetto al mondo bancario e alla sua rigidità del passato, non più congrui alle (micro) piccole e medie realtà.
Allora, il problema è davvero molto più complesso e, se da un lato, tale complessità non permette di continuare a pensare che basti un’invenzione Made in Italy per fare bene, dall’altra, la stessa non deve essere vista come un mostro che va contro le nostre tradizioni, ma come un’opportunità da cavalcare, studiando e cambiando approccio.
Imprenditore, esci dall’appiattimento culturale e metodologico legato al passato, rimboccati le maniche e studia ma, soprattutto, sii umile, tanto umile, perché “Prima di dare del pazzo a Van Gogh sappi che lui è terrazzo e tu ground floor”.
“Fonte: L’Identità”